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Scenari

Vino italiano negli Usa: dazi pesanti, margini compressi e prezzi in calo

15 Settembre 2025
Lamberto Frescobaldi Lamberto Frescobaldi

Sessantuno milioni di dollari in tre mesi. È questo il conto dei nuovi dazi che stanno colpendo il vino italiano negli Stati Uniti. Un peso enorme che, secondo l’Osservatorio di Unione italiana vini (Uiv), le imprese hanno scelto di assorbire in gran parte per non perdere competitività su quello che resta il mercato estero più importante.

I dati parlano chiaro: nel luglio 2025 il prezzo medio del vino italiano esportato negli Usa è sceso del 13,5% rispetto all’anno precedente, passando da 6,52 a 5,64 dollari al litro. Un paradosso se si considera che, con il deprezzamento del dollaro, i consumatori americani avrebbero dovuto essere incentivati a spendere di più per acquistare in euro. In realtà le aziende italiane hanno tagliato i margini pur di restare presenti sugli scaffali, assumendosi quasi interamente l’impatto delle tariffe.

Il confronto con gli altri grandi player europei mostra quanto la competizione sia serrata. La Francia guida questa classifica “al contrario” con 62,5 milioni di dollari di dazi pagati, seguita a ruota dall’Italia. Più distanziata la Spagna. Ma al di là delle cifre aggregate, ciò che preoccupa è l’effetto a catena sul mercato: secondo Uiv, negli Stati Uniti si registrano aumenti ingiustificati dei prezzi al dettaglio, spesso legati a stock pre-dazi accumulati nei mesi precedenti. Una speculazione che non giova né alle imprese italiane né ai partner commerciali americani, molti dei quali contrari all’imposizione delle tariffe.

“Le nostre aziende stanno facendo sacrifici enormi – ha dichiarato il presidente di Uiv, Lamberto Frescobaldi – il vino esce dalle cantine a prezzi inferiori, ma così facendo buona parte delle imprese si assume in toto il dazio per restare competitiva”.

Guardando al futuro, Uiv chiede una risposta forte e coordinata: una campagna promozionale straordinaria che, a partire dal 2026, racconti l’unicità del vino italiano al pubblico americano e in altri mercati strategici come Regno Unito, Canada e Brasile. Una regia pubblico-privata, che sappia trasformare la difficoltà in occasione, difendendo non solo i numeri dell’export ma anche il valore simbolico di un comparto che è tra i più rappresentativi del Made in Italy.