Il Monferrato sembra che abbia qualcosa che identificata ad una sorta di stregoneria – ma in versione affascinante e piacevole – per chi vi approda con la voglia di produrre vino. Una conferma arriva da una famiglia torinese – Ruggero e Orsetta Lenti e i figli Giulia e Giacomo – che trascorrendo le vacanze a Castigliole d’Asti, se ne innamorano e decidono di cercare una cascina da comperare per produrre vini. Dopo una lunga ricerca, scoprono la collina di Sant’Anna, le sue vigne e l’antica Cascina del Culunel, circondata da 5 ettari di vigne. Nasce così Sant’Anna dei Bricchetti e i Lenti si trasformano in viticoltori, abbandonando le proprie attività: Orsetta insegnante e traduttrice e Ruggero cede la sua quota del famoso prosciuttificio di famiglia.
Da subito arriva la magica stregoneria e l’innamoramento dei forestieri per la nuova terra – e la strenua difesa dei vitigni locali -, cioè, la decisione di produrre vino solo da uve Barbera e Moscato. Nel contempo, siamo nel 2012, Orsetta si trasforma in vignaiuola a tempo pieno, in attesa che Ruggero si fosse liberato dall’impegno nel prosciuttificio. Alla luce dei risultati, c’è da dire che le radici piantate dall’ex traduttrice (dal tedesco e dall’inglese) hanno attecchito bene, visto che poi si sono affiancati anche i figli Giulia e Giacomo e uno staff tecnico di grandi conoscitori dell’identità monferrina come l’enologo Claudio Dacasto e l’agronomo Piero Roseo, e il progetto vinicolo è definitivamente decollato. Nel contempo, i Lenti, dalle ultime colline monferrine che guardano le Langhe e il Tanaro, si godono anche il panorama che spazia dal castello di Guarene a Barbaresco e le colline de La Morra; e nelle giornate limpide sullo sfondo si stagliano le montagne: il Monviso, il Monte Rosa e se il cielo è limpido, la vista raggiunge il Cervino. “La prima vendemmia è stata quella del 2013, pensando subito a nuove declinazioni per i due vitigni autoctoni che abbiamo scelto di coltivare, Barbera e Moscato. Siamo stati tra i primi a spumantizzare la Barbera con un metodo “Martinotti lungo”, dicono i Lenti.
I vini sono stati degustati a Milano, presso il ristorante Il Liberty, con lo chef Andrea Provenzani che ha proposto piatti con l’obiettivo di esaltare quelli che – dice Ruggero Lenti –“mi piace definire i nostri vini un poco ribelli”. Un esempio è la provocazione di servire il moscato secco con un delizioso risotto cacio e pepe, bottarga di dentice e zest di limone verde. I nomi in etichetta – veramente significativi – sono frutto del confronto familiare – rammenta Orsetta – “intorno ad un tavolo con il calice in mano per capire come trasformare in nomi le emozioni e le sensazioni che in quel momento stiamo provando noi”.