Detto, fatto. Carlo Hauner sbarca a Vulcano mantenendo fede al proposito che ci aveva svelato in assoluta anteprima quest’estate in occasione della nostra visita alla sua cantina di Salina (leggi qui). Se la Malvasia del produttore bresciano di origine boema trapiantato nelle Eolie, patròn dell’azienda agricola che porta il suo nome, nelle versioni classiche e riserva, è un imperdibile must per chiunque decida di trascorrere le proprie vacanze nella splendida isola verde, anche le altre etichette nate dalla voglia di sperimentare altri vitigni, autoctoni e non, rappresentano una sorprendente conferma della sua inesauribile creatività. Oggi la sua produzione si arricchisce di una nuova etichetta “Vulcanobianco “, che ci era stata preannunciata la scorsa estate.
“Dalle uve coltivate a Vulcano, isola di cui amo l’apparente ostilità che rende ancora maggiore e più importante la necessità di fare bene il mio lavoro, è nato un vino nuovo di zecca. Lo Chardonnay che coltivo a Vulcano ha dato alla luce una nuova etichetta di cui sono particolarmente orgoglioso. Senza nulla togliere ai vitigni autoctoni che sono stati e sempre saranno grande fonte di ispirazione per i miei vini, trovo che un vitigno internazionale come lo Chardonnay coltivato a Vulcano possa darmi delle grandi soddisfazioni – racconta Carlo Hauner – In realtà si tratta di un progetto che viene da lontano. Le prime uve sono state, infatti, piantate 25 anni fa in 3 ettari. Oggi siamo arrivati a 14 ettari in un unico appezzamento situato all’altezza del cratere con una splendida vista sulla vallata. Si tratta di una pianta dalla grande vigoria grazie ad una forte escursione termica. Inoltre, essendo una zona naturalmente ricca di zolfo, la vita è ben protetta dai parassiti (peronospera a parte) e quindi riusciamo il più possibile ad evitare trattamenti”.
Nel calice, il nuovo vino, si presenta di un colore giallo brillante con riflessi verdolini. Al naso offre sentori di frutta gialla e di macchia mediterranea unite a note iodate dono della vicinanza del vulcano. In bocca ha una struttura dalla “spalle larghe” che risulta incredibilmente persistente al palato. Oltre a questa nuova etichetta, ricordiamo che c’è anche Hierà, vino rosso eoliano prodotto da Hauner con le uve di Calabrese, Alicante e Nocera dell’isola di Vulcano. Oltre alle esalazioni sulfuree, tipiche di Vulcano, i colori, la rada vegetazione, e la morfologia danno l’idea proprio di un posto limite. Nasce qui un vino fruttato ed elegante, con la ciliegia sotto spirito in evidenza insieme ad un po’ di confettura di frutta rossa; in bocca la struttura è pronunciata ma equilibrata e anche la morbidezza è misurata. Il nome del vino è una vecchia denominazione greca dell’isola di Vulcano che significa “isola sacra” mentre l’etichetta è la riproduzione di un quadro di Carlo Hauner sr. del 1978, che riproduce la Sciara del Fuoco di Stromboli, isola che dà il nome al dipinto. Degna di nota anche la versione rosè che nasce dal blend di Calabrese, Alicante e Nocera, fresco e profumato persiste a lungo al palato.
Vincolo ambientale permettendo, non si esclude che la cantina di Vulcano possa diventare in futuro un secondo “quartier generale” di Hauner in cui poter degustare i vini abbinati al cibo, proprio come avviene a Salina, all’ombra del Vulcano.