C’è troppo vino. Adesso è un coro. E lo dice, per esempio, anche Angelo Gaja in una interessante intervista pubblicata sul Corriere della Sera domenica 10 agosto a firma del vice direttore Luciano Ferraro. Per il re del Barbaresco ormai c’è solo una strada da percorrere: produrre meno.
E a Ferraro spiega: “Abbassare il limite per i vini da tavola da 400 a 250 quintali per ettaro”. E poi: “Impedire di produrre vini da tavola con uva da tavola”. Perché per Gaja che sostiene la necessità tra l’altro di fare vini sempre più buoni, “sarebbe ottimale una produzione annuale tra i 35 e i 42 milioni di ettolitri”, tenendo conto del cambiamento climatico e dei consumi ormai in calo da decenni.
Peccato che le previsioni per la prossima vendemmia parlino di una produzione che dovrebbe andare oltre i 45 milioni di ettolitri, sicuramente il primato mondiale anche perché il principale competitor del nostro Paese, la Francia, sconterà l’estirpazione di decine e decine di migliaia di ettari. Col paradosso che l’andamento climatico di questo 2025 è stato più regolare degli ultimi anni, soprattutto nel confronto col 2023. E quindi non si sa più se rallegrarsi o incupirsi di fronte a una raccolta che si annuncia ricca per quantità.
Anche Lamberto Frescobaldi, presidente di UIV Unione Italiana Vini segnala che c’è troppo vino. E si augura una vendemmia più piccola per quantità.
Ma come affrontare la sovrapproduzione? Estirpazione o distillazione? Quest’ultima poi, solo pronunciarla, fa storcere il naso a Bruxelles. Come fai a conciliare aiuti per le aziende per distillare e contemporaneamente erogare contributi per la promozione? Mentre sull’estirpazione Gaja si dice contrario perché per lui la vera svolta è “governare il limite”.
Il problema del troppo vino c’è. E lo stesso Ferraro scrive di una giacenza al momento in Italia di quasi 50 milioni di ettolitri, insomma come se una vendemmia intera sia del tutto in cantina ancora da commercializzare. Una roba mai vista.
E quello del “Troppo Vino”, ci piace ricordare sommessamente, è stato il tema principale lanciato da noi di Cronache di Gusto nel nostro magazine pubblicato in occasione del Vinitaly dello scorso anno. Già allora si manifestavano i primi segnali di qualcosa che adesso è diventato il primo macigno per tantissimi produttori. E non c’era il problema dei dazi che adesso si allunga come uno spettro sull’export italiano. A tal proposito Gaja invita a non fasciarsi la testa: “Aspettiamo, la trattativa è in corso. Speriamo in una soglia meno punitiva. Bisogna avere pazienza”. E ancora: “I produttori devono essere capaci di operare come sempre nei mercati occidentali. Ma devono anche esplorare i mercati asiatici e africani dove i consumatori sono abituati a bere bevande molto alcoliche”.
E davanti a quest’elenco di problemi che tiene tutto il mondo del vino col fiato sospeso il re del Barbaresco traccia un atteggiamento possibile e forse necessario: “Sono un imprenditore, ho l’obbligo di essere ottimista”.