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L'intervista

Quarant’anni di Don Camillo, dal limone Igp al ricordo di Mick Jagger

30 Agosto 2025
Giovanni Guarneri, la moglie Ketty Bronzi e Mick Jagger al centro Giovanni Guarneri, la moglie Ketty Bronzi e Mick Jagger al centro

Dal primo cliente nel 1985 alle star internazionali, lo chef siracusano racconta aneddoti, piatti simbolo e una filosofia lontana dalle mode

Era il 14 agosto del 1985 e ricordo tutto di quel giorno: l’adrenalina, l’attesa, il primo cliente che è entrato, conservo ancora la prima ricevuta”. Alla vigilia di ferragosto di quarant’anni fa, il ristorante Don Camillo, una istituzione a Siracusa e dintorni, apriva al pubblico per la prima volta, con il suo carico di entusiasmo, aspettative, speranze. A distanza di otto lustri, lo chef e patron Giovanni Guarneri è sempre dietro ai fornelli con la stessa voglia di soddisfare i suoi clienti. “Papà Camillo era in alta uniforme quel giorno, indossava la toque e stava davanti alla porta sperando che i clienti arrivassero – rammenta Guarneri -. Io avevo ventidue anni”.

Da quel 14 agosto ne è passata di storia tra i tavoli del Don Camillo. Quattro decenni di piatti che sono diventati dei signature come gli Spaghetti delle Sirene con ricci e gamberi, nati nel 1986; quattro decenni di celebrità che hanno varcato la soglia del ristorante, da Mick Jagger a Bono Vox, da Susanna Agnelli ad Alberto di Monaco, da Francis Ford Coppola a Roberto Benigni.

Una ricorrenza che il team del Don Camillo celebrerà domenica 7 settembre con una festa, un party esclusivo food, drink and music, che inizierà al tramonto al Varco Venti3 a Siracusa e che ospiterà amici e addetti ai lavori.  Abbiamo fatto una chiacchierata con Giovanni Guarneri per ripercorrere questi quarant’anni.

Non è facile stare sulla cresta dell’onda così a lungo. Qual è la ricetta del Don Camillo?
Abbiamo seguito due ricette, nel bene e nel male. Io non sono mai diventato un imprenditore della ristorazione ma ho sempre fatto il mio lavoro da artigiano. Questo forse non mi ha fatto fare voli altissimi, ma mi ha permesso di essere costante. E poi ho scelto di non seguire mode e tendenze, di ignorare il vortice di ciò che va bene in un determinato momento. Ad esempio, ad un certo punto, molti hanno cominciato ad usare lo yuzu, ma io ho il limone igp di Siracusa.

In tanti anni ci saranno stati dei momenti difficili. Ha mai pensato di mollare?
Mollare mai, ma la tentazione di fare qualche passo diverso, tipo accettare una tra le numerose offerte di lavoro che mi sono arrivate dall’estero sì, ci ho pensato. Ma ho sempre scelto di restare e portare avanti il mio locale cercando di migliorare ogni giorno. Quando abbiamo iniziato eravamo in tre. Oggi ho quattordici dipendenti. La sala inizialmente era per 180 persone. Oggi arriviamo massimo a 50 ospiti. Negli anni ho cercato di dare una dimensione più umana a questo lavoro che non è il mestiere patinato che si vede in tv. Fino ad un certo punto della mia vita, non pensavo affatto di fare il cuoco perché avevo visto la vita sacrificata che ha fatto mio padre. Sono geometra, sono stato una promessa del calcio ma ho amato la cucina sin da bambino. E quando ho compreso invece che questo sarebbe stato anche il mio mondo, ho cercato una dimensione un po’ diversa. Dal 1991 noi abbiamo scelto di stare chiusi la domenica in modo da potere passare del tempo con la famiglia e poi abbiamo aggiunto anche i festivi. Rimane il fatto che fare l’imprenditore della ristorazione sia un vero problema.

Troppi adempimenti e burocrazia?
La ristorazione è un grande calderone. Io credo che quella di fascia alta andrebbe differenziata con un codice ateco diverso, per riconoscere una diversità nella tipologia e modalità di lavoro. Le faccio un esempio. Noi abbiamo 450 metri quadrati di ristorante con un terzo dello spazio dedicato ai clienti e tutto il resto è per i servizi a sostegno dei clienti. Non può esserci confronto con un locale costituito da un sottoscala con 20 tavolini… Inoltre in Italia la ristorazione ha due velocità, quella reale e quella percepita. Quella percepita ha premiato meno il Don Camillo”.

Si riferisce alla critica gastronomica?
La critica non ha premiato il Don Camillo. Lo dico con consapevolezza, non con amarezza, anche se noi abbiamo sempre prestato la massima attenzione a tutto.

Il suo ristorante, negli anni, ha ospitato star internazionali, politici, uomini d’affari e poi ci sono i clienti che vi seguono da quarant’anni. C’è un ricordo al quale è particolarmente legato?
Ci sono vari episodi. Uno è relativo al primo giorno di apertura, il 14 agosto del 1985. Un anziano cliente di mio padre, un commercialista di Siracusa, è passato davanti alla porta del nostro locale verso mezzogiorno. Papà gli ha detto di avere appena aperto il suo nuovo ristorante e lui ha deciso di entrare a pranzare. È stato il nostro primo cliente e da allora, ogni anno, per tanti anni, lo abbiamo invitato a pranzo ogni 14 agosto. L’altro ricordo è legato alla visita di Mick Jagger, dei Rolling Stones. La prima volta è venuto in gran segreto, gli ho preparato un menu ad hoc, ha mangiato ed è andato via. Dopo qualche tempo è tornato, stavolta senza bodyguard, ha cercato sulla carta i piatti che aveva mangiato la volta precedente e li ha ordinati perché gli erano piaciuti molto. È stata una grande soddisfazione. Poi, a conclusione del pranzo, ci siamo fatti una foto insieme. Quando un cliente, che sia famoso o meno, ricorda ciò che ha mangiato e lo riordina per noi è la più grande soddisfazione.

Per questo tenete sempre in carta alcuni dei vostri piatti storici…
Si, c’è un menu, “La nostra Storia” che ripercorre questi 40 anni. Per noi è un modo di celebrare i nostri piatti del cuore. Ci sono gli “Spaghetti delle sirene” con gamberi e ricci che ci hanno reso famosi, creato nel 1986; c’è la crema di mandorle con gamberi in crosta nera che è nato nel 2001 dalla voglia di creare un piatto salato con le nostre mandorle; c’è il rotolino di scampi con salsa di ricci, nato nel 2004 in omaggio alla squadra del Palermo, di cui io sono grande tifoso, che è arrivata in serie A ed è nato da una doppia ricerca, cromatica e di gusto; c’è la tagliata di tonno con marmellata di peperoni e riduzione di aceto di Nero d’Avola del 1999, rivisitazione di un antico piatto locale, a tunnina chi pipi; e poi c’è la torta Don Camillo con un pan di Spagna al cioccolato, una ganache al pistacchio, liquore e marmellata d’arancia e cioccolato fuso che, negli anni, abbiamo trasformato in un dessert al piatto.

Cosa vede nel futuro del Don Camillo per i prossimi quarant’anni?
La filosofia dei piccoli passi che ci contraddistingue. Quando inizi un’avventura, hai bisogno di raggiungere un livello ideale. Noi continuiamo a puntare in alto: soddisfare i nostri clienti migliorandoci quotidianamente.

Ristorante Don Camillo
Via delle Maestranze, 96
96100 Siracusa, Ortigia
Tel. 0931.67133
https://www.ristorantedoncamillosiracusa.it