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Scenari

Grano italiano, il prezzo della crisi e la difesa «Whatever it takes»

25 Settembre 2025
Il Senatore Cappelli, uno tra i grani più pregiati d’Italia Il Senatore Cappelli, uno tra i grani più pregiati d’Italia

Coldiretti accusa le speculazioni e i dati confermano il crollo delle quotazioni. Ma la cerealicoltura italiana è oggi una delle filiere più esposte agli squilibri globali

Cartelli, bandiere e striscioni: domani 26 settembre migliaia di agricoltori della Coldiretti invaderanno le piazze italiane da Nord a Sud per denunciare quello che definiscono un attacco al “Granaio d’Italia”.

Da Bari (Lungomare Nazario Sauro) a Palermo (raduno in Piazza Marina), passando da Firenze, Cagliari e Rovigo dove sono previsti dei presìdi, il “Popolo del Grano” protesterà contro le speculazioni che, secondo l’associazione, stanno mandando a picco i prezzi del frumento italiano. Persino al di sotto dei costi di produzione. In gioco, avverte Coldiretti, non ci sarebbe solo il reddito di 130.000 aziende agricole, ma la sopravvivenza stessa di 1,2 milioni di ettari di campi di grano. Il rischio? Un irrecuperabile abbandono e la conseguente desertificazione.

Le cifre grezze della crisi: le quotazioni del frumento duro “fino” nelle Borse Merci italiane oscillano oggi tra i 280 e i 305 euro a tonnellata (Teseo/Clal), un valore che in Puglia e Sicilia scende addirittura sotto i 28 euro al quintale, indicato da Terra e Vita come “minimo storico reale”. Solo tre anni fa i prezzi superavano i 490 euro a tonnellata: un crollo del 44% documentato anche da Playnews24. Nel frattempo i costi di produzione sono cresciuti, superando i 1.000-1.200 euro per ettaro, come stimano gli analisti del settore, rendendo i margini spesso nulli o negativi. Secondo Agronotizie, solo tra il luglio 2024 e il luglio 2025 il grano duro ha perso altri 42 euro a tonnellata, segno di una discesa costante e difficilmente sostenibile.

Il paradosso è che nel 2025 la produzione nazionale è aumentata. In dettaglio, un report di Umbria TV riporta una raccolta di 4,36 milioni di tonnellate di grano duro (+24,7% rispetto al 2024) e 2,7 milioni di grano tenero (+5%).

In Sicilia il raccolto è persino più che raddoppiato (+110,5%). Notevoli le altre percentuali di Puglia (+37,7%), Abruzzo (+36,4%) e Basilicata (+33,3%) tutte con incrementi significativi. Eppure, nonostante i buoni raccolti, l’Italia resta dipendente in modo preoccupante dalle importazioni, soprattutto da Canada e Stati Uniti.

È qui che Coldiretti individua la leva speculativa: l’arrivo di prodotto estero a basso costo che, immesso sul mercato, contribuisce a deprimere ulteriormente il prezzo del grano nazionale.

Eppure, dietro lo sdegno delle piazze, mancano ancora dati fondamentali per capire davvero l’ampiezza del problema. Come anticipato in apertura, Coldiretti denuncia 1,2 milioni di ettari a rischio abbandono. Non poco. Poche, invece, le serie storiche complete che mostrino l’evoluzione del rapporto tra costi e prezzi nell’ultimo decennio, i dati sulle importazioni “UE” ed “Extra UE” e restano poco chiare le misure politiche e le analisi commerciali in corso, tutti elementi che potrebbero stabilizzare il settore.

La protesta arriverà, chiara: evidenti i problemi che i produttori devono affrontare, stretti tra costi crescenti e prezzi in caduta. Per adesso, serve ricordare che la cerealicoltura italiana è oggi una delle filiere più esposte agli squilibri globali e che va studiata e difesa con determinazione e coraggio. Tanto quanto la cucina. «Whatever it takes».

Fonti: Coldiretti, Teseo/Clal, Terra e Vita, Agronotizie, Playnews24, Umbria TV.