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Scenari

L’enoturismo spinge l’occupazione. “In metà delle cantine almeno 5 addetti per l’ospitalità”

28 Ottobre 2025
A Fine Italy 2025 di Riva del Garda la presentazione della ricerca A Fine Italy 2025 di Riva del Garda la presentazione della ricerca "Rapporto sui modelli di governance delle cantine italiane" di Roberta Garibaldi (nella foto)

Presentato a FINE Italy di Riva del Garda il rapporto sull'enoturismo: l’incoming genera fino al 60% dei profitti, ma serve più formazione e digitalizzazione

L’enoturismo italiano ha imboccato una strada di maturità economica e organizzativa: non più attività accessoria, ma cuore pulsante dell’impresa vitivinicola.

È quanto emerge dal Rapporto sui modelli di governance delle cantine italiane, curato da Roberta Garibaldi con SRM – Intesa Sanpaolo e presentato oggi in occasione dell’inaugurazione di FINE #WineTourism Marketplace Italy, primo salone nazionale interamente dedicato al turismo del vino.

Dalla ricerca, condotta su un campione di duecento aziende, emerge un dato emblematico: la metà delle cantine intervistate impiega tra cinque e nove addetti nell’accoglienza, e nel 17% dei casi le figure dedicate superano le dieci unità. È un segnale concreto di quanto il turismo del vino incida oggi sull’occupazione e sulla struttura interna delle imprese, trasformando la visita in cantina in un mestiere a sé, che richiede competenze, formazione e capacità di relazione.

Il peso economico dell’enoturismo cresce di pari passo. Per quasi un’impresa su cinque (18%), l’attività di incoming genera oltre il 60% del profitto, e in molti casi la quota di fatturato derivante da visite, degustazioni, ristorazione e pernottamenti sfiora la metà dei ricavi complessivi. Il valore medio delle esperienze è aumentato: nel 51% dei casi il prezzo varia tra 36 e 50 euro, mentre nel 23% supera i 50, segno che la cantina è diventata un luogo di esperienza culturale, non più soltanto un punto vendita.

La gestione del comparto turistico resta in gran parte familiare – nel 63% dei casi è condotta direttamente dai titolari – ma si nota un lento cambio di passo: cresce il numero di imprese che creano unità dedicate con budget e responsabilità proprie, a conferma di una professionalizzazione sempre più evidente. Al centro delle strategie, spiccano formazione e qualità del personale, insieme a un’esigenza diffusa di servizi pubblici più efficienti: infrastrutture, mobilità locale e connessioni sono percepite come fattori decisivi per la competitività.

Sul fronte della comunicazione, le cantine dimostrano un uso massiccio dei social media tradizionali: il 90% è attivo su Facebook e l’88% su Instagram, strumenti ormai imprescindibili per dialogare con il pubblico dei wine lovers.

Restano invece marginali i canali frequentati dai più giovani, come YouTube (17%) e TikTok (8%), e quasi assente l’impiego di tecnologie avanzate: meno dell’1% utilizza chatbot e appena l’1,2% ha investito in soluzioni basate sull’intelligenza artificiale. È un divario che apre riflessioni sul futuro digitale del comparto e sull’urgenza di presidiare i linguaggi delle nuove generazioni.

Nel complesso, l’immagine che emerge è quella di un settore in espansione, ma non ancora pienamente connesso, dove l’energia delle imprese convive con criticità strutturali: frammentazione nella governance, promozione internazionale ancora timida, carenza di personale specializzato. Tuttavia, l’orizzonte è positivo: oltre la metà delle aziende prevede nuovi investimenti entro il 2027, con priorità alla diversificazione dell’offerta, alla sostenibilità e alla formazione.