Conoscevamo la famiglia Veronesi per il successo internazionale di brand dell’intimo già leader sul mercato come Intimissimi, Calzedonia e Tezenis. Anno dopo anno, i marchi si sono moltiplicati (uno fra tutti: Falconeri), ma anche le attività si sono felicemente biforcate, imboccando la strada del vino con la catena di enoteche Signorvino. Ora Sandro e Federico Veronesi lanciano una nuova sfida: basati a Verona, ma con ascendenti trentini, passano alla produzione con un progetto di lungo respiro nello scenario mozzafiato dell’altopiano di Brentonico.
Si chiama Ert1050 (sia la cantina, sia la prima etichetta di Trentodoc, che esce ora sul mercato in appena 5000 bottiglie): dove “Ert” in dialetto trentino significa “costa di monte”, a evocare il paesaggio aspro che circonda le vigne; mentre 1050 sta per un’altitudine, che per quanto attiene alla vinificazione, e non all’affinamento, si colloca a livello di record in Europa. Ma nel 2027 arriveranno anche 10 camere per far vivere appieno l’esperienza del vino in un paradiso incontaminato della biodiversità, che neppure le glaciazioni hanno scalfito.
“Da tempo siamo impegnati nel rilancio del vino, che sta attraversando una fase interlocutoria”, ha esordito Federico, che dirige il ramo. “Finora ci siamo limitati alla commercializzazione, ora abbiamo deciso di passare alla produzione di una bollicina, settore che in controtendenza cresce, tuttora con margini positivi”. Si tratta di solo metodo classico da uve chardonnay, provenienti da 12 ettari vitati dall’altitudine compresa fra 600 e 1050 metri, esposti sul versando nord come su quello sud. E la stessa cantina è spettacolare, integrata com’è nel paesaggio grazie alle tonalità e agli spigoli, al tempo stesso evocativi della durezza della montagna, che Sgarbi chiama il cielo più vicino, prossimo alla spiritualità, e del profilo asciutto dei vini. Moderna come una stazione spaziale, ma priva di stramberie da Nasa all’interno: gli spazi sono raccolti, quasi artigianali, con numerose vasche in acciaio per la vinificazione separata delle diverse parcelle, prima dell’assemblaggio, e un angolo adibito a barriccaia, dato che sono work in progress i vini di riserva.
Nei prossimi anni usciranno diverse tipologie e in stock c’è già un migliaio di bottiglie. L’intenzione è quella di realizzare un perpetuo, con il prelevamento di parte del vino di riserva e il rinfresco delle barrique attraverso quello nuovo. Enologo è Matteo Moser, emozionato di battezzare un progetto che parte from scratch. “Ma ci vorranno dieci anni prima di entrare a regime: questi sono i tempi del metodo classico”. Sotto la prima neve autunnale e la vegetazione austera, il terreno è calcareo e ricco di microfossili forieri di mineralità. Ma l’alta montagna è stata scelta anche per anticipare gli effetti del cambiamento climatico: da queste parti l’uva non matura mai pienamente, conservando l’acidità indispensabile. Le temperature che si registrano sono simili alla Champagne, visto che l’altitudine compensa la latitudine.
Il millesimato 2022, allora, chardonnay da solo acciaio con sosta di 24 mesi sui lieviti: uno spumante sapido ma non duro, classificato “brut” per il residuo zuccherino di 5 grammi al litro, piacevolmente easy con le sue note di fiori bianchi e mela golden. Ma Federico ha voluto offrire anche un sorso di futuro, sboccando a sorpresa la 2023 non ancora in commercio. Ricavata dal suddetto metodo perpetuo, aggiungendo un 10% di vino di riserva dalla barrique, risulta decisamente più complessa per quanto ancora un po’ acerba. “La strada però è questa qui”.