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Il prodotto

Il cece diverso da tutti gli altri

04 Ottobre 2012
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Fa capolino sulla nostra tavola quando fuori il freddo prende pieno possesso del paesaggio.

E’ uno dei simboli gastronomici dei mesi invernali, e come vuole tradizione va gustato rigorosamente in zuppa. E non mancherà poco per farlo. Il piccolo legume d'altronde è una delle prime prelibatezze con cui si accoglie e si celebra la stagione. In molte parti d’Italia, però, per le temperature da “stufato” bisogna ancora attendere, e per queste giornate ancora di fine estate il cece si presta anche in una variante rinfrescante: preparato ad insalata fredda. Piatto light la cui bontà dipende assolutamente dalla qualità del cece utilizzato. Quello di Villalba, piccolo borgo medioevale nell’entroterra siciliano del nisseno, si presta per la sua bellezza estetica oltre che per il gusto. Ha una rotondità che altri non hanno, promette già alla vista un sapore ricco. Questo glielo dà il terreno calcareo e il clima in cui viene coltivato. Cresce, infatti, in un’areale particolarmente vocato per i legumi, tanto che il nome di Villalba era già conosciuto nei  primi dell’ ‘900, in Italia e oltre oceano negli Stati Uniti, per le lenticchie, anch’esse “diverse” da tutte le altre (di loro ne parleremo in seguito).

Proprio a causa delle temperature cocenti che toccano i 40 gradi, e spesso li superano, nelle case “bianche” (il nome del paese prende infatti origine dal colore delle facciate) questo cece si consuma anche freddo, con prezzemolo, olio di oliva extravergine e limone. La ricetta ce la consiglia la signora Rosetta Longo, moglie di Calogero Calafato, produttore di ceci e lenticchie di Villalba. Lui è uno dei pochi che ha voluto scommettere tutto, risorse e  tempo, sul legume per ridare slancio alla produzione di ceci, dopo il declino cominciato negli anni ’60, quando prende avvio l’esodo dalle campagne. 


Calogero Calafato nel campo di ceci

Da funzionario della regione in pensione decide di intraprendere una nuova vita professionale aiutato dalla sua famiglia, e oggi è a capo dell’unica azienda che, in loco, racchiude tutte le fasi della filiera di produzione, dal campo al confezionamento. Si estende per 15 ettari dicui 3 a ceci. Al suo fianco c’è il figlio Filippo, che ha voluto affidare il proprio futuro ad una delle produzioni più rischiose. Non è infatti cosa facile coltivare il cece. E’ una pianta delicatissima, soggetta all’andamento del clima e alle malattie. Per questo è una delle coltivazioni più dispendiose. “Non usiamo serre, coltiviamo in campo aperto e tutto è seguito dalla mano dell’uomo – racconta il produttore -. Le piantine crescono basse, hanno il gambo corto e non è possibile utilizzare alcun accorgimento meccanico per la trebbiatura. I costi sono altissimi. Quest’anno poi la produzione è andata quasi totalmente perduta a causa dei parassiti”. In media, quando il raccolto è prospero, l’azienda riesce a produrre 20 quintali di ceci.

Fragile ma gustosissimo, è diverso da tutti gli altri. “Fa fare bella figura nel piatto – dice orgoglioso Calafato – Ha una grandezza superiore alla media e la mantiene anche nella cottura. La pelle non si sfalda, rimane ben salda e la polpa ha una piacevolissima consistenza. Si presenta bene grazie alla sua rotondità. La differenza a tavola insomma si vede. Ed è questo che la gente sta cominciando ad apprezzare”. Lo si può acquistare on line grazie al progetto Natura in Tasca, avviato daTasca d’Almerita, brand storico del vino made in Sicily. Si tratta di una piattaforma che mette in rete piccoli produttori, piccolissime realtà che si dedicano a perpetuare tesori agroalimentari, alcuni a rischio d’estinzione. “Siamo contenti di far parte di Natura in Tasca – conclude Calafato -. E’ un modo per sostenere il nostro lavoro e ci dà l’opportunità di fare capire cosa ci sta dietro ad un prodotto della terra come il nostro. E’ la formula di vendita più giusta, quella che veicola l’informazione. Oggi fondamentale”.

Un piccolo testimone della tradizione il cece di Villalba. E per gustarlo in tutta la sua bontà non bisogna far altro che cucinarlo secondo la ricetta tramandata dalla popolazione contadina locale. Facendo anche attenzione alla scelta della pentola. Fondamentale per preservarne la prelibatezza: bisogna infatti utilizzare quella di “coccio”. Spiega la moglie di Calafato: “Nessun'altra pentola può garantirne la cottura perfetta. Allora per prepararli basta mettere a mollo i ceci la sera prima in acqua tiepida, dopo averli lavati per bene. Poi metterli in pentola con i giri di campagna, il pomodoro intero, le carote e la cipolla. Lasciarli cuocere quanto basta e a fine cottura aggiungere olio extravergine d’oliva a crudo”. 

ph: Natura in Tasca

M.L.