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L'intervento

“La Coca Cola, il Cile e quell’avvertenza”

25 Gennaio 2017
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Un articolo di Angelo Gaja al ritorno da un viaggio in Sudamerica. “Sulla lattina un monito per i consumatori, il mondo del vino cominci a tenerne conto”

di Angelo Gaja

La Coca Cola venduta in Cile porta nella confezione un ottagono nero (non ha il valore di una medaglia) con la scritta “Alte en azucares” che vuol dire che contiene tanto zucchero, in sostituzione o congiuntamente alla tabella dei valori nutrizionali. 

Si tratta di un provvedimento recente, fortemente sostenuto dal Senador Guido Girardi ed introdotto dal Governo Cileno, con il quale viene posto l’obbligo di contrassegnare i prodotti dai valori energetici elevati con le scritte: “Alto en azucares”, “Alto en Calorias” e “Alto en grasa saturada”, occia con alto contenuto di zucchero, con tante calorie e con un elevato contenuto di grassi saturi. L’avvertimento è più visibile e più efficace di quanto generalmente riportato nella tabella dei valori nutrizionali e vuole avere una duplice funzione: dissuadere il consumatore dagli abusi, contrastando così l’obesità e le malattie ad essa collegate; indurre le multinazionali ad abbassare il livello dei valori energetici.

Il vino reca in etichetta il contenuto di alcool, che è il componente dal valore energetico significativo. E’ da escludere che anche al vino venga applicato identico trattamento. Perché l’alcool del vino si produce con  processo che più naturale non si può (avviene così da 9.000 anni, sempre allo stesso modo), a carico dei lieviti che lo ricavano per trasformazione dello zucchero contenuto nel mosto d’uva. Non è alcool aggiunto di proposito, come avviene invece per le bibite idroalcoliche colorate ed aromatizzate, oppure accresciuto in volume attraverso la distillazione come avviene per gli spiriti. L’alcool, lo zucchero, i grassi, il sale, vengono aggiunti a prodotti che si pongono l’obiettivo di raccogliere elevato gradimento e che spesso godono anche di campagne pubblicitarie attraverso le quali costruire/orientare il gusto del consumatore. L’esempio del Cile è per ora un campanello d’allarme marginale; nasce però da una sensibilità nuova e diffusa, di esigenza di maggiore salubrità alimentare, che le multinazionali delle bevande e del cibo non potranno ignorare.