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Bresaola della Valtellina Igp, nel 2024 produzione al +6,5%: export in espansione e occupazione in crescita

29 Aprile 2025
Bresaola della Valtellina IGP Bresaola della Valtellina IGP

Dodicimila e seicento tonnellate prodotte, un valore al consumo pari a 480 milioni di euro e un export in crescita del 4,6%. Il 2024 è stato un anno positivo per la Bresaola della Valtellina Igp, con numeri che testimoniano la solidità del comparto. Tuttavia, dietro ai dati confortanti si nasconde una preoccupazione crescente legata alla disponibilità della materia prima e all’aumento dei costi, che rende il futuro tutt’altro che semplice.

La produzione ha segnato un incremento del 6,52% rispetto all’anno precedente, confermando il ruolo centrale che questo salume riveste nel panorama agroalimentare italiano. L’export ha raggiunto le 632 tonnellate, pari al 5% della produzione totale, per un valore complessivo di 14 milioni di euro. A trainare le vendite sono stati soprattutto i mercati dell’Unione europea, che rappresentano il 72% del totale (+3,2%), ma anche quelli extra Ue, con un significativo +8,5%, dove spiccano diversi paesi del Medio Oriente, in particolare quelli a maggioranza islamica, che continuano a dimostrare un interesse crescente per il prodotto valtellinese.

Anche l’occupazione ha beneficiato dell’andamento favorevole del 2024: tra lavoratori diretti e indotto si registra una crescita del 4%, mentre la grande distribuzione organizzata si conferma il principale canale di vendita, assorbendo ben il 77% della produzione. Eppure, nonostante le buone notizie, il comparto è costretto a fare i conti con una criticità che rischia di minarne la tenuta: la carenza di materia prima europea. Se nel 2023 la carne di origine continentale rappresentava il 30% del totale, nel 2024 la quota è scesa al 22%, con un trend che sembra destinato a peggiorare anche nel 2025. Una situazione che ha spinto i produttori a ricorrere sempre più frequentemente a importazioni extraeuropee, soggette però a dazi e barriere tariffarie che possono far lievitare i costi fino al 50% in più rispetto al prezzo di partenza.

“I dati positivi sono incoraggianti – commenta il presidente del Consorzio, Mario Francesco Moro – ma malgrado gli sforzi degli ultimi anni, l’innalzamento complessivo degli oneri di produzione non può più essere metabolizzato dai soli produttori”. Le difficoltà legate alla materia prima, unite all’aumento generalizzato dei costi, stanno mettendo sotto pressione le 14 aziende certificate dall’organismo di controllo Csqa, con ricadute dirette sul fatturato e sulla possibilità di programmare strategie di lungo periodo. “Con queste premesse, il 2025 sarà un anno decisamente complicato”, conclude Moro, lanciando un appello affinché “tutti gli attori della filiera fino alle Istituzioni e al decisore agiscano per tutelare e sostenere l’intero comparto”.