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Cibo e dintorni

I primi dieci anni del consorzio Finocchiona Igp: “I nostri segreti? territorialità, qualità e sostenibilità”

15 Aprile 2025
Finocchiona Igp Finocchiona Igp

Sono tre parole chiave a guidarci lungo il percorso che il consorzio di tutela della finocchiona igp ha intrapreso – territorialità, qualità e sostenibilità – e che culmina con i primi dieci anni dalla sua costituzione nel 2015, festeggiati in un incontro a Firenze. Un compleanno che registra un fatturato di circa 25 milioni di euro e quasi il raddoppio della quantità di insacco, giunta a 2.400.000 chili dal milione e mezzo iniziale, con un boom nel 2021 a +22%: spinta post Covid verso le proprie tipicità, aumentano i consumi interni. Italia è ancora il primo mercato con il 69,5%; crescono Germania (17%, sul totale del 25% dell’export in Ue) e Inghilterra con il 3,5%, primo paese extra Ue per consumi, triplicati dal 2021. 38 i produttori certificati, per confezioni da 0,5 a 25 kg, oltre all’affettato, molto apprezzato in vaschetta.

Dalla bottega alla ditta artigiana all’azienda, anche la dimensione delle imprese dal 2016 è variata: erano il 70% quelle che producevano fino a 10mila chili, scese ora al 52% mentre quelle fino a 200mila dal 2% sono arrivate a oltre il 10%. Questo scenario indica che “si è creato valore nelle aziende stesse – commenta il presidente del Consorzio di tutela Finocchiona igp Alessandro Iacomoni –. Noi produttori nasciamo da piccole macellerie artigiane, ora è aumentato il numero delle più grandi e alcune piccole sono migrate: è un prodotto che ha creato valore. Ma la vera forza di dop e igp è l’identità territoriale e le persone che la rappresentano”.

Territorialità quindi e non solo per le origini del prodotto, che trae il nome dal bisogno di sostituire nell’impasto il costoso pepe con semi o fiori di finocchietto selvatico, più facilmente reperibili nei campi toscani, e che donano un aroma molto riconoscibile (oggi la speziatura può essere con aglio, sale, pepe e persino vino rosso). Lavorazione e stagionatura inoltre (massimo 45 giorni per le pezzature più grandi) facevano sì che la consistenza restasse morbida e, essendo tra i primi salumi di cui il norcino disponeva, scandiva l’inizio della primavera. La Finocchiona non esisterebbe perciò senza il finocchio: attratte dal giallo dei suoi fiori, le api hanno suggerito una tutela della biodiversità che assicura anche un futuro al prodotto certificato. Il finocchio selvatico rischia di scomparire e il Consorzio ha creato l’Oasi della finocchiona igp in un’azienda agricola associata nella quale, oltre a un bosco con 50 piante autoctone, sono state installate arnie tecnologiche in grado di monitorare lo stato di salute delle api grazie alla frequenza sonora della colonia. In questo modo si aiuta l’impollinazione del finocchio – 300 milioni i fiori impollinati all’anno – e si protegge l’ecosistema, esplorando inoltre invitanti abbinamenti gastronomici di miele e finocchiona grazie all’Unione regionale cuochi toscani. Non a caso, “il territorio è una risorsa e va curato con attenzione perché è la nostra leva di competitività”, sottolinea Fabio Iraldo, professore di Management e Sostenibilità all’università Sant’Anna di Pisa.

Da territorio a sostenibilità, il passo è breve. La vicepresidente della Regione Toscana e assessora all’Agricoltura Stefania Saccardi, consapevole del grande potere che il made in Tuscany esercita sui mercati, pensa alle prossime leve di marketing: “La sostenibilità come elemento commerciale è già importante e il consumatore più evoluto ci presta sempre più attenzione. Investire in sostenibilità tornerà in termini commerciali”. Non solo in quella ambientale ma anche sociale ed economica: l’asset territorio regala molti prodotti, trasformati dal saper fare di uomini e donne nel corso dei secoli. Natura e filiera dipendono uno dall’altra, generando servizi ecosistemici e ricadute positive di cui tutti possono beneficiare. Lato prodotto, disciplinare e organismo di controllo garantiscono i consumatori e hanno fatto la fortuna dell’agroalimentare italiano, decretandone il successo.

È questo un altro aspetto importante per i consumatori, in quanto espressione di sicurezza e di qualità, indicatore principale della quale sarebbe il prezzo: la Finocchiona igp però vuole essere per tutti a un prezzo concorrenziale. Allora come può il consumatore identificare la qualità, a volte legata a elementi soggettivi o difficilmente misurabili? Principalmente tramite certificazione di parte terza credibile, di cui ci si possa fidare. La qualità però non si esprime solo nel prodotto finito: non si tratta meramente di macinare carne suina certificata italiana aggiungendo ingredienti come da disciplinare. Lo spiega il presidente Iacomoni: “La qualità va trasmessa non solo in tutte le fasi produttive ma anche nella vita che offriamo ai collaboratori. Da produttore, oggi so che devo preparare il salume nel migliore dei modi, anche relativamente alla vita e all’ambiente di lavoro che offro a dipendenti e collaboratori”. Non sempre è comprensibile che un prodotto non è solo quello che si acquista ma anche tutto quello che c’è prima di arrivare a metterlo in vendita, e anche questo ha un costo. Un consorzio nato 10 anni fa è però più sensibile a queste tematiche, non facendo attenzione alle quali nel lungo periodo si resterebbe fuori dal mercato.

E in vista del prossimo viaggio a New York, dove il Consorzio della Finocchiona igp parteciperà al Summer fancy food show avendo recentemente ottenuto il via libera all’export in Usa, si è affrontato il tema import/export. Per il presidente dell’Istituto salumi italiani tutelati Cristiano Ludovici “è preoccupante non l’aspetto quantitativo e economico dei dazi, rivolti a tutti, ma un potenziale approccio di opposizione ideologica. Con i dazi sono arrivati attacchi alle denominazioni e il sistema della tutela non può venire meno”. Conclude Saccardi, evidenziando inoltre l’importanza della reciprocità nella qualità dei prodotti: “Sappiamo come sono allevati i nostri animali, non sempre è così per le importazioni. Non sono contraria al Mercosur o agli accordi commerciali in genere ma al fatto che non è sempre certa la qualità del prodotto in arrivo”. Un suggerimento per i consumatori? Rivolgersi al territorio.