Sembrava una guerra commerciale lontana, ma ora è realtà: da gennaio 2026 la pasta italiana rischia di entrare negli Stati Uniti con un dazio fino al 107%. Una misura senza precedenti, scaturita da un’inchiesta antidumping aperta nel 2024 dal Dipartimento del Commercio americano contro 19 marchi italiani, accusati di vendere a prezzi inferiori al valore di mercato.
Nel mirino ci sono nomi simbolo del made in Italy come La Molisana, Garofalo, Rummo e Barilla. Gli Stati Uniti, primo mercato estero per la pasta italiana con 700 milioni di euro di export l’anno, minacciano così un colpo durissimo a una delle filiere più radicate del Paese.
In questo contesto, la notizia che La Molisana stesse valutando l’apertura di uno stabilimento oltreoceano aveva fatto rapidamente il giro delle redazioni. Ma nel pomeriggio del 6 ottobre è arrivata la smentita ufficiale: nessuna fuga, nessun nuovo impianto negli Usa.
«Intendiamo proseguire l’iter legale così come intrapreso», ha dichiarato l’amministratore delegato Giuseppe Ferro, chiarendo che l’azienda non cambierà rotta. La Molisana, ha precisato, reagirà con gli strumenti del diritto, non con la delocalizzazione.
Ferro ha parlato di accuse «senza fondamento» e di un’indagine «viziata da errori di metodo». L’azienda ha fornito oltre seicento pagine di documenti, chiedendo una verifica in loco mai concessa. Nelle precedenti revisioni, il margine di dumping era stato nullo o al massimo dell’1,6%; ora, con la nuova formula americana degli adverse facts available, è schizzato al 91,74%, cui si somma il 15% dei dazi già in vigore sulle merci europee.
Una vicenda che non riguarda solo La Molisana. Anche Rummo ha scelto la via legale, definendo la decisione americana «una follia». Barilla, protetta dai propri stabilimenti statunitensi, ha parlato di misura «penalizzante per l’intero comparto» e annunciato una memoria difensiva.
Nel mentre, Roma e Bruxelles si muovono in tandem. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha definito il mercato americano “strategico e insostituibile” e ha annunciato la creazione di una Task Force Dazi per assistere le imprese colpite.
Anche la Commissione Europea prepara una memoria formale di contestazione, giudicando la misura “sproporzionata e priva di trasparenza”. La Farnesina, intanto, ha chiesto un incontro urgente con l’ambasciata americana e non esclude di ricorrere al Wto per vie ufficiali.
Coldiretti ha parlato di «nuova mannaia sul vero Made in Italy», avvertendo che il raddoppio dei prezzi della pasta italiana negli Stati Uniti favorirebbe le imitazioni Italian sounding, indebolendo la percezione del prodotto autentico.
Il rischio, dicono gli analisti, non è solo economico ma reputazionale. Spostare la produzione fuori dai confini ridurrebbe nel medio periodo il valore aggiunto creato in Italia, colpendo soprattutto i distretti del Sud. Se i dazi restassero in vigore, i produttori italiani perderebbero non solo fatturato, ma anche una delle vetrine culturali più potenti del Made in Italy.