Vino a fiumi, erotismo costante e piatti meravigliosi! Vi basta per dare una chance a questa nuova serie di Apple TV?
Carême, questo è il titolo della serie, è un giovane cuoco, che nella Parigi di Napoleone diventerà il primo chef rock star della storia, un antesignano dei celebrity chef di oggi, prima di Masterchef della Tv e delle guide.
Un piacere per gli occhi. Tra feste sontuose, abiti haute couture la serie ci porta all’interno dei palazzi del potere a Parigi, degli intrighi, anche amorosi, dell’alta società francese post rivoluzionaria tra violenza giacobina, rigurgiti post monarchici e tanto, ovviamente, desiderio carnale non solo nei piatti.
Antonine Carême partendo dalla pasticceria del padre adottivo, si fa strada a colpi di piatti succulenti e notevole charme sul pubblico femminile nella cucina del potente ministro Talleyrand, anche lui rock star della politica, e grande amante della buona tavola. È a lui ad esempio che si deve la celebre frase: “Quando un negoziato va male, bisogna dare un pranzo”.
Benjamin Voisin nei panni del cuoco geniale e tombeur de femmes regala un’ interpretazione da oscar (o meglio da César), con outfit che lo fanno assomigliare più a un indie rocker degli anni zero che uno chef della Francia del Primo Impero, con un afflato pop à la Sofia Coppola di Marie Antoniette.
L’abilità politica di monsieur Talleyrand unita all’arte culinaria del giovane cuoco rock si salderanno in una serie di intrighi di potere in cui la cucina e il suo potere seduttivo saranno usate come armi di (geo)politica nello scacchiere francese ed europeo, con risultati sorprendenti.
Carême passato alla storia per l’invenzione del celebre cappello da chef, nella serie è sempre scapigliato e ribelle, come un modello inarrivabile periodo di Dior targato Hedi Slimane, capace di sedurre nobildonne, colleghe e cospiratori monarchici, senza risparmiare Joséphine Bonaparte.
Se non si parla molto di rivoluzione di per sé a livello politico si vede, e anche molto bene, quella della cucina, che senza rinunciare alle sontuose mise en place dell’Ancien Régime, fa per la prima volta spazio sulle tavole nobiliari a prodotti di stagione, e piatti che per la prima volta rovistano gli staples della gastronomia classica.
Tra il classismo dei critici (allora, come oggi sempre, uomini bianchi sovrappeso in età avanzata), e voglia di riscatto dei cuochi (allora come oggi, spesso di persone intelligente che provengono da delle classi subalterne), e invenzioni gastronomiche ultrapop, la serie restituisce una fotografia chiara e credibile di quella che sarebbe diventata la cucina moderna.
L’attenzione di Carême ai dettagli, alla tecnica all’organizzazione della moderna brigata di cucina (che nasce in quegli anni, e in quelle cucine) la serie ci ricorda che l’enfasi tutta italiana sulla cucina della nonna, (rigorosamente al femminile!) è una zavorra di cui al di qua delle Alpi dovremmo liberarci.
L’innarrivabile cucina della nonna, il meraviglioso vino del contadino e questi miti reazionari, la nostalgia sterile, passatista e improduttiva per un mondo che non è mai esistito e se esistito aveva ben poco di bello, è quello che continua a separarci dalla Francia, da questa sua capacità di vedere sempre il futuro, dentro il passato che finisce, senza nostalgia.
I nostri ricordi d’infanzia, il nostro passato sensoriale sono per la psicoanalisi non per gastronomia, il passato, è una terra straniera in cui spesso si mangia male.
Vedete questa serie, come tutte le serie francesi vi farà venire fame e sete, e quindi anche voglia d’amore.