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Il caso

Promozione vino nei Paesi terzi, scontro tra Regioni e ministero sui fondi

01 Agosto 2013
ocm ocm

di Giulio Ambrosetti

Che succede nel pianeta dell’Ocm vino, sezione promozione? Da qualche giorno si parla con sempre più insistenza di una riduzione del budget.

Per la cronaca, la sigla Ocm sta per Organizzazioni comuni dei mercati agricoli, create nei primi anni ’60 del secolo passato nel quadro della Pac, la Politica agricola comune. Le Ocm disciplinano la produzione e il commercio di vari prodotti agricoli. Compreso il vino. Anche attraverso azioni di promozione mirate e modulate.
Questo il tema. E il problema? Si vocifera, come già accennato, di una riduzione dei fondi per la promozione del vino nei mercati  extracomunitari. Vero? Falso?

Noi abbiamo provato a capire come stanno – o come starebbero – le cose. Stando alle notizie delle quali siamo venuti in possesso, non ci sarebbe una riduzione delle risorse per le Ocm vino, sezione promozione. Ci sarebbe, semmai, da parte delle Regioni del nostro Paese, uno storno di risorse – circa 16 milioni di euro – dalla promozione del vino ad altri obiettivi: per esempio, per la ristrutturazione dei vigneti. Questo avrebbe creato malumori tra i grandi produttori di vino che promuovono i propri prodotti con il Ministero delle Risorse agricole e alimentari. Ma andiamo con ordine.

Per la promozione dei vini italiani sono stati stanziati 100 milioni di euro circa. Di questa somma, il 70 per cento viene gestita dalle Regioni del nostro Paese. Mentre il 30 per cento viene gestito dal Ministero: e questo, forse, è il primo problema.
Al Ministero si rivolgono le grandi aziende del vino italiano, ovvero i 20 gruppi più importanti del nostro Paese. Le azioni organizzate dal Ministero per consentire al vino italiano di penetrare nei mercati extracomunitari (come, ad esempio, quello degli Stati Uniti d’America: mercato dove i nostri prodotti, grazie anche a queste azioni, riscuotono un certo successo, magari per la gioia di Wine Spectator, il più importante giornale americano del settore) sono sempre precise e sortiscono ottimi risultati.
Forse è pensando a queste azioni che Domenico Zonin – uno dei più importante produttori di vini italiani – fa riferimento quando afferma che le Ocm, oggi, sono “misure fondamentali” per consentire ai vini del nostro Paese di affermarsi in particolari mercati.

Allora dove sta il problema? Cos’è che ha fatto ipotizzare una riduzione del budget? A parlare sono i numeri che, di solito, non possono essere smentiti se letti correttamente.
Per le azioni di promozione del vino del nostro Paese gestite dal Ministero quest’anno, come già accennato, sono disponibili poco più di 30 milioni di euro. Che, però, diventano 23 milioni, perché 7 milioni di euro vanno a coprire il completamento di azioni già avviate lo scorso anno (in qualche caso i programmi ministeriali si sviluppano in due o più anni).

Ebbene, a fronte di una disponibilità di 23 milioni di euro, negli uffici del Ministero sono arrivate richieste per 45 milioni di euro: richieste che non potranno essere evase per mancanza di disponibilità finanziaria.
Questo, forse, ha fatto pensare a una riduzione del budget: in realtà, si tratta, alla fine, di risorse finanziarie insufficienti rispetto alle potenzialità delle grandi aziende vinicole italiane che promuovono i propri prodotti nei mercati extracomunitari con progetti gestiti dal Ministero. Molte di queste grandi aziende hanno dovuto dimezzare i propri progetti per mancanza di fondi. Da qui la ‘notizia’ dei tagli. In realtà, come abbiamo cercato di raccontare, si tratta fondi insufficienti rispetto alle richieste (e alle potenzialità).

Già, le potenzialità. Perché dietro questi 45 milioni di euro di richieste, a fronte di una disponibilità di appena 23 milioni di euro c’è un mondo – il grande mondo del vino italiano – che, nonostante il difficile momento economico, manifesta vivacità e disponibilità a scommettere sull’export di questo prodotto nei Paesi extracomunitari (ricordiamo che per queste azioni è previsto il cofinanziamento da parte delle aziende).
Vediamo, invece, che cosa succede con la disponibilità Ocm vino gestita dalle Regioni del nostro Paese. Per queste azioni di promozione (alle quali partecipano aziende più piccole rispetto alle grandi aziende e, in generale, rispetto ai grandi gruppi che promuovono i propri prodotti con le azioni ministeriali), sono disponibili, per la precisione, 71 milioni di euro. Solo che le Regioni italiane ne utilizzeranno solo 55, visto che 16 milioni di euro verranno stornati per altre finalità (a quanto pare, impianti di vigneti).

Insomma: da una parte alcune grandi aziende italiane e alcuni grandi gruppi del vino che potranno promuovere i propri prodotti a metà per mancanza di fondi; dall’altra parte – cioè dalla parte delle Regioni italiane – una parte dei fondi (16 milioni di euro, che non sono ‘bruscolini’) verrà dirottata per altri finalità.
Una ‘guerra’ tra i grandi gruppi del vino italiano, che promuovono i prodotti con i progetti del Ministero, e le Regioni? Gli ‘ingredienti’ ci sarebbero tutti., Ognuno, ovviamente, a difendere le proprie ragioni.
I grandi gruppi del vino che dicono alle Regioni: invece di utilizzare una parte dei soldi per altre finalità, dateli a noi che, invece, riusciamo a promuovere il nostro vino solo in parte per mancanza di fondi. Da qui una velata richiesta, non ancora formalizzata, di modifica della ripartizione: dall’attuale 70 per cento alle Regioni e e 30 per cento al Ministero, fare a metà: 50 per cento a testa tra Ministero e Regioni.
Le Regioni, a propria volta, ribattono: scusate, i soldi sono nostri e li gestiamo come ci pare. Il Ministero e i grandi gruppi non possono venire a sindacare le scelte delle Regioni.

In questa ‘guerra’ chi non ci guadagna, almeno in alcune regioni italiane, sono i piccoli produttori. Cioè le piccole e medie aziende. Che non sembrano avere molta voce in capitolo nei grandi progetti ministeriali. E nemmeno in quelli regionali.
Ci sono Regioni che, per la partecipazione a progetti regionali, ‘imbarcano’ solo aziende che producono almeno 600 mila bottiglie. I piccoli, a conti fatti, almeno in qualche Regione, vengono penalizzati.