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Il caso

“Vinitaly sì ma è necessario qualche altro cambiamento”

16 Gennaio 2013
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Anna Maria Abbona, Maria Teresa Mascarello, Filomena Greco, Sandro Lonardo

Ancora altri quattro produttori italiani dicono la loro sul Vinitaly, partecipando al dibattito “Vinitaly sì, Vinitaly no” lanciato sul nostro giornale. Da nord a sud Italia il parere sembra rimanere quasi unanime, il salone di Verona continua ad essere visto come vetrina internazionale irrinunciabile ma c'è anche chi vuole stare fuori da questo circuito portando avanti altre politiche di promozione.

 “Il Vinitaly? E’ fiera più bella del mondo, la più importante! Più del Vinexpo, del Prowine e di tutte altre messe assieme. Almeno per la nostra azienda”.Si alza chiara, sincera, decisa e serena la voce di Anna Maria Abbona. E la sua azienda è una di quelle che ha scritto gran parte della storia del, e di, Barolo. E’ appunto la “Marchesi di Barolo”. Non è affatto una piccola forte del suo milione e 400mila di bottiglie annue e una miriade di etichette create per declinare  ogni  piega dell’anima delle loro Langhe. “Gli affari più importanti, per volume e per valori li realizziamo sempre al Vinitaly – dice la produttrice – lì troviamo la culla delle più importanti relazioni internazionali che vanta l’azienda. Il ritorno economico dell’investimento non è legato al volume delle commesse ma alla “cubatura” dell’immagine e della considerazione che suscitano l’azienda e i suoi prodotti. Non raccogliamo e men che meno avalliamo le critiche che spesso all’evento si muovono. Guardando più in là del proprio naso scorgiamo che i problemi stanno fuori dai cancelli, nei parcheggi, nel traffico, nella scarsa ricezione l'alberghiera che alza scandalosamente i prezzi degli hotel. Dentro funziona tutto bene e per noi i quattro giorni del Vinitaly sono i più belli del nostro anno lavorativo. Mi sembra che non occorra aggiungere altro…”.

Rimanendo nelle Langhe interpelliamo anche chi non frequenta Verona. L’azienda Mascarello nel rapportarsi col Vinitaly, si sente “indifferente all’ evento perché la concezione e lo spirito di questa kermesse non combacia affatto con le caratteristiche della nostra azienda – puntualizza Maria Teresa figlia di Bartolo Mascarello. “La cantina è proiettata verso un’élite di degustatori che amano i nostri vini, apprezzano il terroir e la nostra filosofia nel vinificarli e il cui censimento accumula una cifra di domanda che supera di gran lunga la nostra offerta,  attestatasi a circa 30mila bottiglie annue. Non abbiamo un ufficio comunicazione, le nostre bottiglie quasi siamo tentati di nasconderle, per questo già da tempo, ma quasi mai ci siamo entrati, siamo fuori da questo circuito e abbiamo scelto strade diverse, per comunicare, dirottando alcuni investimenti là dove ci portano i mercati e non il cuore. Insomma, basta curare tra le nostre mura domestiche il brand “Mascarello” e il novanta per cento del gioco è fatto. A cosa ci serve dunque, l’  “ambivalente…caro” Vinitaly?”.
 
L’orgoglio del Sud sbarca al Vinitaly come concetto forte, area geografica, stato d’anima. Su questo Filomena Greco, al timone (insieme ai fratelli) dell’azienda I Greco, non ha dubbi. “L’anno scorso – dice  – non abbiamo partecipato perché ci siamo accorti che al Vinitaly il nostro territorio non era presentato nella maniera giusta. Non rappresentava più la cornice adatta per la nostra filosofia aziendale. Quest’anno parteciperemo, insieme ad altre aziende, con la Camera di Commercio il cui intento è quello di far crescere l’enogastronomia calabrese diffondendo nel mondo le sue eccellenze”. Secondo Filomena Greco è difficile vendere un prodotto se non si conosce davvero bene un territorio. E per farlo è necessario viaggiare. “Cosa accadrebbe se il Vinitaly si spostasse in Sicilia, in Puglia o in Calabria? Tutti potrebbero conoscere e apprezzare queste terre ricche di eccellenze enogastronomiche, di arte e di storia. In questo modo come accade per la Toscana, conosciuta da tutti perché è visitata da un turismo internazionale anche il Sud Italia e i suoi prodotti entrerebbero a far parte dei luoghi del cuore di tante persone. Bisognerebbe quindi pensare ad una manifestazione itinerante di carattere internazionale che nasca nel Sud Italia”. Senza nulla togliere, però, alla kermesse veronese: “dove l’organizzazione è ineccepibile anche se, forse, negli ultimi anni ha perso un po’ di appeal. Se dovessi trovare un difetto al Vinitaly, direi che trovo sbagliata l’apertura della manifestazione a chiunque e non soltanto agli addetti ai lavori. A volte ci sono stati anche  piccoli incidenti a causa di alcune persone che bevevano troppo. Anche da questo punto di vista, durante queste manifestazioni, è bene comprendere che bere vino e degustarlo sono due cose diverse. Per non parlare dei troppi giorni dedicati alla kermesse e ai costi da sostenere”. L’azienda I Greco ha sede a Cariati, in provincia di Cosenza, e produce trecentocinquantamila bottiglie all’anno.

“Vinitaly è un meccanismo a cui non ci si può sottrarre”, lo dice Sandro Lonardo uno dei piccolini che vanno a Verona e uno dei più fervidi rappresentanti del proprio territorio, tanto che partecipa alla 47esima edizione del salone con una doppia formula: Vivit e presenza nel padiglione Campania con Union camere. “Già gli eventi importanti per noi produttori sono pochi – dice Sandro Lonardo produttore di Contrade di Taurasi – non si può mancare. Se non dà i risultati sperati per il mercato italiano li dà sicuramente per l'estero. Per gli operatori del settore è sempre la fiera di riferimento italiana. Location indispensabile quindi se vogliamo incontrarli.” Secondo il produttore irpino, il Vinitaly continua ad assolvere a una delle sue principali funzioni, quella di collante nei rapporti BtoB. La nuova formula con cui ha debuttato l'anno scorso il salone viene poi appoggiata in pieno da Lonardo, secondo cui ha portato solo vantaggi e consentito anche lo snellimento delle problematiche di disservizio. “Ho visto più operatori del settore presenti rispetto alle altre edizioni, un'affluenza più razionale e ordinata anche. Credo che la criticità sia stata in parte superata”. Per quanto riguarda gli oneri da sostenere il salone costa in tutto a Lonardo, circa cinquemila euro. “Meglio concentrare le risorse sul Vinitaly che partecipare a tante iniziative, che proliferano sempre di più, e che non hanno la stessa efficacia e prestigio”. L'azienda conta 4 ettari a Taurasi. Sono 18mila le bottiglie prodotte.

Stefano Gurrera, Rosa Russo, Manuela Laiacona