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Il personaggio

Antonio Mermolia, lo chef calabrese che ha fatto scoprire ai newyorkesi il piacere slow della zuppa

21 Febbraio 2013
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da New York Paola Camillo

La storia di Antonio potrebbe essere la stessa di tanti giovani del sud che sognano di mordere la Grande Mela con l'appeal della cucina nostrana, forti di una solida cultura delle materie prime, cresciuti all'odore dei pomodori da salsa, del basilico, degli agrumi.

Fino a qui è la storia di un ragazzo calabrese di Gioia Tauro, che ha la fortuna di avere come nonna una brava cuoca e un albergo di famiglia con un ristorante da cui iniziare tutto. Gioca a basket, dipinge e cucina. Ma a poco più di vent'anni decide di puntare tutto sulla ristorazione. E' un sognatore ma è anche ostinato. A ventisette anni sbarca alla Capinera di Pietro D'Agostino a Taormina, per uno stage formativo ed è allora che gli si schiude un mondo. Di sapore e etica. “Da lui -racconta Antonio Mermolia, 29 anni- ho imparato cosa è il rispetto della materia prima, la stagionalità e soprattutto la dedizione al lavoro: alzarsi presto, andare a fare la spesa tutte le mattine perché tutto deve essere fresco, tempi lunghi di preparazione, molta onestà da dichiarare nel piatto”.


Antonio Mermolia

Il caso vuole che da New York un manager siciliano inizi a cercare un giovane cuoco del sud Italia che abbia voglia di farsi le ossa e nello stesso tempo rinfrescare il menu di un ristorante italiano di lunga data. Antonio accetta, sapendo poco e niente dell'America. Accetta guidato da un istinto e da una visione. “Il Punto” è un ristorante di Manhattan, a pochi passi da Times Square, si trova nel quartiere di Hell's Kitchen, una zona che fino a dieci anni fa era off limits, storicamente popolata da irlandesi e italiani, notorio teatro di omicidi e storie di prostituzione. Poi gli investimenti dell'amministrazione Bloomberg, piovuti in tutto il West Side Manhattan, hanno innaffiato e riqualificato anche quest'area, tanto che, pochi isolati più a nord, Prada ha installato il suo quartier generale Usa in una vecchia fabbrica di pianoforti ristrutturata da Herzog&De Meuron, mentre a sud si snoda l'High Line, il parco urbano costruito lungo il tracciato di una ferrovia soprelevata in disuso, una delle ultime attrazioni di New York.

Il ristorante è stretto tra nuovi palazzi in costruzione e scorci di Hudson all'orizzonte. Al “Punto”, Antonio trova a disposizione un'armata di cuochi e aiutanti, delle cucine immense dove si può far di tutto, dal pane alla pasta fresca. Ma la cucina italiana, come accade in molti casi a New York, ha perso il suo baricentro, ha dovuto cedere qualcosa, è dovuta scendere a un compromesso con le richieste del gusto americano. Ed ecco qui la sfida più grande, quello che fa la differenza: la destrezza nel non discostarsi dalla propria personale visione di cucina e dai sapori che si hanno in mente, e nello stesso tempo comprendere e affabulare un palato inevitabilmente diverso.

“All'inizio mi sono sentito disorientato dalla varietà di clientela. Qui c'è gente che vuole ancora le fettuccine Alfredo o chiede il Parmigiano sul risotto ai frutti di mare ma c'è anche chi è molto preparato e esigente”, spiega Antonio. Bisogna allora capire, confrontarsi, perdersi in un'altra cultura culinaria per poi riposizionarsi, chiedersi cosa significhi cucina italiana in Usa, a New York in particolare, una città che ha una forte componente italoamericana ma dove la velocità dei ritmi di vita ha portato via ogni spazio per la manualità e attenzione per le cotture. Qui c'è anche una grande offerta di cucine da tutto il mondo. Puoi mangiare cinese, coreano, francese, tutto ad altissimi livelli. Tante cose che per noi in Italia sono considerate “estreme”, qui non lo sono e viceversa. Un esempio? Un minestrone o una zuppetta di lenticchie. Chi, a Manhattan, ha il tempo di mettere a bagno i fagioli, di tagliare le verdure, di star dietro alla cottura delle lenticchie? In Italia è scontato ma qui non lo è”, spiega Antonio.

Ecco che piatti creativi -come l'insalata di gamberi e rucola rinfrescate da un gelato di cipolla di Tropea al centro o l'uovo in Tuxido, un uovo in camicia aromatizzato da una riduzione di menta e parmigiano con purea di carote e arancia caramellata- hanno attirato l’attenzione del Wall Street Journal e hanno fatto crescere il punteggio su siti come Tripadvisor e Open Table (l’ossessione di ogni ristoratore a New York!), ma nello stesso tempo accade anche che i clienti tornino qui per una semplice zuppa. Mikhail Baryshnikov, grande ballerino e attore di Sex and the City -un habitué del ristorante data la vicinanza del suo Baryshnikov Arts Center- consiglia a tutti i suoi commensali il minestrone. E non c’è nessuno ingrediente segreto. Solo molta ostinazione, condita dalla consapevolezza che la ristorazione italiana a New York sarà sempre una sfida, mai fermarsi ai primi successi.  

Ristorante Il Punto
507 9th avenue Manhattan – New York
Orario di apertura: tutti i giorni dalle 11,30 -23
Chiusura: 25 dicembre e Thanksgiving day
Tel. +1 2122440088
www.ilpuntonyc.com