Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Scenari

Chef migranti e rifugiati: nella cucina di Gustamundo le storie di speranza e riscatto

06 Marzo 2023
image_6483441_4 image_6483441_4

di Micol Ferrara

In un mondo sempre più abituato a trasformare ingredienti in piatti “preziosi” da esibire come opere d’arte, spesso, ci dimentichiamo del potente valore culturale di ciò che serviamo a tavola.

Quindi senza nulla togliere alla ricerca, sperimentazione e quant’altro, sarebbe altrettanto importante di tanto in tanto andare un po’ in sottrazione e recuperare i valori essenziali di ciò che ci nutre. Il cibo – gli storici dell’alimentazione lo sanno – è intriso di valori culturali e quando è ben valorizzato sotto questo punto di vista diventa una leva potente di integrazione socio-culturale. Se, dunque, la sfida epocale del XXI secolo è costituita dall’immigrazione rispetto alla quale purtroppo ci si pone assai frequentemente con atteggiamenti di intolleranza, la valorizzazione del cibo può, al contrario, contribuire a costruire pacifiche e conviviali convivenze. Questa è la via che ha scelto di percorrere, con molto coraggio e altrettanta determinazione, Pasquale Compagnone nel suo progetto Gustamundo – via G. De Vecchi Pieralice 38 Roma – un “porto gastronomico che accoglie chef migranti e rifugiati per cene di cucina multietnica e solidale”. Un porto che raddoppia: il progetto Gustamundo 2 prevede l’assunzione di ulteriori tre rifugiate politiche, di nazionalità curda e afghana, che inizieranno un percorso di formazione con l’obiettivo di organizzare un team di sole donne per gestire in proprio la nuova attività di ristorazione e pasticceria sotto la guida di Dilruba. Come nasce Gustamundo? Lui, Pasquale, era già titolare del ristorante messicano El Pueblo a Roma, nato da un suo lungo periodo di soggiorno in Messico – nel 1989 – zaino in spalla. Ospitato da famiglie del luogo che cucinavano piatti della tradizione messicana, Pasquale in segno di riconoscenza ricambiava cucinando piatti italiani; fu subito colpo di fulmine. Nel 2017, proprio nel suo ristorante, inizia a coinvolgere con una “partecipazione attiva” i migranti: assumendoli dopo averli messi in regola, formandoli e infine mettendoli ai fornelli per un menu dove la contaminazione del piatti finiva… a tavola.

Inizia così il cammino di Gustamundo. Una piccola sala colorata dove, tra le tinte blu e gialle delle pareti, sono sistemati tavoli in legno in grado di ospitare circa 30 coperti. Un ambiente intimo con musica soft e qualche fotografia vintage appesa alle pareti in un ambiente informale e allegro che ricorda un po’ quello di una casa. Qui il cibo è occasione di riconoscimento e di crescita economica e sociale anche per i migranti. Pasteggiare a Gustamundo significa in buona sostanza compiere un viaggio oltre i pregiudizi per conoscere più da vicino realtà che troppo spesso – alcuni di noi – giudicano con ferocia e tanta ignoranza. L’ingrediente segreto è quel calore umano intorno al cibo che rischia di venire meno nelle nostre società educate al food attraverso instagram, dimentiche dei segreti dei ricettari della nonna (per intenderci).

Oltre le belle parole ed i buoni propositi, una esperienza di integrazione fattuale è proprio quella offerta da un buon uso del cibo, che può aiutare – se gli ingredienti sono ben dosati come insegna la cucina – a valorizzare i più fragili, al fine di promuovere benessere e integrazione, con gesti semplici e alla portata di ognuno di noi.  L’8 marzo 2023 – Giornata internazionale della donna – alle ore 16 aprirà i battenti il nuovo ristornate Gustamundo 2 (via Macedonia 57-59 Roma). Replicando il modello di impresa sociale in tre fasi – Accoglienza, Formazione, Autonomia – l’obiettivo principale resta quello di offrire opportunità di sviluppo professionale e lavorativo ai rifugiati, migranti, uomini e donne che vivono in condizione di fragilità. Pasquale Compagnone realizza così il suo sogno nel cassetto, traguardo raggiunto con non poca fatica. “Per due anni abbiamo preparato Dilruba Bashirova, rifugiata dell’Azerbaigian, vedova con tre figli ospite e ospite del Centro Astalli, con noi al ristorante dal 2019. In questi anni abbiamo attivato tutti i percorsi di formazione e le abbiamo affiancato anche un mediatore linguistico: che gioia quando siamo riusciti a farle superare l’esame Rec facendole conseguire l’abilitazione all’esercizio della somministrazione di alimenti e bevande. Ora Dilruba è pronta per una nuova sfida.” Quella di Dilubra è solo una delle tante storie che “abitano” Gustamundo. E su cui il documentarista Simone Nunzi sta lavorando ad un progetto audiovisivo con l’intento di raccontarci ancor più le culture, le memorie e i percorsi individuali che animano il sogno realizzato di Pasquale.