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Scenari

Dal 9 maggio i nuovi obblighi per le etichette dei cibi: multe fino a 40 mila euro

07 Maggio 2018
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Tre giorni e scatteranno ufficialmente le nuove sanzioni per le etichette irregolari degli alimenti. 

Dal 9 maggio, infatti, entra in vigore il decreto legislativo 23 del 15 dicembre 2017 che “dà attuazione” alla disciplina dell'Unione europea di tutela dei consumatori. Le penalità per gli indadempienti varieranno da un minimo di 500 euro a un massimo di 40 mila. Definire, ad esempio, un prodotto come “vegano” o “vegetariano” quando non ne ha le caratteristiche costituisce una violazione delle pratiche leali d’informazione che può costare da 3 mila a 24 mila euro. Il nuovo decreto è stato pensato dall'Unione europea come uno strumento per garantire i consumatori sulle informazioni sugli alimenti, in modo da consentire scelte consapevoli, prevenendo qualunque pratica suscettibile di indurre in errore i cittadini. Sono state così definite a livello europeo le informazioni che devono obbligatoriamente comparire sull’etichetta di un prodotto alimentare preimballato, come ad esempio, il termine minimo di conservazione o la data di scadenza dell’alimento, la dichiarazione nutrizionale o l’elenco degli ingredienti.Ma il decreto europeo ha consentito ai singoli paesi di poter fare delle modifiche. L'Italia ha così emanato il decreto 231/2017 che da un lato definisce le sanzioni per le violazioni del regolamento dell'Unione europea, disponendo le pene pecuniarie che variano, a seconda della gravità delle singole infrazioni, raggiungendo un tetto massimo di 40mila euro; in secondo luogo adegua la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento dell'Unione europea, disciplinando aspetti non armonizzati a livello europeo, come, ad esempio, la vendita dei prodotti non preimballati, l’indicazione del lotto e la vendita in distributori automatici di alimenti non preimballati, prevedendo, al contempo, le sanzioni correlate.

Il regolamento europeo, inoltre, dispone che sugli alimenti vadano indicate obbligatoriamente le sostanze che possono provocare allergie o intolleranze e detta norme relative ai requisiti di etichettatura di queste sostanze: ad esempio, la loro messa in evidenza rispetto ad altri ingredienti. In questo caso, la mancata apposizione dell’indicazione obbligatoria viene punita con una sanzione amministrativa da 5 mila a 40 mila euro. Il legislatore italiano, comunque, ha predisposto una “clausola di salvaguardia” e alcune norme mitigatrici di questo panorama sanzionatorio. Fa salvo, tra l’altro, quanto prodotto entro il 9 maggio: prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo, gli alimenti etichettati o immessi sul mercato che non siano conformi allo stesso decreto nazionale possono essere commercializzati fino all’esaurimento delle scorte.

Niente sanzioni, poi, ma solo una diffida a provvedere entro 20 giorni alla regolarizzazione della situazione non a norma, nel caso in cui vengano contestate per la prima volta alcune infrazioni consistenti in errori e omissioni formali o alcune violazioni le cui conseguenze dannose o pericolose sono eliminabili. Le penalità, infine, non si applicano in due casi specifici:

  • per le forniture di alimenti effettuate a favore di organizzazioni senza scopo di lucro che le distribuiscono a persone indigenti solo quando le etichette presentano irregolarità diverse da quelle riconducibili alle informazioni sulla data di scadenza o alle sostanze che possono provocare allergie o intolleranze;
  • nel caso di alimenti immessi sul mercato corredati da adeguata rettifica scritta delle informazioni non conformi alla legge.

Le sanzioni vengono irrogate dal ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali (dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari), restando comunque ferme le competenze spettanti all’Autorità garante della concorrenza e del mercato per le violazioni della normativa sulle pratiche commerciali scorrette.

C.d.G.