Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Scenari

I tristellati al tempo della pandemia: le riaperture saranno nel segno “glocal”

15 Aprile 2021

 

Tra i settori più colpiti dalla crisi economica scatenata dal Covid-19, quello della ristorazione è senza dubbio uno di quelli in maggiore sofferenza.

Come anche sottolineato dall’Omt (Organizzazione Mondiale del Turismo) i ristoranti hanno patito la più grave perdita di vendite e posti di lavoro. Uno studio portato avanti dai professori universitari Angelo Presenza (università del Molise), Marilena Vecco (Université Bourgogne Franche-Comté) e Tindara Abbate (Università di Messina) ha studiato come gli chef stellati hanno affrontato la crisi rivedendo i loro business model. Una ricerca sperimentale che verrà presentata nel corso del convegno online di Sinergie – Sima (Società Italiana di Management) che si terrà il 10 e 11 giugno in collaborazione con l’Università degli Studi di Palermo. L’approccio dei tre professori, coadiuvati da altri esperti del settore, è stato multi-prospettico. Da una parte sono stati selezionati undici chef con 3 stelle Michelin, tra cui Massimo Bottura (Osteria Francescana), Annie Féolde (Enoteca Pinchiorri), Mauro Uliassi (Uliassi) e Heinz Beck (La Pergola). Per rendere la ricerca più esaustiva sono stati scelti anche sei esperti del settore come Roberta Garibaldi (Professoressa del Turismo all’Università di Bergamo), Antonio Paolini (giornalista e critico di Food&Wine) e Chiara Paticucci (Marketing Communication Manager). Gli chef sono stati intervistati nella primavera scorsa.

Tempo per pensare e mettersi in discussione
Prima di tutto che gli chef si sono “messi in gioco” dimostrando abilità d’integrazione, costruzione e riconfigurazione delle competenze interne ed esterne per affrontare rapidamente i cambiamenti ambientali e sociali. Come? Gli chef intervistati hanno detto che nel periodo di lockdown della scorsa primavera hanno avuto molto tempo per pensare e riflettere sulla loro attività. E così hanno deciso di aprire le loro cucine ai social, ad esempio, e realizzando video nei loro luoghi di lavoro o anche in casa propria mentre preparavano qualcosa. O ancora, realizzando iniziative benefiche (come la donazione di pranzi) anteponendo spesso i bisogni della collettività ai propri. I risultati, inoltre, hanno rivelato come gli chef abbiano fatto un grande uso delle tecnologie, non solo per migliorare l’efficienza del lavoro, ma anche per fornire esperienze culinarie di sicurezza. La consegna e il take-away hanno richiesto di reinventarsi non solo sul versante logistico ma anche sperimentare contenitori e menù da asporto. Risultati, notano i tre autori dello studio, che sono in linea con la letteratura economica precedente che definisce “gli chef stellati sono professionisti abituati a correre rischi derivanti dall’ibridazione, cioè dalla combinazione di diversi elementi di conoscenza per creare qualcosa di diverso”.

Riaperture all’insegna del rispetto della natura
Cosa sta insegnando questa esperienza? Il Covid-19 ha accelerato molti processi e, in particolare, quello di “glocalizzazione”. “Questa stagione ha messo in luce quanto sia importante lavorare con i nostri fornitori locali”, spiega uno degli chef intervistati da maggio a giugno dello scorso anno nel corso dello studio. Importante anche il benessere delle persone: “per la riapertura dobbiamo lavorare tutti con uno scopo comune e avere come priorità il benessere delle persone, il rispetto della natura, l’interpretazione del nostro lavoro come messaggio di piacere, e fisico e salute morale”. E ancora, “le scelte che gli chef HC faranno nei loro ristoranti decideranno il futuro del sistema alimentare e, quindi, saranno trasmesse a tutti”. Ne consegue che chef a tre stelle hanno lavorato per abbracciare valori socialmente responsabili o usando le parole di un altro intervistato, “abbiamo avviato una rivoluzione culinaria umanistica che coinvolge l’intera vita sociale”. Nonostante gli chef dell’Haute Cuisine rappresentino una piccolissima parte dell’immenso settore gastronomico (appena lo 0,5%), sono comunque considerati delle star, aggiunge lo studio, questo perché sono visti come innovatori e trendsetters che forniscono ai clienti esperienze culinarie e servizio unici.

C.d.G.