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Scenari

Robiola di Roccaverano, 2020 da record: e ora il consorzio pensa ad un cambio di nome

22 Febbraio 2021
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di Ambra Cusimano

La Robiola di Roccaverano è un formaggio piemontese dalla forma tonda, a pasta morbida, ottenuto da solo latte caprino o, in rari casi, caprino/bovino, e realizzato artigianalmente nel territorio di Roccaverano, tra l’Appennino ligure e le Langhe.

Nel 1996, questo latticino, ottiene la certificazione di Denominazione di Origine Protetta (Dop). La sua storia è antica e risale ai Celti, i primi che produssero un formaggio molto simile a quello attuale. In epoca romana assunse il nome di “rubeola” che proveniva da “ruber” per indicare il colore rossastro assunto dalla crosta in seguito alla stagionatura. Plinio il Vecchio raccontò delle sue qualità e del processo di produzione nella sua “Naturalis Historia”. Nonostante la sua celebrità, se n’è temuta la scomparsa a causa del tragico periodo di crisi che l’Italia, come il resto del mondo, si trova attualmente ad affrontare. La Robiola di Roccaverano Dop, però, ha avuto la sua rivalsa grazie all’arduo lavoro del Consorzio di Tutela. Infatti, lo stesso, ha scelto di rivolgersi direttamente ai consumatori con l’appello di non abbandonare uomini e donne che da anni lavorano per portare sulle tavole un prodotto d’eccellenza. La risposta è stata immediata e certamente positiva. In centinaia si sono attivati per acquistarla, mentre il Consorzio ed i produttori sono ricorsi ai metodi più disparati (vendite on-line, porta a porta, e-commerce) per poter vendere questo formaggio a chiunque lo richiedesse. E’ importante sottolineare che tutte le aziende produttrici, in tutto 17, sono iscritte al Consorzio. Esse hanno tutte il proprio gregge e trasformano esclusivamente il loro latte all’interno dell’azienda. “E’ qualcosa che ci inorgoglisce, nonostante comporti una grande responsabilità – racconta il presidente del Consorzio Fabrizio Garbarino – Il fatto che il Consorzio includa tutte le aziende produttrici, fa si che le decisioni vengano prese di comune accordo. L’inclusività è estesa anche alle donne, che attualmente sono due al suo interno”.

Questa orchestrazione, infine, ha dato i suoi frutti e le vendite sono presto aumentate, superando anche quelle pre-covid. La domanda è incrementata e così anche la produzione che è cresciuta del 3,4% nel 2020, passando da 490.389 forme, pari a oltre 148 tonnellate nel 2019, a 506.254 pari a 151 tonnellate di prodotto nel 2020. Una svolta positiva e quasi inaspettata, ottimo stimolo per i produttori locali che lavorano a questo prodotto artigianale con amore e dedizione. Le novità per il latticino, originario, ricordiamo, di Roccaverano in provincia di Asti, non finiscono qui. Da qualche tempo, al Consorzio, si discute sull’apportare alcune modifiche al disciplinare di produzione, come, ad esempio, rettificarne il nome. In sostanza, ci si chiede se continuare a chiamarla “Robiola di Roccaverano Dop” o denominarla con un termine meno generico come “Roccaverano Dop”. Un modo per dare maggiore identità a questo prodotto caseario, senza confonderlo con le altre Robiole presenti sul mercato. Il termine Robiola, in effetti, si riferisce ad un formaggio composto prevalentemente da latte bovino. La Roccaverano Dop, invece, viene prodotta utilizzando esclusivamente latte crudo di capra in purezza e negli ultimi anni le forme miste hanno significato meno dell’1% della produzione totale. E non solo, altre caratteristiche importanti sono l’utilizzo di siero o latte innesto autoctono non esterno all’azienda di produzione, animali al pascolo solamente durante i mesi preposti (da marzo a novembre), l’alimentazione animale prodotta sul territorio per almeno l’80% e nessun utilizzo di Ogm.

Le modifiche al disciplinare, dunque, servirebbero a rendere meno “comune” un prodotto unico nel suo genere, non industriale e totalmente artigianale, con caratteristiche specifiche ed all’avanguardia. Come spiega il presidente: “In precedenza la Robiola poteva essere costituita da un 50% di latte caprino ed un 50% di latte vaccino o ovino. Negli anni però la tendenza della Robiola di Roccaverano si è concentrata su una realizzazione del formaggio quasi esclusivamente con latte caprino. Infatti, il 99% delle forme sono composte da latte di capra. La variante mista è ormai residuale. Cambiare il nome si sta rivelando più complicato, dal momento che si tratta di una denominazione, ed essendo materia europea, si riverbera su tante materie collaterali alla produzione. In particolare, si parla di modifiche a trattati e protocolli commerciali. Nonostante ciò, porteremo avanti la nostra richiesta attendendo i tempi necessari”.