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Il personaggio

Eduardo Torres, dalle isole Canarie all’Etna. “Fare vino sul Vulcano è una meraviglia”

25 Febbraio 2021

La forza del vino dell’Etna sta anche nella capacità di attrarre appassionati da tutto il mondo che poi diventano vignaioli.

Oppure lo sono già nell’animo o – facilitati dal corso di studi – lo diventano. E quindi non c’è da meravigliarsi se senti parlare italiano con una cadenza di altre lingue straniere. È il fenomeno vino dell’Etna con il suo straordinario appeal. È il caso di Eduardo Torres Acosta, oggi vignaiolo sul Vulcano più alto d’Europa. Torres è un produttore di vino sull’Etna da alcuni anni. Un suo rosso il Pirrera 2017 è anche un vino Imperdibile nella nostra nuova Guida ai Vini dell’Etna (puoi cliccare qui per acquistarla>). Lui è di Barranco Hondo, una frazione di Candelaria, sull’isola di Tenerife, alle Canarie. Ha studiato enologia ad Alicante, poi nel 2011 l’Erasmus a Conegliano, l’arrivo in Sicilia, il lavoro a Passopisciaro l’azienda di Andrea Franchetti dove ha svolto quattro vendemmie, dal 2013 al 2016. E infine la decisione di restare sull’Etna e di avviare un percorso tutto suo.

Attacca: “La passione per il vino me la porto dietro fin da bambino. Mio nonno faceva vino, mio papà lo fa ancora oggi e quindi è stato un po’ naturale per me che io facessi anche la stessa cosa. C’è una certa affinità tra le Canarie e l’Etna. Certi paesaggi, i terrazzamenti, una certa similitudine nei terreni, il clima no. Quello no. Qui è una cosa diversa ed unica. C’è una diversità enorme. Tutto cambia in pochi metri. Oggi vivo a Montelaguardia, una frazione di Randazzo che è anche una contrada. Produco vino da quattro ettari e mezzo sparsi in otto terreni diversi, sette in affitto e uno di proprietà. Tra Castiglione, Randazzo e Sant’Alfio. E poi ho anche una vigna in contrada Nave, a Bronte, fuori dalla Doc dove il Nerello fa un po’ fatica ma il Grenache va benissimo. Recupero vigneti vecchi. Mi piace molto. Faccio cinque vini, trentamila bottiglie, li esporto per il 90 per cento in 15 Paesi diversi. In Italia sono distribuito dalla Vite di Genova”.

La cantina non c’è ancora ma l’idea è quella di realizzarla a Santo Spirito, altra contrada del vino. E poi magari passo dopo passo rilevare i vigneti oggi in affitto. Eduardo ha le idee chiare sul futuro: “L’Etna una moda? Non credo proprio. Se avessi pensato che qui fare vino è una moda non sarei rimasto. Fare vino sul Vulcano è una cosa meravigliosa. E se c’è una cosa che non mi piace, è la burocrazia. Attendo da dieci mesi un parere per la mia attività…Ma anche in Spagna non si scherza”.

Continua: “La mia idea di vino? Deve esprimere il territorio e provare a interpretarlo nel modo corretto. Non mi piace mettere etichette e più importante far sapere quello che fai. In fondo io coltivo vigne. Porto uva in cantina e la gestisco nel modo più semplice. Voglio fare parlare l’uva. Le rese sono bassine. Da alcuni terreni tiro fuori venti quintali, da altri anche 80. Sono quasi tutte vigne ad alberello. In cantina uso solo vasche di cemento. I miei tre cru sono tutti fuori doc. Sant’Alfio come zona climaticamente è difficile da gestire, sul versante nord siamo più fortunati. Le annate migliori secondo me? 2016, 2019 e 2020 che ci stupirà. Il vino spagnolo? Alcune zone poco conosciute stanno emergendo molto in questi anni. Stanno facendo un grande lavoro sulle Canarie, a Ribera Sacra in Galizia e certi produttori della zona di Valencia. Ma il mio futuro è qui sull’Etna”.

C.d.G.