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Le grandi trattorie italiane/1. Sora Maria e Arcangelo e i mitici cannelloni

11 Maggio 2022
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Un viaggio in Italia attraverso le trattorie che hanno fatto un po’ la storia della ristorazione nel Belpaese. Questo è il primo articolo di una serie in cui racconteremo alcuni grandi classici del mangiare bene. Storie di uomini e donne, luoghi e tovaglie a quadri, pietanze indimenticabili e convivialità. Tanti affreschi da Nord a Sud sempre corredati da una ricetta di un piatto simbolo.

di Alessandra Meldolesi

Difficile non ordinare il leggendario cannellone, dopo essersi spinti fin qua. Il dubbio evapora in pochi secondi, eppure la preparazione è espressa. C’è il tempo di percorrere, seduti al tavolo, le pareti di quella che secondo le guide è forse la migliore trattoria italiana, Sora Maria e Arcangelo a Olevano in provincia di Roma. Lo sguardo ronza da una foto d’epoca (perché qui cucina la stessa famiglia dal 1950) alle lettere scritte a macchina da Gino Veronelli, fra gli altri. Habitué di lusso della casa e delle sue rigaglie e frattaglie. Poi indugia sui paesaggi dipinti da pittori tedeschi e danesi nell’Ottocento, quando per chi veniva da settentrione le verzure attorno alle rovine del castello, percorse dalle anse del fiume Sacco sullo sfondo del monte Celeste, erano la manifestazione per eccellenza del pittoresco, inseguito lungo centinaia di chilometri sul dorso di un mulo. Altro che deviazione Michelin. Là dove Corot, Bloch e Reinhold avevano tirato fuori il cavalletto a caccia di volubili macchie di colore, Giovanni Milana oggi scova da oste i suoi sapori: per lui ogni punto all’orizzonte è un prodotto con cui dipingere padelle e casseruole. Dai Monti Lepini giungono le carni saporite dei maiali neri e i formaggi vaccini, dagli altipiani di Arcinazzo i caprini, dalle valli dei Prenestini i grani autoctoni, lo zafferano, le erbe spontanee e gli ortaggi… Gli stessi paesaggi defaticanti che attraversano i Romani per sedersi a tavola, fuggendo dalla metropoli verso luoghi che negli ultimi vent’anni sembrano essere rinati, popolati da una nuova generazione di produttori artigianali, anche grazie al revival del vino Cesanese.

(Giovanni Milana)

Di questa rinascita fa parte anche lui, Giovanni, che agisce un po’ da catalizzatore di passioni e di saperi, tornato com’è nel punto da cui tutto era partito, ma con uno spirito nuovo. Da Olevano arrivava infatti nonna Maria, quella sull’insegna, che col marito Arcangelo nel 1910 aveva fondato una piccola trattoria a Roma, zona Pigneto, punto di approdo dei carrettieri che rifornivano l’urbe di asset campagnoli. “Poi è successo che negli anni ’30 mio nonno, che era antifascista, ha chiuso tutto ed è partito per Olevano”, racconta Giovanni. Qui nel 1949 la coppia acquistò un vecchio granaio, con i pavimenti e i soffitti in cotto, rilucidati a specchio per l’occasione. È seguita la seconda generazione di papà Primo, carismatico animale di sala, attorniato da artisti e gourmet quali Ugo Tognazzi e Camilla Cederna, e mamma Rita in cucina. Quando il padre nel 1989 manca, Giovanni, che dopo l’alberghiero ha scelto la carriera di steward in Alitalia, ha appena 22 anni. Il suo non è certo il primo caso di freudiana obbedienza differita in una casa d’arte colpita dal lutto: “Non ne avevo mai voluto sapere di fare il cuoco, ma alla fine ho deciso di tornare per portare avanti una storia di famiglia. Anche se mia madre non voleva, diceva che si sentiva stanca. Invece siamo ripartiti insieme ed eccoci qua. Io ho iniziato a girare gli stellati in tutto il mondo e a prendere appunti, da autodidatta quale sono. Ma sulla tradizione il mentore è lei”.

Ed è tuttora mamma Rita a stendere ogni giorno la pasta dei cannelloni. Piatto riscattato da decenni di svilimento da catering, che oltre a rappresentare l’icona della casa, insospettabilmente glamour, somiglia pure a un cannocchiale con cui scrutare i particolari meno vistosi di un modus operandi vincente. La ricetta è praticamente immutata dai tempi di nonna Maria; a trasportarla nella contemporaneità di una “trattoria moderna”, grazie alla visione strategica di Giovanni, è stato lo studio sulle materie prime. “Se magari un tempo poteva essere normale impiegare la mozzarella e il pomodoro della grande distribuzione, io sono andato a procurarmi la carne di vitellone bianco dell’Appennino, il fior di latte bio a latte crudo di Fiumicino, il pomodoro dell’Agro Nocerino-Sarnese. Ma non ho alleggerito nulla, anche se ho provato. Perché il cliente non vuole. Per me è archeologia gastronomica: qualcosa che ha trovato la sua forma definitiva, da mantenere nel tempo, al massimo con qualche restauro conservativo”.

Non è l’unico piatto su cui Giovanni abbia esercitato specilli e lenti del mestiere. Superstiti in carta sono anche le pappardelle alla bifolca, variazione del classico ragù di cortile ideata da papà Primo, con le rigaglie, il coniglio, il ginepro e la scorza d’arancia. “Ed è proprio per riaverla che Veronelli scrisse a papà, raccontando di come la valigetta, contenente gli appunti e le preziose istruzioni, gli fosse stata sciaguratamente sottratta alla stazione di Milano”… Capisaldi immancabili, cui Giovanni ha rispettosamente affiancato i suoi divertimenti sulla natura e sulla storia, la tradizione e la stagione. Per esempio il croissant, confezionato a mano dalla sua pasticciera, farcito con mortadella di maiale nero, stracciatella di bufala e pistacchi oppure il carciofo alla matticella, rivisto con doppia cottura sottovuoto e sul barbecue, servito con maionese leggera all’albume e mentuccia. Oppure il quinto quarto: il cervelletto al burro nocciola con crema di cavolfiore ed erba noce, un’aromatica spontanea, come il tipico abbuoto ciociaro, piatto raro legato alla transumanza, in pratica una coratella di agnello da latte avvolta nelle sue stesse budella e cotta alla brace, accompagnata da cipolle marinate e fondo al barbecue. Servita proprio qui, sul confine fra la città eterna e la Ciociaria, al valico fra i saperi di tre generazioni.

LA RICETTA
Cannelloni della Sora Maria ripieni al pasticcio di vitellone, gratinati al sugo finto di pomodoro e fior di latte

Ricetta per 8/10 persone

Per la pasta

  • 1 kg di farina
  • 10 uova

Per il ripieno

  • 1 kg di carne di vitellone tritata
  • 2 cipolle
  • 2 carote
  • 200 g di champignon
  • 3 bicchieri di vino bianco
  • foglie di maggiorana
  • olio extravergine di oliva
  • sale e pepe

Per il roux

  • 500 g di farina
  • 80 g di burro
  • brodo vegetale caldo
  • sale

Per la salsa di pomodoro

  • 1,5 kg di pomodori San Marzano
  • 1 cipolla
  • basilico
  • olio extravergine di oliva
  • sale e pepe

Per finire

  • 500 g di mozzarella
  • 200 g di Parmigiano Reggiano
  • burro

Il giorno prima preparare il ripieno. Riunire in una casseruola alta e larga tutti gli ingredienti a freddo: la carne tritata, le verdure sminuzzate, la maggiorana, l’olio, il vino, sale e pepe. Mettere sul fuoco e lasciare cuocere per 1 ora circa mescolando spesso, a cottura ultimata versare in un colino e far scolare il grasso in eccesso. Aggiungere a questo punto il roux caldo, preparato in precedenza. Mescolare con 150 g di Parmigiano e amalgamare il tutto, fare raffreddare. Preparare la salsa di pomodoro in modo classico, ma passarla al setaccio per renderla più vellutata. Preparare la pasta in modo classico, tirare la sfoglia, farla asciugare e ricavare quadrati del lato di 25 cm circa. Cuocere in abbondante acqua salata per pochi istanti e fare asciugare su teli di cotone. Il giorno dopo arrotolare la pasta a forma di cilindro su un cucchiaio di carne. Una volta formati tutti i cannelloni, allinearli in piccole pirofile da forno imburrate sul fondo, versare la salsa di pomodoro sulla parte centrale, in modo da lasciare le punte scoperte (si formerà così una gradevole crosticina), rifinire con listarelle di mozzarella e Parmigiano a pioggia, introdurre nel forno al massimo e gratinare il tutto. Servire caldissimo con un calice di Cesanese.

Sora Maria e Arcangelo
via Roma, 42 – Olevano Romano
T. 06 9562402
info@soramariaearcangelo.com
Chiuso: domenica e martedì sera, tutto il giorno lunedì e mercoledì
Ferie: 11-27 luglio, 1-10 febbraio
Carte di credito: tutte tranne diners
Parcheggio: sì, ma a pagamento

ALCUNI PIATTI 

(La battuta di vitellone bianco)


(Frittata di asparagi)


(Lumaconi con guanciale e pecorino)


(Cannelloni)


(Fiore di zucca)


(Risotto con borragine)


(Sfogliette di pasta fritte)