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Il caso

Tre euro l’ora, niente bagno, turni infiniti: scandalo caporalato in Puglia

02 Luglio 2020
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Arrestato Settimio Passalacqua, noto produttore di vini in Manduria, cantina conosciuta da appassionati e addetti ai lavori

Paghe misere, turni impossibili, pause pranzo di 30 minuti (quando venivano concesse) e nemmeno un bagno chimico. Accuse pesantissime per Settimio Passalacqua, noto imprenditore di Apricena in provincia di Foggia arrestato dopo la retata dei carabinieri, messa a segno questa mattina che avrebbe scoperchiato una lunga serie di soprusi ai danni dei lavoratori impiegati nelle aziende dell’imprenditore pugliese. L’uomo, 78 anni, è finito ai domiciliari per sfruttamento della manodopera nelle sue aziende. Arrestato anche il suo braccio destro, il 52enne Antonio Piancone di San Nicandro Garganico. Nell’ordinanza firmata dal gip Manuela Castellabate, su richiesta delle pm Pirrelli e Pensa, si legge che i due indagati “utilizzavano-assumevano e/o impiegavano manodopera costituita da un numero rilevantissimo di lavoratori comunitari o extracomunitari di varie etnie – per lo più di etnia africana e di etnia albanese – approfittando del loro stato di bisogno, riconducibile a precarie condizioni economiche conseguenti, anche disgiuntamente, alla penuria di sbocchi occupazionali alternativi nelle località di dimora, alla carenza di cespiti e fonti di reddito alternative, al livello di scolarizzazione ed alla condizione di immigrato per alcuni dei lavoratori impiegati e in definitiva alla circostanza che i predetti erano giunti in Italia in cerca di sicurezza e di un lavoro che potesse garantire loro la sopravvivenza e quella dei loro familiari”.

Passalacqua in qualità di legale rappresentante delle “Tenute Passalacqua srl società agricola”, dell’impresa individuale “Passalacqua Settimio” e di amministratore di fatto dell’impresa individuale “Passalacqua Nazario Guido”, dell’impresa individuale “Passalacqua Valentina” e dell’impresa individuale “Passalacqua Pierpaolo”, tutte con sede legale ad Apricena. Piancone, invece, in qualità di “preposto delle medesime aziende”. Lo sfruttamento sarebbe consistito “nella corresponsione reiterata ai lavoratori, per lo più a mezzo di denaro contante, della somma oraria variante tra un minimo di euro 3,33 ed un massimo di euro 5,71 ovvero di una paga giornaliera variabile tra 30 e 45 euro, in violazione dei contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali”. Si tratta dunque di un ammontare ritenuto dal giudice “sproporzionato rispetto alla qualità e quantità del lavoro prestato” che dovrebbe equivalere ad una paga oraria netta di 7,70 euro.

I lavoratori venivano impiegati tutti i giorni della settimana “per una media variabile tra le 7 e le 9 ore giornaliere senza concedere loro alcun giorno di riposo, e con una pausa di soli 30 minuti per il pranzo che peraltro non sempre veniva concessa”. Non pervenuta persino la “concessione dei prescritti periodi di ferie e dei periodi di malattia”. Assenti anche i dispositivi di protezione individuale: i lavoratori nelle attività di coltivazione di ortaggi, erano impegnati “in violazione della normativa in materia di sicurezza e igiene sul lavoro”. Relativamente alle aziende “Passalacqua Pierpaolo” e “Passalacqua Nazario Guido”, “Tenute Passalacqua srl”, “Passalacqua Settimio” non sarebbero state fornite informazioni ai dipendenti sui rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro, sulle procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l’evacuazione dei luoghi di lavoro e altre misure preventive. Scarsi anche l’igiene e i soccorsi, gli investigatori non hanno trovato guanti protettivi, scarpe anti infortunistiche e occhiali di protezione. I dipendenti erano inoltre sprovvisti di materiale relativo al soccorso sanitario. Acclarata persino “l’assenza di un bagno chimico nei luoghi di lavoro”.

C.d.G.