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Il personaggio

Carmelo Di Pasquale, il sommelier paziente: “Il vino va lasciato riposare e affinare”

15 Novembre 2019
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(Carmelo Di Pasquale)

di Veronica Laguardia

“Aprire un vino troppo giovane è come mangiare una caramella con la carta. Amo la profondità di annata, se fosse per me proporrei raramente ai miei clienti vini giovani, eccetto per alcuni bianchi e rosati. Preferisco lasciare il vino riposare e affinare, per poter apprezzare la sua evoluzione nel tempo e conoscerlo davvero. È lì che viene il bello ma spesso lo dimentichiamo”. 

A parlare è Carmelo Di Pasquale, che da autodidatta a sommelier in ristorante stellato, ha fatto del vino il leitmotiv della sua vita. E adesso ci racconta il suo lavoro, tra doveri, suggestioni e passioni. Amante del Pinot Noir, annovera tra i suoi territori del cuore le Doc Eloro e Faro, la Sardegna e la Champagne, e predilige i vini bianchi dell’Alto Adige e del Collio. Oggi gestisce una delle più estese cantine del sud Italia, quella del ristorante stellato Locanda Don Serafino della famiglia La Rosa, a Ragusa Ibla. Una cantina che vanta oltre 12.000 bottiglie per 1.800 referenze da tutto il mondo, curata a regola d’arte da Di Pasquale: dalla selezione alla conservazione, dal servizio dei vini agli abbinamenti, sempre calzanti, istintivi ma frutto di una lunga esperienza.

Carmelo Di Pasquale inizia come maitre sommelier, nel 2002, quando la Locanda Don Serafino non aveva ancora conquistato la sua prima stella. Nonostante la provenienza da un altro settore, entra a gamba tesa, scegliendo di intraprendere lo studio del mondo del vino da autodidatta prima, e poi attraverso un corso da sommelier: “La vera formazione per me è stata, e continua ad essere, quella sul campo, attraverso il confronto con colleghi, produttori, clienti, visite in cantina e tante tante degustazioni. Guardando oggi alla ristorazione in Sicilia, sono stati fatti grandi passi avanti, ma spesso, secondo me, mancano figure di sommelier importanti, con profonda esperienza e con la capacità di andare oltre ciò che si impara durante i corsi.”

Dal lontano 2002, sono state tante le bottiglie stappate e le soddisfazioni, tra le altre la prima stella conquistata dallo chef  Vincenzo Candiano nel 2007, che ha dato lustro al ristorante ed è anche stimolo a far sempre meglio. Come il cibo, anche il vino è protagonista dei percorsi di gusto, come racconta Di Pasquale: “Il vino è parte integrante del pasto. In carta abbiamo moltissime referenze sia nazionali che internazionali, specialmente riserve – si parte dal 1923 – con le quali ci divertiamo a sperimentare abbinamenti, a volte un po’ audaci, ma che soddisfano e stupiscono il cliente. Spesso insieme allo chef costruiamo i piatti partendo proprio dal vino.” 

Nonostante i clienti siano molto esigenti e preparati, si lasciano guidare; ma anche le mode hanno il loro peso nella scelta, come spiega Di Pasquale: ” I nostri clienti sono conoscitori del mondo del vino e del cibo, imparo sempre tanto da loro e questo rende il lavoro più interessante. La nostra proposta è molto ampia, ma ci sono vini che attualmente sono particolarmente di tendenza. I vini naturali in primis, e poi anche i vini dell’Etna. Abbiamo una selezione di vini biodinamici in carta, alcuni vanno bevuti giovani e sembrano essere spinti dalla moda del momento, altri li trovo di buon livello. Però ancora non mi posso pronunciare in merito, perché non ho uno storico tale in cantina da poter fare valutazioni sulla longevità.  Spesso preferisco i classici, che aperti dopo 10-15 anni o più, sono ancora strepitosi.” 

Questo è uno dei casi in cui si può davvero dire “vivere di vino”, perché l’head sommelier quando si spoglia della sua divisa, dedica il suo giorno libero alla scoperta del mondo del vino, visitando cantine, incontrando produttori e degustando bottiglie interessanti con amici e colleghi: “Anche il mio giorno libero è dedicato al vino, le bevute memorabili sono quelle che organizzo a casa con gli amici, attingendo alla mia cantina di più di 1.500 referenze; degustiamo alla cieca e ci divertiamo ad indovinare vitigno, annata, regione, ecc., è un importante momento di crescita personale e di gruppo – afferma Di Pasquale – Una, in particolare, tra le bevute memorabili che ricordo con piacere è sicuramente quella con Nicolò Sarzì Amadè dove abbiamo degustato grandi vini francesi”.

Chi non fosse ancora andato a trovarlo alla Locanda Don Serafino, per sperimentare i suoi abbinamenti e visitare l’affasciante cantina, può sbirciare i vini in degustazione cercandolo come “sicilysommelier” su instagram. E lui ci saluta, elencandoci alcuni dei tanti vini degustati che hanno lasciato il segno nella sua memoria: “Alcuni dei vini che mi hanno stupito sono certamente quelli dell’azienda Movia, vini bianchi sloveni di grande longevità. Un trebbiano senza rivali è il Veruzza 2007 di Francesco Guccione. E ancora il Pinot Nero 2005 dell’azienda californiana Caymus e il Premier Grand Cru Classé A, Saint-Emilion 1994 di Château Angelus, per citarne alcuni”.