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La degustazione

I produttori raccontano il Pinot nero dell’Oltrepò: “Ci ispiriamo alla Borgogna”

13 Gennaio 2022
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di Michele Pizzillo

Metti in primo piano due esperti di Pinot nero e dei suoi terroir più vocati.

Armando Castagno, autore del libro “Le vigne della Côte d’Or” sulla Borgogna, e Filippo Bartolotta, da un paio di decenni comunicatore del vino italiano nel mondo e, alle loro spalle, 23 produttori dell’Oltrepò Pavese e scopri che questo è il più importante distretto del Pinot nero in Italia e con i produttori presenti che hanno deciso di crederci un po’ di più rivedendo, quindi, il lavoro finora fatto. Tutto questo è avvenuto a Milano – città sicuramente fra i mercati di riferimento dei vini dell’Oltrepò Pavese che con i suoi 24mila ettari di vigne è anche il distretto viticolo più importante della Lombardia -, con l’evento “Talk ’n’ Toast – Conversazioni sul Pinot Nero: terroir a confronto dalla Borgogna all’Oltrepò”, organizzato presso DaDa in Taverna. Castagno e Bartolotta sono stati concordi nel ricordare che in Oltrepò il Pinot nero riesce, storicamente, ad esprimere con successo le sue due anime, quella importante e pregiata della vinificazione in rosso e quella della raffinata bollicina Metodo Classico: merito delle caratteristiche del suolo e del suo clima particolare, oltre che della capacità e dell’intraprendenza dei viticoltori e delle cantine – soprattutto a conduzione familiare – che guardano al futuro, ispirandosi certamente anche al mito della Borgogna, e continuando ad investire nella sperimentazione, nella sostenibilità e nella ricerca per delineare sempre più l’identità dei loro prodotti in modo che sappiano conquistare gli appassionati, esaltando tutte le caratteristiche del territorio e con un’impronta sempre più internazionale.

(I relatori)

E, hanno anche ricordato che solo in Oltrepò Pavese il Pinot nero trova il suo habitat ottimale, con i primi impianti di Rocca de’ Giorgi, nel 1865, per opera del Conte Carlo Giorgi di Vistarino che, qualche anno dopo, con il piemontese Carlo Gancia, inizia a elaborare e commercializzare lo Champagne italiano. Ad emularlo, alla fine degli anni ’70 dell’Ottocento è Domenico Mazza di Codevilla che assume un enologo originario di Reims al fine di produrre bollicine e in breve tempo si ottengono ottimi risultati sia qualitativi, sia commerciali. Sulla scia di questi successi ottenuti 150 anni fa, i 23 produttori presenti all’evento milanese stanno dimostrando che è arrivato il momento di prendersi onore e onere nell’annunciare di essere il più importante distretto del Pinot Nero in Italia, tanto da sostenere che “l’interesse e il riscontro positivo ci confermano che la scelta di impegnarci in prima persona e di fare squadra, è quella giusta. La promozione è importante se dà modo di raccontare tutto ciò che contribuisce a rendere unico un vino: il vitigno, il territorio, il clima, i viticoltori che lo producono con procedimenti innovativi ma in continuità con una storia che riporta alle tradizioni del luogo”.

(L’OLtrepò pavese – ph Edoardo Vaccaroli)

E, infatti, momenti come l’evento milanese, con competenti narratori come Castagno e Bartollotta, servono sia a produttori perché invogliati ad alzare l’asticella qualitativa del prodotto, sia a chi deve raccontare il vino, che di fatto diventa la voce verso i consumatori. “La rivelazione dell’eccezionalità di un terroir non è un evento così anomalo: è la norma, nella storia delle zone classiche del vino mondiale, e anche l’Italia stessa ha fornito nel recente passato esempi clamorosi. Il senso del terroir, in definitiva, è del resto proprio questo: la sua definizione territoriale è il conseguimento che arriva al culmine – non al termine – di un percorso di conoscenza che la comunità umana intraprende sulle interazioni reciproche tra vari elementi del proprio ambiente – racconta Castagno – L’azione dell’uomo sul paesaggio, della geologia sul vitigno, dell’uomo sul vitigno, la condivisione del sapere tecnico in viticoltura ed enologia, sono elementi fondanti del terroir. Io credo che i vignaioli dell’Oltrepò, che da quasi due secoli lavorano con il Pinot Nero inseguendone i talenti straordinari – resi in declinazioni diverse – stiano marciando tutti insieme, con una coesione che è condizione fondamentale, lungo questo percorso di conoscenza. Che non sarà breve, beninteso, ma che nel suo snodo, in ogni caso, avrà rivelato qualcosa che non si conosce ancora del tutto, e sarà stato quindi preziosissimo. Ritengo che la parola che dovrà scandire questo itinerario sia “rigore”: a livello associativo, di viticoltura, di produzione, di disciplinare, di comunicazione, di sostenibilità economica; in sostanza a tutti i livelli. Un rigore che fa rima, se mi passate il termine, con coerenza e con sobrietà, porta già di per sé reputazione e consenso, da critica e pubblico. Anche perché in questo caso, circostanza della quale siamo pressoché tutti convinti, è speso per conoscere e far conoscere i frutti di un territorio dalle potenzialità straordinarie”.

(La degustazione)

Al talk è seguito il “toast” delle 23 cantine partecipanti che, secondo Bartolotta, hanno permesso di fare riscontrare nei calici del metodo classico una bella continuità espressiva; nei Pinot in rosso, nonostante qualche etichetta che da anni riesce a raccontare l’Oltrepò con grande trasparenza, si percepisce che ci sono state meno vendemmie sulle spalle. Il viaggio, comunque, è iniziato e tutti i produttori presenti sembrano avere la piena consapevolezza dei propri limiti e delle proprie risorse. Queste le cantine presenti con i loro vini a Milano, da DaDa in Taverna.

Alessio Brandolini
Questo giovane vignaiolo è sempre prodigo nel ringraziare quanti gli hanno indicato la strada giusta per essere un ottimo produttore e permesso di mettere insieme 13 ettari di vigna dove seleziona le uve Pinot necessarie per proporre degli ottimi Metodo classico.

Azienda agricola La Travaglina
E’ il nome della cascina dove Angelo Dacarro fondò l’azienda nel 1967 che oggi è gestita dai nipoti Stefano ed Elisabetta che curano una vigna di 30 ettari in un unico corpo attorno al casolare. E’ un’azienda che limita i trattamenti con fitofarmaci ed evita l’utilizzo di erbicidi. I vini si fregiano tutti di un nome o di un’etichetta che ne racconta la storia.

Azienda agricola Pietro Torti
Con l’arrivo di Chiara, figlia di Alessandro (entrambi enologi) la famiglia Torti è arrivata alla quinta generazione alla guida dell’azienda fondata nel 1960, diventando subito punto di riferimento per il pinot nero e la croatina.

Azienda agricola Quaquarini Francesco bio
Francesco Quaquarini ha affidato la cura dei 60 ettari di vigna e della cantina ai figli Umberto (che è pure l’enologo) e Maria Teresa, anche loro impegnati a valorizzare i vitigni autoctoni e a produrre con grande rispetto per la tradizione così come faceva papà Francesco. L’azienda è stata premiata con la Bandiera Verde Agricoltura.

Ballabio
Fondata nel 1905 da Angelo Ballabio che fu fra i primi a sperimentare il metodo classico e a praticare una viticoltura rispettosa dell’ecosistema e dei suoli. Stesso metodo seguita da Filippo Nevelli, attuale proprietario dell’azienda che ha adottato la carta etica con le pratiche di vigna (50 ettari) e cantina che è una delle più moderne dell’Oltrepò.

Bruno Verdi
Paolo, figlio del fondatore, ha conquistato il Tastevin della guida Vitae dell’Ais perché produce un vino che ha contribuito ad imprimere una svolta produttiva al territorio di origine e, quindi, rappresentando un modello di indiscusso valore per la regione. Verdi è proprietario di 10 ettari di vigna.

Cantina La Versa
Nel passato, questa cantina cooperativa, è stata una delle protagoniste dalla spumantistica nazionale. Poi l’eclisse. Adesso è iniziato il rilancio, ovviamente con le bollicine però affiancate da una bella collezione di vini fermi. Le vigne di proprietà dei soci della cantina si estendono su 1.300 ettari.

Cantina Scuropasso
Fabio Marazzi è un punto di riferimento per il metodo classico dell’Oltrepò Pavese per la qualità della sua produzione. Adesso, con la presenza in azienda della figlia Flavia, Fabio può dedicarsi anche alla cura di altri vini come il Buttafuoco Storico e il riesling italico, coltivato in una vigna impiantata 40 anni fa.

Cantine Giorgi
La famiglia Giorgi è un’altra famiglia che ha contribuito a fare la storia della viticoltura dell’Oltrepò Pavese e valorizzando in modo particolare gli spumanti Metodo Classico a base di uve Pinot nero selezionate nelle vigne – 60 ettari – di proprietà. Adesso produce anche il Buttafuoco storico di Gerry Scotti.

Castello di Cigognola
Un castello appena restaurato che oltre a dominare una grande distasa di vigne è dimora carica di affascinanti vicende nonché di storie familiari e di memorie culturali delle famiglie Arnaboldi, Brichetto e Moratti. Ai suoi piedi i 27 ettari di vigna che cura Gabriele Moratti subentrato ai genitori della gestione dell’azienda vitivinicola.

Conte Vistarino
La Tenuta di Rocca de’ Giorgi è la vera casa del Pinot nero, dove è stato impiantato per primo nel 1865. L’azienda si estende su 800 ettari, di cui 200 vitati e la metà a Pinot nero con vigne alternate a zone boschive per garantire una naturale biodiversità e il contesto ideale per questo vitigno non facile da trattare. La cura è affidata a Ottavia Giorgi di Vistarino.

Cordero San Giorgio
Azienda fondata dai fratelli Francesco, Lorenzo e Caterina Cordero, figli di Mario che per anni è stato proprietario della piemontese Vietti che produceva Barolo. I fratelli Cordero – i maschi sono entrambi enologi _ coltivano in regime biologico e secondo i principi di sostenibilità pinot nero, pinot grigio, chardonnay e barbera.

Finigeto
E’ un’azienda piuttosto giovane, fondata nel 2005 da Aldo Dallavalle, che da il nome della frazione di Montalto Pavese dove sono situati gran parte dei 42 ettari di vigna di proprietà. Che è anche una zona molto vocata per il riesling che un’altra uva molto utilizzata da Dallavalle.

Frecciarossa
E’ da oltre un secolo che la famiglia Radici Odero è da annoverare fra i protagonisti della storia vitivinicola dell’Oltrepò Pavese, dove possiede 21 ettari di vigna, e che adesso pone grande attenzione alla biodiversità oltre a vinificare solo uve di proprietà., con una bella selezione di vini.

Giulio Fiamberti
Erede di una famiglia che produce vino dal 1814 quando Giovanni Fiamberti acquista la vigna Solenga. E’ fra i fondatori del progetto Buttafuoco Storico e, nello stesso tempo, Giulio si è dedicato anche alla produzione del metodo classico con ottimi risultati. La proprietà è di 20 ettari di vigna.

La Genisia
E’ un brand della Cantina sociale Torrevilla che conta su 600 ettari di vigne di proprietà dei soci. Una visita alle cantine di Codevilla e Torrazza Coste nonché alla torre vinaria utilizzata per la vinificazione delle uve rosse è una esperienza imperdibile.

La Piotta
Piotta è la pietra che predomina nei 35 ettari di vigna impiantati nel 1985 dalla famiglia Padroggi. Adesso in azienda è all’opera è la terza generazione che continua a produrre vini biologici certificati oltre ad alcune etichette di vino vegano.

Manuelina
Il nome è una sorta di escamotage dei fratelli Antonio e Paolo Achilli, che per non utilizzare il loro cognome molto diffuso nella zona, hanno pensato a Manuelina, figlia di Paolo. Questa scelta denota anche una salda identità familiare di un’azienda che può contare su 26 ettari di vigna.

Marchese Adorno
E’ l’anno del ventennale dell’azienda di Marcello Cattaneo Adorno, conosciuta come cantina aperta dagli enoappassionati, per lo stile dell’accoglienza e dell’ospitalità e per l’esperienza che assicura. I vigneti, 60 ettari, si affacciano sulle sponde meridionali del fiume Po. Nella splendida cantina vengono organizzati eventi e percorsi per scoprire la natura circostante.

Monsupello
Carlo Boatti è uno dei pionieri della spumantistica lombarda e la moglie Carla i figli Laura e Pierangelo continuano a portare avanti con grande impegno e dedizione questo impegno. Anche perché Boatti aveva impostato tutto sulla personalità dei vini e sulla valorizzazione dei suoi 55 ettari di vigna.

Montelio
E’ una delle cantine storiche dell’Oltrepò, attiva dal 1848 e attualmente portata avanti dalle sorelle Caterina e Giovanna Brazzola che rappresentano la settima generazione di questa famiglia che ha dato un contributo importante alla crescita della viticoltura lombarda. L’azienda può contare su 22 ettari di vigna di proprietà.

Tenuta Mazzolino
E’ tutta una storia al femminile per questa tenuta, visto che nel 1980 Enrico Braggiotti aveva scelto questo posto come luogo di villeggiatura mentre la figlia Sandra intuì subito che avrebbe avuto un futuro enologico promettente. Come è avvenuto, con la consulenza di enologi francesi: adesso è tutto nelle mani della figlia Francesca Seralvo, che ha lasciato la professione di avvocato per continuare a produrre vino.

Tenuta Travaglino
Con i suoi 400 ettari in corpo unico, di cui 80 vitati, 12 cascine, un borgo antico e una locanda, è davvero un universo di universo di emozioni ricco di storia, tradizioni, gusto e straordinaria vocazione vitivinicola. Di proprietà della famiglia Comi dal 1868, oggi è portata avanti dalla quinta generazione rappresentata dai fratelli Cristina e Alessandro.