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Le grandi verticali

Vorberg, guai a dare del vecchio al Pinot Bianco

25 Novembre 2013
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La testimonianza dell’incredibile longevità del vino di punta della cantina di Terlano

di Francesca Ciancio

La parola “vecchio” spaventa.

Si usano spesso dei sinonimi, tipo “antico” “vissuto” “di grande esperienza”. E invece è una parola bellissima, perché ha in sé la forza di ciò che ci sopravvive: le montagne, l'acqua, il vento. Anche i vini vecchi sono così. Indifferenti al nostro umore. Eppure pronti a farsi bere. Come i bianchi della Cantina di Terlano.

Terlano, è un paese che, percorrendo ad alta velocità la superstrada tra Bolzano e Merano, passa praticamente inosservato. Quando, invece, si arriva dalla provinciale dopo avere attraversato la frazione Siebeneich (Settequerce), il ripido pendio vitato che domina l'abitato del comune si apre in tutta la sua maestosità. L'intera parete è composta da un blocco di porfido quarzifero, ricoperto da uno strato sottile di terra utile, che nelle parti più alte tende a scomparire. Da questi terreni e dall'altitudine dei vigneti (da 400 a 900 metri slm) il Pinot Bianco Vorberg trae la sua forte e inconfondibile mineralità. Undici produttori per 20 ettari con il guyot comparso 20 anni fa e i vigneti più vecchi ancora a pergola. Poi c'è la sapienza degli uomini, che è tempo che si tramanda: prima Sebastian Stocker che ha svelato le incredibili doti di longevità di questo terroir, poi Hartmann Donà e infine Rudi Kofler che ha continuato a esaltarne le caratteristiche. Un’ennesima dimostrazione l’abbiamo avuta con la bella verticale svoltasi in occasione dell’ultimo Merano Wine Festival. Perché fare i conti con la vecchiaia può dare enormi soddisfazioni.
 

Vorberg dal 2011 al 1956

2011
Naso mieloso e morbido, di grande intensità, annata più esotica di altre che abbassa un po’ il livello di complessità. La mineralità tuttavia non manca e sul finale diventa sapido con note di agrumi e un leggero fumé
2010
E’ la versione più equilibrata del precedente, dove grassezza emineralità sono ben bilanciate. Torna il miele insieme alla canfora e alla pietra focaia, salino in chiusura e molto lungo. Note verdi che fanno prevedere un bell’invecchiamento.
2007
 Intenso e ampio; discreto sviluppo con note di erbe secche e ananas, poi fiori di sambuco e susina. Vibra meno del 2010 e regala una beva con meno asperità, più confortevole che tuttavia cede prima in lunghezza. Una bottiglia da bere adesso con grande piacevolezza.
2005
Bello fin dal colore con un paglierino che vira verso il dorato intenso. Molto complesso nel susseguirsi di note: erbe fresche, tabacco dolce, pietra focaia, roccia, felce. La bocca è tesa e ricca in acidità e inmineralità e va a chiudersi salina.
2002
Qui scendiamo di un po’. Non c’è nulla che non vada: erbe aromatiche, fiori bianchi, mineralità, agrumi, bocca ricca e al contempo fresca. Ma tutto un tono sotto che lascia prevedere la necessità di maggiore apertura della bottiglia.
1997
Dal colore si direbbe ancora giovane, con i suoi riflessi verdolini. Al naso torna il giusto equilibro tra grassezza e sapidità. Note eleganti di canfora e anice. In bocca invece comincia ad avvertirsi qualche nota più evoluta.
1987
A una parte della sala vengono servite bottiglie non in forma. Nel mio bicchiere il vino risulta grezzo e scomposto con note evidenti di terziari, è un vino potente ma scarseggia in finezza. Anche la lunghezza dopo poco svanisce. L’altra metà della sala ha giurato che fosse un vino strepitoso!
1979
E’ un vino lasciato in affinamento sulle fecce per dieci anni e poi imbottigliato ed è la prima sperimentazione a Terlano di vino Sur Lie.Ancora verdolino, di una brillantezza commovente. Intenso e giovane,scalpitante ma anche molto elegante. Al naso note di biancospino, gesso, frutta bianca. In bocca una complessità che cresce con costanzae che alterna sensazioni morbide – nocciola, mandorla, canfora – ad altre più “fredde” come erbe aromatiche e mandarino verde. SecondoDecanter il 1979 è tra i 100 vini da bere prima di morire.
1966
Oro spento e piuttosto evoluto. I terziari vengono subito al naso con crosta di pane, biscotto, caffè e spezie. Bocca grassa e potente, ma sul finale si avverte l’amarognolo dell’invecchiamento non equilibrato.
1956
Molto più fresco e vivo del decennio precedente. Gioca tra grassezza e mineralità; le note appena evolute sanno di fico secco, frutta candita e albicocca e lo avvicinano a un passito. In bocca è caldo grazie a sentori di caffè, cioccolato, carrube e con finale leggermente affumicato.
The Next: nel 2014 uscirà il 2002 Sur Lie