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La degustazione

Caserta, Salerno, Sannio, Irpinia e Vesuvio: l’importanza di una Campania unita

25 Maggio 2022
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di Titti Casiello

Merita un ragionamento l’appena conclusa kermesse di Campania.Wine Sustainability che, con grande successo di pubblico e di critica, dimostra “l’importanza e il valore di un’immagine della Campania unita” come afferma Libero Rillo presidente del Sannio Consorzio Tutela Vini.

E così i cinque consorzi maggiormente rappresentativi del territorio campano – del Sannio, dell’Irpinia, del Vesuvio, di Caserta, di Salerno oltre che il consorzio del Pomodoro del Piennolo – hanno, fatto, dell’ “erga omnes” il loro motto dimostrando che l’“inter partes” da solo non può far del bene ad una regione come la Campania, “patria di diversità e sfaccettature che necessitano di essere raccontate nella loro totale unicità per poter essere valorizzate” secondo Cesare Avenia presidente del Consorzio Tutela Vini Caserta. Raggiunge, dunque, l’obiettivo, allora, Campania.Wine Sustainability che, nell’ambito della campagna Medways_EU: from Mediterranean to the East, new Ways to advance Sustainability in Europe, ha dato visibilità e sostegno ad oltre 150 aziende del territorio campano che con circa 600 referenze presenti ha permesso ad ogni singolo, anche infinitesimale, lembo di terra vitivinicolo, di essere esaltato, trovando il suo giusto e doveroso spazio nella manifestazione. “Avanti a me e soprattutto accanto a me ho trovato tante persone che mi hanno dato fiducia ed è stato lo spirito di coesione che ci ha permesso di camminare tutti verso un unico obiettivo: quello di promuovere i nostri territori e soprattutto quelle piccole realtà e denominazioni che altrimenti sarebbero rimaste sempre nell’ombra”, afferma un entusiasta Ciro Giordano presidente del Consorzio Tutela Vini del Vesuvio. Ad aprire le danze, nei due giorni di vini della Campania, è stato un lungo “walk around wine tasting” che si è tenuto nel porticato del palazzo Reale di Napoli dove tra i tanti spazi espositivi dei produttori campani, entusiasti winelover e turisti “armati” di calici, hanno degustato e conosciuto le diverse denominazione campane. “Le vie del vino sono diventate lunghe strade parallele, dove si sono stretti a braccetto, in un unico lungo percorso senza interruzioni di sosta, tutti i territori campani: dal Cilento sino all’Irpinia, passando per l’alto Casertano ed il Sannio” così descrive il co-sharing, creatosi nei giorni della manifestazione, Teresa Bruno, neo presidente del Consorzio di Tutela dei Vini d’Irpinia.

Ed ampio respiro e spazio è stato dedicato anche alla stampa di settore tra laboratori enogastronomici con il Pomodorino del Piennolo del Vesuvio Dop e masterclass specializzate tenutesi nelle sale del Palazzo Reale di Napoli e del Maschio Angioino. “L’obiettivo delle masterclass non è dare risalto al singolo produttore, ma al calice. La Campania vanta, infatti, il più alto numero di vitigni autoctoni dopo la Calabria e i vini campani rappresentano la sintesi perfetta della biodiversità territoriale” afferma il presidente del Consorzio di Tutela dei Vini di Salerno, Andrea Ferraioli. E così quattro sessioni di degustazione hanno fornito le coordinate da seguire per la Campania da bere in un percorso che, dalle bollicine sino ai rossi, ha messo in risalto i territori e le loro denominazioni d’origine.

SPUMANTI

Gli spumanti campani devono essere valutati senza paragoni. Tabula rasa nelle vostre menti dunque, perché la spumantizzazione campana deve essere considerata come uno dei modi in cui può esprimersi il vitigno e non come una ricerca di sinonimi o contrari tra le spumantizzazioni di altre zone. Ed ecco che il minimo comune denominatore in una bollicina campana, diventa solo la personale ed individuale espressione del vitigno.

Aversa Asprinio Dop Metodo Classico Extra Brut “Cripto” – I Borboni
Una bollicina prodotta dalle tipiche viti maritate di Asprinio d’Aversa – per le quali è in corso un loro possibile riconoscimento come patrimonio immateriale dell’Unesco – dal sorso tanto fresco quanto sapido caratterizzato da una distintiva nota di cedro nel finale.

Selim – Viticoltori De Concilis
Un metodo Martinotti cilentano che omaggia la grande musica di Miles Devis, Selim, infatti è l’anagramma del nome dell’eclettico jazzista americano, che regala, in questo caso una sinfonia di note floreali di petali bianchi e la fragranza di una mela smith accompagnandola in un sorso equilibrato, dalla spumantizzazione non perentoria e dal finale disteso e piacevole.

Greco di Tufo Docg Spumante Riserva Extra Brut “Anni Venti” – Cantine di Marzo
36 mesi sui lieviti per un metodo classico di solo Greco di Tufo dal bouquet intrigante di agrume e petali di rose che lasciano spazio alle tipiche note di panificazione. Sorso strutturato e fresco sul finale.

Falanghina del Sannio Dop Spumante Brut Millesimato “Cinquantenario” – La Guardiense
Un millesimato classe 2012 di Falanghina in purezza che dopo 60 mesi sui lieviti, regala un sorso di precisione, dalla dolcezza fruttata, che non stanca mai nel finale.

BIANCHI

Nella seconda batteria è il tempo e il territorio a prendere la parola, e così in un viaggio tra la Costiera Amalfitana, l’Alto Casertano, l’Irpinia e il Beneventano, la conferma è che il dono della longevità non è solo una prerogativa dei vini rossi campani, ma anche di alcuni vitigni a bacca bianca che paiono geneticamente nati per invecchiare a ritroso, come un Benjamin Button.

Costa d’Amalfi Doc Furore Bianco “Fiorduva” 2020 – Marisa Cuomo
Ripoli, Fenile e Ginestra i vitigni che presentano il territorio di Furore, fulcro vitivinicolo della Costiera Amalfitana in un calice che pur nella sua iniziale evoluzione pare già connotarsi di potenzialità grazie a uno spettro olfattivo complesso tra note mielate e frutta a polpa gialla, mentre un sorso sapido viene contemperato da una buona dose di morbidezza.

Falerno del Massico Dop “Vigna Caracci” 2018 -Villa Matilde Avallone
La longevità di una Falanghina viene rappresentata nell’alto Casertano, alle pendici del vulcano spento di Roccamonfina, in un calice che profuma di iodio e frutta verde, mentre una nota spiccata di limone e acidità caratterizzano il sorso.

Fiano d’Avellino Docg 2016 – Case d’Alto
L’areale di Lapio si mostra da sempre una delle zone più vocate per la vinificazione del Fiano di Avellino in Irpinia. A confermalo è l’annata 2016 in un calice dalle note leggermente fumè e di idrocarburo, dove il sorso fresco, fruttato e sapido dimostrano la lunga vita del Fiano.

Falanghina del Sannio Vendemmia Tardiva Doc “Libero” 2015 – Fontana Vecchia
Nell’annata 2015 la Falanghina del Taburno, in contrada Torrecuso poco distante da Benevento, si esprime in un bouquet intrigante dal sorso che contempera la sua matericità ad una buona dose di freschezza.

ROSATI

Da sempre poco presente nel patrimonio vitivinicolo campano, il vino rosato ritorna in auge soprattutto grazie ad alcune zone particolarmente vocate e alle sue denominazioni.

Lacryma Christi del Vesuvio Doc “Forgiato”2022 – Cantine Villa Dora
A Terzigno, in provincia di Napoli, vigne con vista privilegiata direttamente sul golfo del Vesuvio, regalano un rosato che pare la sintesi perfetta del suo blend: Piedirosso e Aglianico dai profumi sottili e tenui di buccia di pesca e petali di rosa rossa che fanno da apripista ad un sorso fresco e dalla lunga scia sapida.

Roccamonfina Igp “Torelle” 2020- Torelle
L’eleganza olfattiva prende forma tra profumi di rosa e sbuffi sulfurei, sulle colline di Sessa Aurunca, la parte più settentrionale della Campania Felix. Mentre un sorso che vira verso le sue morbidezza, si connota di una maggiore verve gustativa grazie alla dinamicità regalata da una nota sapida.

Irpinia Doc “Visione” 2021 – Feudi di San Gregorio
L’equilibrio nel palato è tutto in un gioco forza tra freschezza e morbidezza, mentre uno spettro olfattivo floreale semplice e delicato fanno da preludio al suo sorso.

Cilento Igp “Furano”- Il Colle del Corsicano
Una bottiglia non propriamente perfetta che non consente di esprimere note di degustazione. Da riprovare.

ROSSI

Lacryma Christi del Vesuvio Doc 2019– De Falco
La nota di geranio e di peonia introduce il bouquet tipico di questo blend di Aglianico e Piedirosso allevati nel cuore del parco nazionale del Vesuvio, dal sorso sottile che gioca sulla giovialità e freschezza. Ideale con un piatto di pesce.

Cilento Dop “Cenito” 2020- Luigi Maffini
Note fumè e tostate che lasciano spazio alla salamoia e a un gusto che mostrandosi ancora un po’ contratto, dai tannini in divenire, lascia presagire la sua potenzialità futura.

Aglianico del Taburno Docg “Furius” 2017 – Votino
Note floreali per un Aglianico del Taburno, prodotto in provincia di Benevento, a Montesarchio, che in retronasale regala una piacevole nota di arancia sanguinella.

Falerno del Massico Dop “Conclave” 2019 – Gennaro Papa
Confetture e marmellata di ciliegia e palato dalla struttura tanica ben integrata per un Falerno del Massico dall’ appagante piacevolezza gustativa nel finale.

Taurasi Riserva Docg 2017 – Donnachiara
In provincia di Avellino, a Montefalcione, l’aglianico sviluppa un sentore leggermente affumicato che arieggia su una distintiva nota di ciliegia e mora anticipando un sorso equilibrato tra struttura tannica e morbidezza.