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La degustazione

Il Lambrusco mostra il suo lato moderno: “Non è più il vino di 40 anni fa”

09 Maggio 2023
Giacomo Savorini e Giuseppe Carrus Giacomo Savorini e Giuseppe Carrus

Il futuro del Lambrusco? Da un lato proteggere la propria autenticità all’estero tramite un sistema anticontraffazione attualmente allo studio. Dall’altro, far conoscere le proprie varianti, di profumi, di persistenza e di colore ma non solo, ancora poco note, rispetto alla versione “mainstream” del vitigno emiliano: rosso, fresco, frizzante e semi-dolce. Varianti che un gruppo di operatori del settore ha potuto assaggiare in occasione della masterclass “Tutte le sfumature del lambrusco doc”, che si è tenuta alla Città del gusto del Gambero Rosso di Palermo, a Palazzo Branciforte. I 14 vini proposti, con le loro profonde differenze, fanno a pezzi un cliché. “Il Lambrusco non è più solo il vino che era 40 anni fa, oggi è il vino dei colori, dal bianco al rosso scuro”, ha spiegato Giacomo Savorini, direttore del consorzio di tutela del Lambrusco doc, che ha guidato la degustazione insieme a Giuseppe Carrus, curatore della guida “Vini d’Italia” del Gambero Rosso. “Dato che abbiamo una gamma di colori così diversi, abbiamo deciso di non catalogarli più e di lasciarli alla libera interpretazione del consumatore”, ha aggiunto.

Insomma, il ventaglio di caratteristiche che emergono dalle varietà di un solo vitigno è così ampio che non si parla più di Lambrusco, ma di “lambruschi”: si va dalla sapidità e acidità del Sorbara doc “L’Eclisse” di Paltrinieri, alla morbidezza, alla complessità e alle note fruttate del Reggiano doc “Il Ligabue” di Cantina di Gualtieri, fino alla sapidità e all’impronta tannica ben bilanciata del Grasparossa di Castelvetro doc “Sudigiri” di Pezzuoli. L’evoluzione del Lambrusco è da attribuire anche alle nuove generazioni che hanno preso il testimone di aziende storiche dell’Emilia-Romagna, come la Cleto Chiarli o che hanno fondato nuove piccole cantine, come la Ventiventi (nome dell’anno di fondazione) e la Fattoria Moretto, o ancora, dando vita a cooperative, come la Settecani o la cantina di Carpi e Sorbara. Spesso con uno sguardo attento alla sostenibilità. Sta a loro oggi la responsabilità di tutelare l’originalità di un prodotto che viene esportato in 90 paesi del mondo. Per questo, “il consorzio di tutela del Lambrusco doc sta studiando e porterà avanti una sperimentazione per la tracciabilità dei vini Igt Emilia, in particolare per la tipologia Lambrusco – conclude Savorini – in modo da garantire al consumatore, tramite un ‘bollino’ anticontraffazione, l’autenticità del prodotto fatto nel nostro territorio”.