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L'azienda

Dalla terra al calice: “Cinque” e la riscossa di una famiglia abruzzese

15 Aprile 2025
Paolo Di Sipio e Daniele Di Pillo Paolo Di Sipio e Daniele Di Pillo

Il debutto è avvenuto solo qualche giorno fa, al Vinitaly. Si chiama “Cinque”, l’ultima creazione della cantina abruzzese Di Sipio. Cinque è un blend di cinque vitigni, sintesi di ricerca, passione e territorio, ma anche un omaggio a una storia profondamente italiana, quella della famiglia Di Sipio. Una storia che affonda le sue radici a Ripa Teatina, tra l’Adriatico e la Maiella, dove Nicola Di Sipio – all’inizio degli anni Duemila – ha acquisito la tenuta in cui, da ragazzo, faceva il mezzadro insieme al padre Giuseppe. Un gesto che ha segnato la svolta: dal lavoro nei campi per conto terzi alla nascita di una delle aziende vitivinicole più solide e riconosciute della regione.

“Abbiamo iniziato per passione, con l’idea di produrre poche migliaia di bottiglie di bollicine da bere in famiglia e con gli amici. Ma quella passione è diventata presto qualcosa di molto più grande”, racconta Nicola, che oggi guida l’azienda con visione e determinazione. Cinque è anche un simbolo di equilibrio e di futuro: cinque varietà per raccontare una sola identità, quella di un Abruzzo che sa innovare senza dimenticare le proprie radici. Non è un vino qualunque, ma il frutto di un percorso che ha saputo trasformare un sogno personale in una realtà imprenditoriale solida, capace di coniugare artigianalità, precisione enologica e ambizione. In un mondo del vino sempre più affamato di autenticità, Di Sipio rappresenta un caso: quello in cui il bracciante diventa produttore, e il vino diventa voce di una riscossa familiare.

“Cinque è un vino che parla di noi, della nostra storia e del nostro territorio. È anche un segnale di come, partendo da un’idea semplice ma radicata, si possa arrivare lontano. Sempre, però, con i piedi ben piantati nella terra”, aggiunge Nicola Di Sipio. Lo abbiamo assaggiato. Al naso spiccano profumi di rovo, prugne speziate e ribes nero con complesse note di legno di cedro, scatola di sigari ed umami. Con il passare degli anni emergono complessi aromi di cuoio, goudron e sottobosco. L’equilibrio tra l’espressione della frutta nera e quella rossa varia a seconda dell’annata. Al palato di corpo pieno con consistenza polposa e di straordinaria concentrazione. Seducente la tensione tra il frutto, la solida acidità e il tannino finissimo e gessoso che si conclude con un finale di interminabile e saporosa persistenza.