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L'azienda

Quella joint venture dei Planeta con i francesi Oddo: “I nostri vini da una Sicilia sconosciuta…e siamo solo all’inizio”

21 Maggio 2025
In foto Francesca Planeta, Alessio Planeta e Lorraine Oddo In foto Francesca Planeta, Alessio Planeta e Lorraine Oddo

Serra Ferdinandea è il nome dell’azienda ma anche il luogo da cui è partito il progetto. Investimento da 3 milioni. Dal 2021 bianchi, rossi ma anche grano, legumi…

“Questo è un progetto agricolo. Partiamo dall’agricoltura. L’attualità di Serra Ferdinandea è nel luogo, non nel bicchiere”. Il produttore siciliano Alessio Planeta non la dice per impressionare, ma con la consapevolezza di chi sa che le radici, prima di dare il frutto, devono stare a lungo sottoterra. Arriviamo a Serra Ferdinandea, in un angolo nascosto della Sicilia, dove il vino non è il punto d’arrivo ma la conseguenza naturale di una scelta.

L’azienda agricola biodinamica nasce dall’intesa di due famiglie: gli Oddo, imprenditori con radici francesi e passione per il vino, e i Planeta, che da generazioni raccontano la Sicilia con le vigne. I primi hanno scelto la Sicilia tra tante regioni italiane. I secondi hanno scelto di legarsi a un’azienda di respiro francese. Entrambi con un’idea chiara: portare la Sicilia del vino ancora più in alto, ancora più lontano. Ma senza perdere l’anima agricola, il legame profondo con la natura.

Per arrivarci si parte da Sambuca di Sicilia, uno dei borghi più belli e più silenziosi dell’isola. Si prende la Strada Reggia, ci spiega Planeta mentre ci dirigiamo verso le vigne, “una vecchia provinciale che un tempo collegava Sambuca a Sciacca”. La strada, ormai trazzera, è un poco in salita. Le colline diventano sempre più nude, poi rocciose. Si entra in un paesaggio che sembra cambiarti davanti agli occhi: radure, creste, pietra viva. In dialetto le chiamano “serre”, e forse è anche per questo che il luogo si chiama così. Arriviamo in cima dove troviamo Cecilia Carbone, responsabile del progetto Serra Ferdinandea che ci racconta la storia e le peculiarità del luogo. Lassù, quasi su un palcoscenico privilegiato, un tavolo e due sedie, posti per chi vuole godersi il paesaggio (e il silenzio).

All’improvviso, si apre la vista. Un’altura a 450 metri sul livello del mare, dove lo sguardo scivola via tra i boschi e si perde verso sud, verso Pantelleria. E proprio lì, se il cielo è limpido e il mare fermo, puoi intuire dove dorme l’Isola Ferdinandea: apparsa dal nulla nel 1831, dopo un’eruzione vulcanica, contesa da francesi, inglesi, borbonici. E poi sparita di nuovo, risucchiata dalle acque. Un’insula in mari nata, figlia del fuoco, che non ha mai avuto un padrone. Un’isola fantasma che ha ispirato Verne, Pirandello, Camilleri. Un nome perfetto per un progetto che nasce fuori dal tempo e dal rumore. Poco distante dal punto in cui ci troviamo, sul Monte Kronio, è stato ritrovato il più antico vino d’Occidente: 6.000 anni fa, già si fermentava uva in grotte sulfuree. Non lontano, il palmento rupestre fenicio della “Risinata”, scavato nella pietra viva, racconta che qui la viticoltura è storia.

Gli Oddo e i Planeta ci hanno creduto insieme. Hanno investito tre milioni di euro, non per fare numeri, ma per fare bene. La prima annata è uscita nel 2021. L’azienda si estende su circa 110 ettari tra i 400 e i 450 metri di altitudine, in un paesaggio ancora vergine. I numeri raccontano un progetto ambizioso e al tempo stesso misurato: 17 ettari di vigneto coltivati con varietà Grillo, Sauvignon Blanc, Syrah e Nero d’Avola danno vita a tre vini Sicilia DOC – bianco, rosato e rosso – ancora in produzione limitata, con meno di 40.000 bottiglie. Accanto alla vite, ci sono 60 ettari di boschi e macchia mediterranea e dieci ettari destinati a ceci, fichi e all’antico grano siciliano Perciasacchi. L’apicoltura, con 50 arnie di ape nera sicula, completa il quadro, contribuendo all’equilibrio dell’ecosistema e alla produzione di un miele millefiori autentico.

A guidare tutto questo ci sono due donne giovani e competenti: Cecilia Carbone, ligure trapiantata in Sicilia, e Lorraine Oddo, che porta con sé una visione nuova e internazionale. “La grande interdipendenza che osserviamo oggi tra colture e animali, e l’equilibrio che regna tra questi, ci suggerisce che stiamo andando nella giusta direzione”, afferma Carbone. La biodinamica è seguita da Adriano Zago, l’enologia da Florent Dumeau.

Finita la nostra visita in vigna, degustiamo i vini, accompagnati dai piatti dello chef Angelo Pumilia, pura espressione d’arte, capace di raccontare e tradurre in gusto la bellezza e la biodiversità del territorio, visitato prima. Partiamo dal Doc Sicilia bianco 2023, da Grillo e Sauvignon, ha profumi di limone e finocchietto, la sapidità del mare e un finale minerale. Il Doc Sicilia Rosato 2024, da Syrah e Nero d’Avola, è floreale, fine, con quella vena salina che trovi solo qui. Il Doc Sicilia Rosso 2021 è un blend elegante, con frutti scuri, erbe mediterranee, tannini che accarezzano più che graffiare. Serra Ferdinandea è giovane, sì. E i primi passi, anche al calice, fanno intuire le potenzialità del progetto, con radici profonde e sguardo lungo. “Muoviamo i primi passi – dice Alessio Planeta – ma crediamo molto sull’evoluzione di Serra Ferdinandea”. La distribuzione avviene attraverso un negociant di Bordeaux, DIVA: un network di grande respiro e prestigio. La produzione a regime si stima di 200.000 bottiglie.