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L'iniziativa

La Sicilia incontra il Giappone: metti una cena a tavola con una selezione di sake

15 Ottobre 2017
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(Marco Callegari, Margaux Gargano e Mauro Cutuli – ph Alessandro Castagna, Cook Agency)

di Federica Genovese

Il modo migliore per far apprezzare ad un siciliano un prodotto estero, è abbinarlo ad un gusto familiare, rimarcandone affinità e differenze e far sì che vengano superate le diffidenze da “straniero”. 

L’Etna ed il Giappone riducono la distanza fisica e simpatizzano, si confrontano e scoprono di avere in comune, oltre che la natura vulcanica, una serie di aromi e profumi sorprendenti. Cocktail bar, enoteche e ristoranti siciliani di alto livello, nella zona tra Catania e Taormina, passano a pieni voti la selezione dell’azienda Velier per il suo Weeks tour che si è tenuto dal 7 al 14 ottobre, volto alla promozione del bere intelligente a proposito di qualità. Il tema quest’anno è il Sake, l’antichissima bevanda giapponese. A rappresentare l’azienda Margaux Gargano e Marco Callegari, brand manager Velier.


(ph Alessandro Castagna, Cook Agency)

La 17esima delle 21 tappe del “Velier Weeks 2017”, si consuma in una già autunnale Zafferana Etna, dove i rumori della folkloristica e frequentatissima “Ottobrata” attraggono come il miele pregiato che qui si produce, ma rinviano i palati esigenti ed esperti in un luogo di culto, il Sabir Gourmanderie. Dove Sabir è assonanza (poiché parla in una lingua mediterranea di “saper fare”) con Seby Sorbello, chef e patron del gourmand isolano con profonde ed ostentate radici nel terreno vulcanico. Ma il vero patron è sempre lui, il Vulcano che da queste parti viene declinata al femminile “La (montagna) Etna”. Lo chef, forte dell’unicità dei nostri prodotti, si spinge ad oriente per proporre un menù sapientemente creato al fine di ospitare e mettere a suo agio il sake giapponese. Qui dove la sciara si calpesta e si respira, si assaggiano nuove combinazioni.

L’inflessione linguistica di chi ci fa entrare nel merito di questa antica bevanda è quella torinese di Marco Callegari, ma ancora un passo indietro bisogna fare per creare la connessione Sicilia-Giappone, ed attraccare nel porto di Genova visto in bianco e nero. Casimiro Chaix, addetto commerciale del Consolato Francese di Genova, fonda nel 1947 la Società “Velier”, che importa e commercia vini e liquori soprattutto nel nord Italia. La mission dell’azienda, ricercare e distribuire prodotti di altissima qualità, rimane salda con l’evolversi dell’azienda genovese e riesce a conciliare la nuova globalizzazione all’attenzione per le produzioni di piccole culture in via d’estinzione. Il “Veliero”, guidato dal vento della curiosità e spinto dalla voglia di riportare in patria nuove esperienze sensoriali, approda così in oriente e scruta e studia con attenzione il vasto mondo della bevanda di riso fermentato, paragonabile a ciò che è per noi il vino.


(ph Alessandro Castagna, Cook Agency)

Marco Callegari, insieme al sommelier nostrano Mauro Cutuli, indottrinano il Social Table organizzato da La Cook Agency, sulle tecniche di produzione nonché sulla storia e la cultura che sta dentro ad ognuno dei sei pregiatissimi calici di sake selezionati per la serata. Ognuno abbinato ad un gourmet della cucina siciliana alla maniera di Seby Sorbello. Il riso giapponese servito ad accompagnare il mare del dentice, della ricciola, della bottarga e degli scampi, in una ricerca accuratissima concertata dai sommelier e dallo chef per esaltare al massimo i punti di forza di entrambi i territori e culture.


(La ricciola – ph Alessandro Castagna, Cook Agency)

Dal medioevo giapponese, Velier consegna il “Daigo no Shizuku”, sake prodotto da un’antica ricetta del 1400. Caso rarissimo per quell’area geografica di riso biologico; poco raffinato, non addizionato di lieviti ed acidi lattici, non pastorizzato, non filtrato, non diluito. Medievale, appunto. Servito freddo in abbinamento al “Finto panino”, freschissimo antipasto la cui base di frolla accoglie una maionese di alga wakame, cedro candito e tempura di ricciola con semi di sesamo tostati, da assaporare in un unico boccone. Il sake invecchia in bottiglia, che può rimanere aperta per anni e garantire comunque il prodotto, la gradazione alcolica non sarà mai uguale ma seguirà il termometro per via dei continui cambi di fermentazione.


(La guancia con nuvola di fiordilatte – ph Alessandro Castagna, Cook Agency)

Ad accompagnare l’unica portata di carne, la guancia con nuvola di fiordilatte alla menta, bottarga e finger lime, chef e sommelier hanno concordato sulla scelta di Biden 1999, invecchiato da meditazione. Distinte note di caramello, tipiche dei sake invecchiati, in perfetta sintonia con carni e stufati. 

L’ “Omaggio alla neve”, gelato ai fiori di rosmarino con crispy di riso nero e “cannatedda” a crudo con un filo di olio evo, ci regala lo Yuzu, il cui nome è proprio quello del puro succo di piccoli agrumi tradizionali del Giappone simili al bergamotto, di cui questo sake è composto al 50%. La forte dissonanza di sensi, tra l’odorato ed il gusto, è la prima fase della degustazione nella quale ci conduce Marco Calligari. Si percepisce un odore che, in qualche caso, è quello tipico da grappa e si assapora qualcosa che si avvicina al marsala o ad un moscato. A tratti stucchevoli, ma che virano verso sfumature altre se abbinate ad una sapiente commistione di sapori.


(Il dentice con funghi porcini – ph Alessandro Castagna, Cook Agency)

L’ultimo sake in degustazione è il caso emblema in proposito. Prugna, dentice e funghi porcini si allineano in un’esperienza singolare. Il mare e la montagna del patron di Sabir Gourmanderie nel piatto, appunto, “Dentice e Porcini”, dove la differenza è data dal sorso di brodo dei funghi tra l’ultimo boccone ed il calice, preambolo di un’explois di piacere raggiunto all’assaggio del Suppai Umeshu. L’Umeshu è un sake ottenuto per macerazione di una varietà di Prugne infuse ancora acerbe. Invecchia per tre anni, si presenta dolce ma bilanciato dall’acidità dei frutti, ricco e polposo.

Osservo il mio territorio, quello etneo, bellissimo e accattivante, sintetizzato sobriamente nel piatto, mentre immagino i luoghi di un oriente lontano nel tempo e nello spazio, di cui sento il racconto da una voce dalla cadenza piemontese. Ascolto con quanta difficoltà oggi, piccoli agricoltori  giapponesi recuperano la propria identità, quella che viene servita in ognuno di questi calici. Creo il parallelismo tra quegli agricoltori e i nostri conterranei. Guardo l’ambiente che mi circonda e comprendo che stasera il mondo sta attorno a questo tavolo.