Fregoni: “Ma il disciplinare va bocciato”
“La Doc Sicilia? Una buona idea ma l’attuale disciplinare non va bene”. Mario Fregoni, ordinario di Viticoltura all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza ed estensore della legge 164/92 (quella che regolamenta la classificazione dei vini in Italia) giudica così l’idea di una denominazione unica.
“Questa prospettiva – spiega – è già prevista dalla 164, d’altra parte avviene già in Piemonte, in Puglia, in Abruzzo. Non c’è nulla di nuovo. La normativa prevede che si possa porre un nome geografico più ampio sopra uno meno esteso della stessa regione, basta guardare il Chianti o la Doc Colli Piacentini, dalle mie parti”. Ciò che non convince Fregoni, che è stato anche presidente del Comitato nazionale vini Doc, è un altro aspetto della vicenda: “In questo disciplinare non ci sono elenchi di sottozone geografiche come invece richiede la legge. Per esempio il Barbaresco, lo scorso anno, ha inserito cento fra sottozone e microzone, perché la legge prevede che ci sia un elenco specifico. Nel disciplinare della Sicilia, invece, si parla solo delle precedenti Doc. Invece possono essere inserite zone piccole, addirittura singole aziende. E poi viene fatto riferimento a produzioni ad ettaro che in Sicilia non si raggiungono: 120-130 quintali mi sembra esagerato. Inoltre – continua il docente – ritengo vergognoso l’inserimento di una resa del 75% (la percentuale di vino che si può ricavare da un ettero vitato, ndr), inoltre non c’è nulla che riguardi la regolamentazione dei passiti”.
Dunque Doc Sicilia da bocciare? “No, sono favorevole se viene inserito un riferimento a sottozone e microzone perché questo vuol dire valorizzazione del terroir. Parlare di una Doc Sicilia così generica – conclude Fregoni – vuol dire massificare delle produzioni. Vuol dire che si vuole fare un vino regionale di base con poco valore”.
M. V.