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Scenari

Agroalimentare e turismo, sinergia da 2,1 miliardi

05 Ottobre 2019
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Lo sostiene Srm, il centro studi di Intesa Sanpaolo che ha presentato a Realmonte uno studio sul settore. Partendo da un dato: nel Mezzogiorno l’importanza del settore agroalimentare supera le medie nazionali

di Antonio Giordano, Realmonte (Ag)

La combinazione tra offerta turistica e agroalimentare di qualità potrebbe rappresentare davvero un volano per l’economia della Sicilia con un valore aggiunto per presenza turistica che passerebbe dagli attuali 70 euro a quasi 110 con un aumento in cifre di 2,1 miliardi. 

Lo sostiene Srm, il centro studi di Intesa Sanpaolo che ha presentato a Realmonte uno studio sul settore. Partendo da un dato: nel Mezzogiorno l’importanza del settore agroalimentare supera le medie nazionali. Le buone performance sono legate, tra le altre cose, al commercio internazionale del comparto alimentare che mostra un saldo positivo per 1,6 miliardi di euro (4,8 miliardi il dato nazionale). Il Sud Italia è anche la macro area con il più alto numero di certificazioni di qualità con 344 prodotti Dop, Igp, Stg. E la Sicilia è la quinta regione per produzione di qualità con 16 mila produttori (l’8,1% del totale nazionale). Altro punto forte dell’Isola è il biologico: prima in Italia per superficie destinata a colture di questo tipo con oltre 427 mila ettari (il 22,4% del totale in Italia, dato del 2017). Rispetto a tutta la superficie coltivata, quella biologica rappresenta il 31,1% (media Italia 15,4%). Puntando al settore del vino, la Sicilia è seconda nel Mezzogiorno e quinta in Italia per vini certificati con 31 prodotti (24 Dop e 7 Igp) ed è quarta in Italia per livelli di produzione vinicola, con quasi 5 milioni di ettolitri, corrispondenti al 10% della produzione nazionale. Sul fronte della qualità, i vini della Sicilia si confermano al top: la gran parte del vino prodotto in regione (l’82,5% per la precisione, in crescita del 3% rispetto al 2017) è costituita da vini Dop (28%) o Igp (54%). Si registra, quindi, un’ottima performance in termini di valore economico generato per il segmento dei vini certificati: la Sicilia, con 550 milioni, occupa la quarta posizione, dopo Veneto, Toscana e Piemonte.

Se il versante agroalimentare mostra una buona qualità a livello complessivo ancora qualcosa da fare c’è per il settore turistico dell’Isola che è ancora “monotematico”, ovvero legato ad una sola dimensione prevalente che è quella del turismo balneare. Proprio questo aspetto influisce sul valore aggiunto che ogni soggiorno turistico genera sull’Isola: che è pari a 71,5 euro. Secondo lo studio presentato da Intesa “si stima che qualora si attuassero sinergie organizzative e produttive tra i vari comparti (agroalimentare in primis) aumenterebbe, nel medio periodo, la capacità endogena di creazione di ricchezza in relazione all’aumento di presenze turistiche”. Con un turismo multidimensionale “si potrebbero, quindi, raggiungere i 109,4 euro per presenza in più. L’effetto congiunto di una diversificazione tematica e dell’aumento del 20% delle presenze turistiche potrebbe portare a un aumento di 2,1 miliardi di euro di valore aggiunto.

Rilevante potrebbe essere l’apporto della filiera agroalimentare: analizzando l’effetto moltiplicativo degli investimenti nella filiera siciliana del cibo emerge come 100 euro investiti nel settore agricolo generano una ricchezza aggiuntiva per ulteriori 51 euro, dei quali 15 all’interno della regione stessa e 36 nel resto del territorio italiano. Questa è la ricetta, ma il presupposto fondamentale è che le aziende si riuniscano in filiere per affrontare al meglio i mercati che sono spesso sempre più lontani. “Il sistema imprenditoriale siciliano è caratterizzato da un nanismo spinto con il 65% dei dipendenti dell’Isola che operano in azienda con meno di 10 dipendenti – ha spiegato Pierluigi Monceri a capo della banca in Sicilia e nelle regioni di Lazio e Sardegna – per questo abbiamo fatto nascere 20 filiere nell’Isola, identificando un capofiliera che ha buone credenziali creditizie ed al quale abbiamo agganciato tutte le aziende che partecipano alla definizione di un prodotto o di un servizio”. Le dimensioni delle imprese contano “ed è un tema che va affrontato in un contesto dove le esportazioni crescono bene, con il fuori oil che è cresciuto del 40% negli ultimi anni. Ma i mercati si stanno sempre più allontanando e il tema può essere affrontato con le reti e i distretti per fare massa comune”.