In attesa della sentenza della Corte Suprema che si esprimerà nella prima decade di novembre, i dazi applicati al vino europeo fortemente voluti da Trump restano in vigore, mantenendo uno stato di incertezza tra i produttori italiani.
Come avevamo raccontato qui, i dazi hanno già inciso in maniera significativa sui margini e sugli investimenti delle aziende italiane, soprattutto le più piccole. Questa volta abbiamo scelto di ascoltare la voce autorevole di chi, con anni di esperienza, vive e lavora ogni giorno nel cuore del mercato americano, gestendo la comunicazione di produttori e consorzi.
Ne abbiamo parlato con Gino Colangelo, fondatore di Colangelo & Partners, una delle agenzie di comunicazione più importanti di New York specializzata nel settore wine & spirits.
Secondo Colangelo, il clima tra i suoi clienti è fatto di speranza ma anche di cautela: “I miei clienti sono concentrati sul loro business e naturalmente sperano che i dazi finiscano. Ma nessuno si illude che una singola causa possa risolvere il problema. C’è la convinzione che, anche se dichiarati illegali in una forma, i dazi possano ripresentarsi in un’altra”. La vicenda giudiziaria, che ha infatti visto la piccola agenzia Vos Selections ottenere una sentenza storica e di cui avevamo parlato qui, è stata letta da molti come un “Davide contro Golia”.
Colangelo però frena sull’enfasi: “La posizione di Vos Selections come primo querelante è stata puramente coincidenziale. È vero che un’azienda a conduzione familiare come Vos Selections può scegliere di intentare una causa, ma una realtà più grande con molti stakeholder deve muoversi con più cautela”.
Se i piccoli produttori e importatori guardano soprattutto alla sopravvivenza quotidiana, sono invece i consorzi e le istituzioni a monitorare con maggiore attenzione lo scenario e a fare da punto di riferimento: “Il vino è per natura collettivo e radicato nel territorio” – continua Colangelo – “elemento chiave questo che i consorzi riconoscono e lavorano duramente per proteggere. Non a caso, i vini italiani oggi più affermati negli Usa – dal Prosecco al Chianti Classico, dalla Sicilia al Brunello e al Barolo – sono tutti supportati da consorzi forti. Penso che anche il governo nazionale abbia un ruolo importante. Oggi, ad esempio, vediamo l’Agenzia Ice molto attiva nella collaborazione con Veronafiere per l’organizzazione di Vinitaly.Usa. Iniziative come questa aiutano a mantenere il vino italiano forte negli Stati Uniti, nonostante i venti contrari dei dazi, dell’incertezza economica e di un certo bias anti-vino nei media”.
Un effetto concreto dei dazi, nota Colangelo, è stato il taglio agli investimenti in marketing e comunicazione, con conseguenze che pesano soprattutto sui piccoli produttori italiani: “Ridurre questi investimenti indebolisce l’intero settore. In un momento in cui i giovani bevono meno e adottano più lentamente il vino come parte del loro stile di vita, comunicare in modo positivo, coerente e proattivo è più importante che mai. Credo che le aziende che continuano a investire in comunicazione mentre i loro competitor tagliano saranno, alla lunga, più forti”.
Non a caso, Colangelo & Partners continua a puntare tutto sullo storytelling: “Ogni cliente” – continua Colangelo – “ha una storia unica, coinvolgente e positiva da condividere. Il nostro lavoro è trovarla, articolarla e raccontarla al pubblico giusto. Dobbiamo essere più aggressivi nella comunicazione, più attenti ai clienti e più pronti a leggere il mercato che mai”.
E se qualcuno propone di cercare mercati alternativi, Colangelo rimarca l’importanza di non abbandonare gli Stati Uniti: “Nonostante la riduzione dei consumi e la pressione sui prezzi dovuta anche al cambio euro-dollaro, gli Usa restano il mercato più remunerativo al mondo per i vini italiani. Non solo qui si ottengono prezzi premium, ma si guadagna anche grande visibilità grazie alla stampa e agli opinion leader del vino presenti negli Stati Uniti che influenzano l’intero settore a livello globale”. Sul futuro dei dazi, l’esperto resta comunque fiducioso: “Credo che verranno eliminati alla fine, non per ragioni legali ma economiche: sono dannosi per entrambe le parti. Non so però se succederà sotto questa amministrazione o la prossima”.
Al di là dell’esito giudiziario, la vicenda dei dazi diventa un banco di prova per il sistema vino italiano: come evidenzia Colangelo, il futuro si gioca sulla capacità di comunicare, rafforzare le reti consortili e affrontare il mercato statunitense con una visione condivisa, preservando competitività e identità in un contesto ancora centrale a livello globale.