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Scenari

L’allarme di Slow Food: ci stiamo mangiando il suolo. E con esso il nostro futuro

24 Ottobre 2025
Suoli: un nuovo rapporto Ispra fotografa un Paese che costruisce dove dovrebbe coltivare. Nella foto, la presidente di Slow Food Italia, Barbara Nappini Suoli: un nuovo rapporto Ispra fotografa un Paese che costruisce dove dovrebbe coltivare. Nella foto, la presidente di Slow Food Italia, Barbara Nappini

In Italia il terreno fertile scompare a ritmo record: 83,7 km² persi in un solo anno. Minacciati paesaggi, agricoltura e futuro

In Italia il suolo continua a scomparire, centimetro dopo centimetro. Il nuovo Rapporto Ispra 2025 fotografa una tendenza che non si arresta: nel solo 2024 sono stati consumati 83,7 chilometri quadrati di terreno, il 15,6% in più rispetto all’anno precedente. È il dato peggiore degli ultimi dodici anni, nonostante la popolazione sia in calo.

Un paradosso che racconta molto del nostro tempo: mentre le campagne si svuotano, la terra fertile viene coperta di cemento, capannoni, asfalto. «Consumare suolo – spiega Barbara Nappini, presidente di Slow Food Italia – non significa soltanto deturpare il paesaggio, ma distruggere una risorsa indispensabile alla vita».

Il suolo, ricorda Nappini, è un organismo vivente: ospita biodiversità, regola il ciclo dell’acqua e degli elementi biochimici, conserva carbonio, produce cibo. È una riserva fragile, eppure l’Italia continua a eroderla. Il consumo colpisce soprattutto le aree agricole e pianeggianti, le più produttive.

Alle cause tradizionali – edilizia, infrastrutture, urbanizzazione diffusa – si aggiungono nuovi fattori: logistica, data center e impianti fotovoltaici a terra, che solo nel 2024 hanno occupato 1.702 ettari, in gran parte sottratti ai campi.

Le conseguenze non si limitano al paesaggio. Ogni ettaro impermeabilizzato aumenta il rischio di frane e alluvioni: i danni economici, secondo stime recenti, superano i 3,3 miliardi di euro l’anno, tre volte più che nel 2010. E con loro si perde un pezzo del tanto celebrato Made in Italy agricolo, che sul suolo fonda la propria identità.

«In un Paese dove la popolazione diminuisce, l’unica cosa che cresce è il consumo di suolo – osserva ancora Nappini –. Ogni metro quadrato costruito porta introiti immediati, ma il suolo non è una voce di bilancio: è un bene comune da custodire».

Slow Food chiede un censimento nazionale delle strutture abbandonate, per riconvertirle invece di costruirne di nuove. Oggi le superfici artificiali coprono il 7,17% del territorio italiano, quasi il doppio della media europea; in regioni come Lombardia, Veneto e Campania, più di un decimo del suolo è già perduto.

L’Unione Europea fissa obiettivi ambiziosi: azzerare la perdita netta di aree verdi urbane entro il 2030 e fermare il consumo di suolo entro il 2050. Ma, allo stato attuale, quei traguardi appaiono lontani. C’è però una notizia positiva: il Parlamento europeo ha appena approvato la direttiva sul monitoraggio del suolo, che obbliga gli Stati membri a intervenire per migliorarne la resilienza.

È un passo nella direzione giusta, anche se non basta. Perché – come ricorda Nappini – «il nostro futuro è nel suolo: non sprechiamolo».