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Scenari

Olio, campagna italiana finita, tempo di bilanci: “Annata da dimenticare e poche giacenze”

24 Dicembre 2023
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Sui generis la stagione estivo-autunnale, sui generis la campagna olivicola che ora si avvia alla conclusione, caratterizzata in quasi tutta Italia da maltempo seguito da siccità e calura. Nel complesso bassa produzione, soprattutto al Centro-Nord; meglio alcune regioni del Sud, grazie a un’annata di carica e strategie di adattamento climatico in essere già da tempo. Laddove hanno colpito mosca dell’olivo e fitopatie invece c’è stato poco da fare. La stagione di raccolta del resto si era dichiarata come una delle più difficili degli ultimi anni per tutta l’area mediterranea, con il conseguente aumento dei prezzi e la probabile indisponibilità di olio dalla primavera inoltrata in avanti. Quando Ismea, insieme alle principali associazioni di produttori Italia Olivicola e Unaprol, ha ottimisticamente stimato per il 2023 una ripresa produttiva del 20% (290mila tonnellate) rispetto allo scorso anno, ha specificato che non si sarebbero raggiunti i livelli medi delle quattro campagne precedenti.

Secondo i dati Icqrf, circa la metà della giacenza nazionale di olio al 30 novembre si trova in Puglia, quasi 34mila tonnellate rispetto alle 79mila totali, una delle più basse registrate in Italia in piena campagna olearia (124mila le tonnellate al 30 novembre 2022). Considerato che a fine settembre scorso erano 31mila le tonnellate di olio evo italiano, oggi sono solo 48mila in più: con ventimila tonnellate vendute al mese (la media di inizio 2023), la produzione di olio a fine novembre risulta di sole 88mila tonnellate. Al 30 novembre, in Toscana erano stoccate poco più di novemila tonnellate di extravergine (contro le 4.000 di fine settembre); nel Lazio erano 1.800 (900 a fine settembre); fa numeri alti solo la Puglia, da locomotiva della produzione italiana qual è, con novemila tonnellate stoccate divenute ora 34mila, e in crescita. La situazione generalizzata è infatti un calo produttivo ragguardevole che però ancora non impatta sul secondo posto che l’Italia detiene come Paese produttore, dopo la Spagna che pure ha perso molto.

Da Nord a Sud quindi si passa da una raccolta finita prima del solito a una ancora in corso grazie a una stagione prolungata. Per l’intero Garda oleario, per esempio, si può parlare di circa il 35% di produzione rispetto a un’annata normale: “Di normale ormai c’è poco: ogni annata è a sé – osserva Andrea Bertazzi, dell’azienda agricola “Il roccolo” e vicepresidente del consorzio Garda dop – e questa è stata caratterizzata da grandine estiva e caldo umido”, con tutto quel che ne consegue. In centro Italia, Americo Quattrociocchi tra Latina e Frosinone può contare sul 50-60% di produzione rispetto a una normale annata di carica, a causa dell’allegagione resa difficile dalle forti piogge di maggio, cui seguono siccità e nuove piogge: “Dopo che è piovuto ci siamo rincuorati: l’agricoltura è anche questo. La drupa si è ingrossata, e finché era piccola e siccitosa non abbiamo neanche dovuto preoccuparci troppo della mosca”. Un periodo sempre più difficile, dove “bisogna tornare a fare olivicoltura”, a fronte di un sempre maggiore abbandono degli oliveti da parte di chi non ce la fa più ad affrontare la difficoltà di trovare manodopera e i costi in continua crescita, che si riversano sui consumatori. Il diktat diventa quindi aumentare la produzione con nuovi impianti, per oli di qualità dai costi inferiori. E c’è chi ha preferito tutelare i propri clienti già fidelizzati vendendo direttamente a loro anziché avviare il processo di certificazione, considerati gli scarsi volumi e le difficoltà dell’intera campagna.

Come nel resto d’Italia, il cuore verde dell’Italia tanto verde non è stato, secondo quanto anticipato dalla Borsa Merci di Perugia: una produzione in calo del 50-60% rispetto al 2022. L’Umbria, regione molto attiva in termini di attività enogastronomiche e oleoturistiche, in attesa di produzioni quantitativamente maggiori attrae comunque per i meravigliosi paesaggi e borghi. Prima considerazione di Marco Viola – omonima azienda agricola a Foligno e presidente sezione Olivicoltura regionale di Confagricoltura – riguarda quanto questi cambiamenti climatici stiano mettendo in difficoltà le aziende. Spoiler: molto. Pur con un’ottima fioritura, le piogge primaverili non hanno consentito una buona allegagione; poi siccità e nuovamente piogge autunnali, a questo punto necessarie: “Nonostante il calo di produzione, la resa è stata lievemente più alta”. L’Umbria non presenta in genere sistemi di irrigazione e si interviene per schermare le piante dai colpi di calore: “Irrigare i vecchi oliveti è molto difficile, soprattutto se non pianeggianti e lontani da fonti d’acqua. Spero non diventi la normalità altrimenti sarà un problema che ne porta altri relativi a fitopatologie, mercati, incrementi di prezzo delle materie prime”. Campagna olearia difficile anche secondo Paolo Di Gaetano, di “Fonte di Foiano” (Castagneto Carducci) e vicepresidente dell’igp Toscano: “Per portare a casa il raccolto serve professionalità e anche innovazione: uno spirito da recuperare nell’olivicoltura moderna. Ricordo che il primo impianto centrifugo per l’estrazione dell’olio nel mondo è stato installato in Toscana”. Innovativa sicuramente lo è Antonella Titone, 5.000 piante in provincia di Trapani e una visione lungimirante nel dna già dagli anni ’70 quando il nonno, convinto sostenitore del biologico in un’epoca in cui nessuno ci avrebbe scommesso, sostituì il vigneto con l’oliveto realizzando inoltre drenaggi e invaso: “Senza di essi non avremmo potuto fare nulla: in Sicilia l’irrigazione è essenziale per la qualità. Quest’anno fino a giugno si sono protratte le piogge primaverili, ritardando l’invaiatura. Ciò ha in qualche modo salvaguardato i terreni assicurandoci, con l’ausilio di mirate pratiche agronomiche, persino un incremento di produzione, in genere non così alta”.