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Scenari

Per i rosati dell’Etna “sarebbe meglio la bottiglia scura. E vi spiego il motivo”

26 Aprile 2022

di Francesca Landolina

Avrebbe senso nascondere la componente estetica di un vino rosato, il colore, usando una bottiglia scura al posto della solita trasparente?

Pensate che sia una follia, un azzardo? No, assolutamente no, per chi, come Mario Paoluzi, patron della cantina I Custodi delle Vigne dell’Etna, a Castiglione di Sicilia sul versante Nord del Vulcano, il rosato può mostrare qualità inaspettate nel tempo, andando oltre l’appellativo di “vino d’annata”. Di sicuro, la sua è una scelta controcorrente o almeno contro le richieste del mercato, specialmente quello internazionale. Il rosato è un vino di piccole produzioni, si beve meno rispetto ai bianchi e ai rossi e la sua produzione, anche se in crescita, rimane circoscritta a piccole quantità, eccezion fatta per alcuni territori particolari in Italia e nel mondo. Perché allora rendersi le cose difficili, privandolo di una così bella virtù, quella dell’attrazione alla vista, che cattura l’attenzione del consumatore già sullo scaffale? Non è una forzatura non lasciargli svolgere beatamente il suo ruolo? O è, al contrario, una forzatura piegarsi alle regole di mercato, senza mai provare ad andare oltre? Lo abbiamo chiesto proprio al produttore che ci ha dato il suo punto di vista. “Ho sempre avuto questo grande dilemma per il mio Etna Rosato Alnus – spiega il produttore – bottiglia chiara o bottiglia scura? Il mercato lo vuole in quella chiara, ma il cuore e la tecnica mi chiedono quella scura. Così due anni fa, con l’annata 2019, ho deciso di imbottigliarne una parte in quella trasparente, a marzo, e di venderlo d’annata e, una piccola parte dello stesso vino (un 25 per cento), l’ho imbottigliato in quella scura e l’ho immesso sul mercato dopo due anni di affinamento in bottiglia. Quest’anno quindi mi ritrovo sul mercato, in vendita, il rosato 2021 nella bottiglia trasparente e l’annata 2019 in quella scura, e così sarà per gli anni a venire. Produco circa 3.600 bottiglie, 3.000 nella trasparente e 600 in quella scura”.

Parliamo quindi di una prova o semplicemente di un inizio per il produttore, che afferma: “A me piacerebbe vendere solo le bottiglie scure di rosato, perché parliamo comunque di un rosato dell’Etna, un vino con caratteristiche che lo rendono, a priori, più adatto ad un affinamento più lungo. In più, nel tempo, il rosato assume maggiore complessità e quella completezza che lo rende più intenso e interessante”. Sicuramente, quando parliamo di rosati, pensiamo spesso ai vini d’annata, e in più sappiamo che i rosati si bevono anche con gli occhi, perché il colore, si è già detto, è una componente importante, ma dobbiamo realmente considerare il territorio da cui provengono, l’Etna in questo caso. E i vini lasciati in bottiglia qui migliorano. “Personalmente – aggiunge Paoluzi – spero che arriveremo un giorno in cui potremo imbottigliare serenamente solo in bottiglia scura e magari dopo due anni. Per il mercato americano non c’è stato modo di accettare la bottiglia scura, al momento, però con i ristoranti italiani c’è apertura”. Una bella battaglia, insomma che lascia il dibattito aperto tra chi è a favore e chi no.

Abbiamo provato i due rosati e in degustazione troviamo notevoli differenze. Innanzitutto, Etna Rosato “Alnus” è ottenuto dal classico uvaggio etneo costituito in prevalenza da Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio, provenienti da vigne di 10 anni coltivate ad alberello che poggiano su terreni vulcanici ricchi di minerali e situati sul versante nord dell’Etna a 700 metri d’altezza. Raccolte le uve a mano in cassette, in cantina vengono pressate intere con una spremitura soffice del grappolo, seguendo l’antico sistema de I Vigneri del “pista e mutta”, ossia pressatura e immediata separazione del mosto dalle bucce. La fermentazione avviene spontanea con lieviti indigeni, ad una temperatura controllata, per poi essere affinato in vasche di cemento per diversi mesi, arrivando infine all’imbottigliamento. Passiamo all’assaggio. Il colore, nella 2019, è ancora intenso, al naso la caratteristica di freschezza rimane, ma gli aromi fruttati acquisiscono una personalità più rotonda, con profumi e gusti che si avvicinano più alle spezie, alle erbe officinali e alla frutta secca. La tipica acidità del rosato etneo, più affievolita rispetto ai bianchi ma comunque presente, non è poi così attenuata; sarà merito del Vulcano? Può sembrare insolito, ma un rosato con le caratteristiche adatte alla maturazione in bottiglia, come quello etneo per esempio, è comunque un vino che non lascia indifferenti, un vino con una personalità assolutamente propria, ben lontano dalle sensazioni offerte dal vino rosato immediato e d’annata. E questa è, a nostro avviso, un’ulteriore possibilità da esplorare per apprezzare maggiormente i vini rosati e le potenzialità del terroir.