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Vino e dintorni

“Ci sarà la Malvasia delle Lipari Doc in versione secca”. Consorzio al lavoro per il nuovo disciplinare

16 Novembre 2025
Un vigneto di Malvasia a Lipari (Tenuta di Castellaro) e Mauro Pollastri, presidente del Consorzio di Tutela Un vigneto di Malvasia a Lipari (Tenuta di Castellaro) e Mauro Pollastri, presidente del Consorzio di Tutela

La bozza inviata ai soci: si chiamerà Malvasia Bianco. Proposte anche le Uga con i nomi delle isole Eolie e le riduzioni delle rese per ettaro dell'Igt Salina: da 160 a 120 quintali. Pollastri: "Rafforzeremo l'identità dei nostri vini"

Un incontro informale getta le basi per una modifica importante della Doc Malvasia delle Lipari. Obiettivo: produrre con il marchio a denominazione di origine controllata anche la versione secca, quella che, dal punto di vista commerciale, sta avendo un riscontro molto significativo.

L’idea, su cui sta lavorando il Consorzio di Tutela della Doc Malvasia delle Lipari presieduto da Mauro Pollastri, è semplice: aggiungere nel disciplinare il Malvasia Bianco, che sarà un vino diverso dalla versione Passito e dalla versione Dolce Naturale, queste ultime già a marchio Doc. E quindi alzare l’asticella all’Igt Salina Bianco che si produce adesso. Negli anni, la tendenza a produrre Malvasia delle Lipari come vino dolce ha ridotto superfici rivendicate e numero di produttori, come si evince dalla prima tabella che pubblichiamo qui di seguito grazie ai dati forniti dall’Irvo.

Se guardiamo i grafici, si nota come il Salina Igt, in undici anni, sia quasi triplicato: dai 470 ettolitri del 2013 agli oltre 1.400 del 2024. È vero che nell’Igt Salina rientrano anche rosso e rosato, ma il Bianco rappresenta almeno i tre quarti della produzione del vino ad Indicazione Geografica.

«Quella di portare i produttori a rivendicare il Malvasia delle Lipari Bianco non sarà l’unica modifica che vorremmo introdurre – spiega Pollastri – perché nelle nostre intenzioni c’è anche quella di introdurre la possibilità di poter aggiungere, per chi le vorrà, le Unità Geografiche Aggiuntive (in gergo Uga, ndr), così da rendere il vino ancora più legato alla singola isola. Se la modifica sarà approvata, si potrà scrivere il nome dell’isola di provenienza: Isola di Vulcano, Isola di Lipari, Isola di Salina e così via. Inoltre, la resa per ettaro per chi farà Doc sarà di 90 quintali. Non ci sarà più l’obbligo di imbottigliamento, mentre resterà quello di vinificazione: chi fa Doc Malvasia delle Lipari Bianco dovrà produrre il vino in una delle isole Eolie».

La versione Liquoroso della Malvasia delle Lipari non sarà più prevista, poiché ormai nessuno si cimenta più nel produrla. Su questi punti, emersi durante l’assemblea informale, prevale un orientamento condiviso. Ora tocca all’assemblea dei soci dare il via libera formale all’iter di modifica del disciplinare.

È utile ricordare, come afferma Attilio Scienza, tra i maggiori conoscitori della vitivinicoltura mediterranea, che di Malvasia ne conosciamo ben diciotto tipologie e che quella delle Lipari coincide con il Greco di Bianco in Calabria, con la Malvasia di Bosa in Sardegna e con altre varietà diffuse all’estero. La Doc Malvasia delle Lipari, istituita nel 1973, si trova così davanti a un possibile passaggio decisivo, qualora la Regione Siciliana e il Comitato Nazionale Vini approvassero le modifiche. Oggi la versione secca sta diventando sempre di più un must perché coniuga bene le tendenze dei consumatori che cercano nei bianchi freschezza, aromaticità e sapidità. Un profilo diverso da quel Malvasia delle Lipari riscoperto negli anni ’60 da Carlo Hauner e tanto apprezzato da Gino Veronelli, che contribuì alla sua fama internazionale.

Qui di seguito le tabelle su produzione, ettari rivendicati e altri dati elaborati dall’osservatorio dell’Irvo guidato da Francesca Salvia.