Il vino di Mamoiada nasce da un piccolo lembo della Barbagia che si distingue per le particolari caratteristiche pedoclimatiche, la sua storia, le sue tradizioni e non solo. Siamo in Sardegna e il vino in questione è un Cannonau che porta in sé anche il modo di pensare dei locali e la loro visione. Per essere sintetici e al contempo precisi potremmo dire che è l’espressione di una comunità che interpreta un territorio unico. Visitare questo paesino del Nuorese, parlare con i vignaioli, osservare i loro gesti, la loro fierezza e rendersi conto di quanto possa essere forte il loro senso di appartenenza ci fa capire il reale, grande valore della produzione vinicola.
L’edizione 2025 di Mamoiada Vives, l’evento dell’associazione Mamojà svoltosi durante lo scorso mese di maggio, ci ha offerto per il secondo anno consecutivo l’occasione di approfondire le nostre conoscenze sui vini, confrontarci con i produttori, visitare vigneti e cantine e scoprire interessanti aspetti culturali locali. Nata nel 2015, Mamojà è composta da viticoltori e produttori di vino di Mamoiada che condividono l’obiettivo di promuovere una cultura vitivinicola legata al territorio. Idee chiare sin dall’inizio, come si evince da un regolamento costituito da pochi punti molto ben definiti. Innanzitutto i produttori devono fare parte della comunità, cioè risiedere a Mamoiada e qui possedere i vigneti, vinificare e imbottigliare. Poi tutte le pratiche agricole devono essere eseguite secondo i principi dell’agricoltura biologica e in cantina si lavora esclusivamente con fermentazioni spontanee da lieviti indigeni. Oggi i soci sono una settantina, tra aziende che imbottigliano (sono 25) e viticoltori, molti dei quali producono vino per consumo proprio e in numero sempre maggiore condividono la volontà di poter presto commercializzare le proprie etichette. Negli ultimi anni grazie all’attività di Mamojà il numero di cantine è cresciuto poichè molti, incoraggiati dai colleghi e sempre più coscienti del valore del territorio, hanno deciso di dare una svolta alla loro attività.
Spesso si tratta di produzioni molto piccole, ma comunque importanti perchè contribuiscono a far crescere il volume complessivo di bottiglie sul mercato, mostrando anche l’intrigante varietà del terroir. Passando ai numeri, risulta ancora più evidente quanto la produzione vinicola sia radicata nella tradizione Mamoiadina, infatti in una comunità che conta 2.500 abitanti sono ben 200 le famiglie che fanno vino per autoconsumo e 43 le cantine che imbottigliano (la produzione annua è di 500 mila bottitglie). Poi, proprio grazie al vino, Mamoiada, in controtendenza con quello che accade nelle zone limitrofe, non si sta spopolando e tanti giovani restano o tornano dopo esperienze e percorsi di studio importanti per lavorare tra i filari e le cantine. I vigneti si estendono complessivamente per circa 350 ettari su suoli di natura granitica, coprendo un range di altitudini che va da 600 a 900 metri sul livello del mare. Sono coltivati a Cannonau per il 95 per cento, anche se negli ultimi anni sono in costante crescita gli impianti di Granatza, vitigno autoctono a bacca bianca che sta fornendo risultati sempre più incoraggianti. Il clima, caratterizzato da marcate escursioni termiche tra il giorno e la notte, presenta temperature elevate durante l’estate, ma può essere anche particolarmente rigido in inverno.
L’associazione Mamojà sta portando avanti un progetto di zonazione che prevede la divisione del territorio in 6 differenti “zone” che corrispondono alle vallate poste intorno al centro abitato: zona nord ovest, zona nord, zona nord est, zona sud ovest, zona sud e zona est. Si tratta di macro aree con caratteristiche ben precise, all’interno delle quali vengono poi individuate le “Ghirade”, veri e propri cru i cui nomi possono essere riportati nelle etichette dei vini.
È stata fatta una mappa in cui sono presenti sia la suddivisione in zone che le Ghirade, scegliendo però di inserire solo quelle al momento rivendicate nelle etichette per poi aggiungerne altre man mano che verranno fuori nuovi vini. Tornando a Mamoiada Vives, anche quest’anno l’evento non è stato concepito solo come anteprima delle nuove annate, ma anche e soprattutto come un momento di discussione e confronto diretto tra i produttori locali e i giornalisti della stampa di settore, concetto più volte ribadito da Salvatore Sedilesu, attuale presidente di Mamojà. Con questo spirito è stata fatta la degustazione, tutti insieme ad assaggiare, commentare dopo ogni batteria di vini, fornire suggerimenti, approfondire diversi aspetti. Una formula davvero interessante che ha permesso agli intervenuti di arricchire le proprie conoscenze e ampliare le vedute su un territorio che ha tutte le carte in regola per fare un deciso salto di qualità in un futuro non così lontano.
Oggi il livello dei vini è in costante crescita, in poco tempo si sono fatti grandi passi in avanti. Inoltre, c’è una nuova generazione di giovani produttori molto attenti e competenti che portano avanti uno stile maggiormente orientato verso l’eleganza e la precisione. Serve ora una comunicazione in grado di valorizzare i vini di Mamoiada e renderli sempre più riconoscibili, rafforzandone l’identità e facendone crescere il prestigio. Innanzitutto la denominazione: la maggior parte dei produttori utilizza l’Indicazione Geografica Tipica Barbagia ritenedola più attinente ai luoghi rispetto alla Doc Cannonau di Sardegna che copre l’intera regione.
Mamoiada meriterebbe senza alcun dubbio una Doc specifica, ma il percorso, lo sappiamo, è lungo e non privo di rischi poiché il disciplinare necessita di grande attenzione e regole molto precise. In tempi brevi però sarebbe possibile con alcuni accorgimenti semplici cominciare a migliorare la riconoscibilità dei vini. Il collarino sulla bottiglia con la scritta Mamojà potrebbe essere uno di questi, ma al momento non è utilizzato da tutti i produttori. Si potrebbe anche mettere un logo, unificare la forma della bottiglia (attualmente borgognotta per gran parte delle aziende) o, in ogni caso, creare un chiaro elemento distintivo che sia anche ampiamente condiviso. La strada è lunga e non priva di difficoltà, ma appare sempre più chiaro che qui c’è un potenziale davvero notevole, in parte già leggibile negli ottimi vini e in parte ancora da sviluppare.