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Vino e dintorni

Rabotti: “Franciacorta oggi simbolo di originalità e qualità percepita e dalle guide meritiamo più attenzione. E sulle Mga…”

03 Agosto 2025
Emanuele Rabotti, presidente del Consorzio Franciacorta fotografato nella sua cantina Monte Rossa a Cazzago San Martino in provincia di Brescia Emanuele Rabotti, presidente del Consorzio Franciacorta fotografato nella sua cantina Monte Rossa a Cazzago San Martino in provincia di Brescia

Intervista al presidente del Consorzio: più promozione nei mercati chiave, il ricambio generazionale è fondamentale e i vini dosaggio zero sono ormai uno stile di beva...altro che moda

Franciacorta vanta uno dei Consorzi di vino più performanti del panorama italiano. Grazie a un territorio dove i soci, ovvero i produttori, sono più imprenditori che altrove. E lo noti dalla governance, dai numeri dei bilanci, da un certo modo di gestire le attività, dalla capacità di attrarre stakeholder, da certi comportamenti che qui non sono solo forma ma anche sostanza. Emanuele Rabotti è da poco più di due mesi presidente di Franciacorta. Per lui, figlio del primo presidente del consorzio oltre trent’anni fa, è la conferma di quanto questo territorio rappresenti una certa solidità e tanta prospettiva. L’intervista parte da qui.

Qual è il sentimento con cui ha accettato l’incarico di presidente del Consorzio?
Un sentimento di grande responsabilità e, allo stesso tempo, di profondo orgoglio. Franciacorta è un territorio che ha saputo imporsi con determinazione e visione. Essere chiamato a guidare questo percorso nei prossimi anni è per me un onore e un impegno che accolgo con serietà e passione.

Come sta Franciacorta oggi?
Franciacorta oggi gode di ottima salute. Siamo cresciuti in riconoscibilità, in qualità percepita e in consapevolezza del nostro valore. Il lavoro fatto negli anni da tutto il sistema, dai produttori ai tecnici, ci ha permesso di consolidare una reputazione solida sia in Italia sia all’estero. Ora dobbiamo continuare a investire sulla qualità, sull’identità e sull’innovazione.

Quali obiettivi vi siete prefissati per i prossimi tre anni?
Tre sono i pilastri su cui lavoreremo: sostenibilità, riconoscibilità e filiera. Vogliamo rafforzare il nostro impegno ambientale, aumentare il valore percepito del marchio Franciacorta, e accompagnare la crescita delle aziende anche attraverso la formazione e il ricambio generazionale. In parallelo, punteremo su una promozione più strutturata nei mercati chiave, valorizzando ancora di più il legame tra vino e territorio.

Ventidue milioni di bottiglie prodotte, il territorio di metodo classico da primato per quantità in Italia. E la qualità percepita?
La qualità percepita è un valore che si conquista nel tempo e con coerenza. I numeri da soli non bastano, ma oggi possiamo dire che Franciacorta è sinonimo di eccellenza nel metodo classico italiano, è diventato un riferimento. Il nostro disciplinare è tra i più severi, il nostro lavoro in vigna e in cantina è sempre più preciso. Chi assaggia un Franciacorta riconosce uno stile, una identità, una profondità.

Chi sono i vostri competitor in Italia e all’estero?
Più che di competitor, parlerei di sistemi con cui ci confrontiamo. In Italia siamo l’unico territorio interamente vocato al metodo classico, ed è un posizionamento unico. All’estero, ci confrontiamo naturalmente con lo Champagne e con altre denominazioni emergenti in Europa e nel mondo. Ma ciò che ci distingue è l’originalità del nostro terroir e il forte legame con la nostra cultura enogastronomica.

La questione dazi preoccupa il mondo del vino italiano. E dalle vostre parti la preoccupazione è medesima? Oppure l’export non è così determinante?
L’export è determinante, anche per noi. Negli ultimi anni è cresciuto in modo significativo, e guardiamo ai mercati esteri con grande attenzione. I dazi possono rappresentare un freno alla competitività, perciò li monitoriamo con attenzione. Serve una politica commerciale europea coesa, capace di tutelare il valore delle nostre produzioni.

Il progetto di inserire le Mga in etichetta è già partito? Oppure ci sono riflessioni in corso?
Siamo in una fase di confronto e riflessione. L’idea di rendere più visibile il legame tra vino e singole microzone è interessante, ma va gestita con equilibrio e trasparenza. Il nostro territorio ha una grande complessità pedoclimatica, e verticalizzare l’identità dei vini può essere un valore aggiunto, a patto che sia accompagnata da chiarezza e da reale coerenza stilistica.

Quali le prossime modifiche al disciplinare che avete in programma?
Stiamo ragionando su alcune integrazioni che possano rendere il nostro disciplinare ancora più aderente alle esigenze del mercato e del clima che cambia.

Ritenete che le guide ai vini più diffuse abbiano in giusta considerazione i vini di Franciacorta?
Negli ultimi anni c’è stata una crescente attenzione, e di questo siamo grati. Credo però che ci sia ancora margine per raccontare meglio la complessità e la varietà di espressioni che il nostro territorio può offrire. Le guide sono strumenti preziosi, ma spesso prediligono un certo tipo di vino. Franciacorta merita una lettura più profonda.

Le ricerche sull’Erbamat a che punto sono? Sarà un vitigno sempre più diffuso? Ci sono ricerche in corso su altri vitigni autoctoni?
L’Erbamat è un progetto stimolante che stiamo seguendo. È un vitigno autoctono con grande potenziale in chiave di freschezza e acidità naturale, caratteristiche preziose nel contesto del cambiamento climatico. Ma serve ancora tempo. Stiamo valutando anche altre varietà autoctone minori, sempre con l’idea di arricchire il profilo identitario di Franciacorta.

La tendenza è quella di metodo classico sempre più taglienti, verticali, poco dosati. Il dosaggio zero prenderà il sopravvento?
I vini a basso dosaggio stanno certamente crescendo e riflettono il desiderio di autenticità e purezza. Ma Franciacorta ha la fortuna di offrire stili diversi, tutti coerenti con l’eleganza e la struttura che ci contraddistinguono. Più che una moda, vedo nei prodotti a basso dosaggio uno stile che evidenzia le caratteristiche come la bevibilità, la freschezza e la piacevolezza del Franciacorta.

E a proposito di giovani. C’è un turn over tra generazioni in vista nella governance di Franciacorta?
Assolutamente sì. Il ricambio generazionale è già in atto, non solo nelle aziende ma anche nel Consorzio. Stiamo lavorando per coinvolgere sempre di più le nuove generazioni, portatrici di idee, ottimismo, competenze e sensibilità nuove. Il futuro di Franciacorta dipende anche dalla loro capacità di raccogliere il testimone, mantenendo i valori fondanti ma con uno sguardo aperto sul mondo.