La cantina Valle Reale, situata a Popoli in provincia di Pescara nel cuore dell’Abruzzo, ha imboccato già dal 2007 la strada del biodinamico e della valorizzazione estrema delle peculiarità dei vitigni tipici del territorio, quindi Montepulciano d’Abruzzo e Trebbiano, con scelte radicali e interessanti, come ad esempio la rinuncia all’utilizzo del legno, grande e piccolo, sia per la vinificazione che per l’affinamento.
Questa, specialmente per il Montepulciano, è una scelta importante, perché prende le distanze dalla tradizione e mette in evidenza nel vino caratteristiche diverse rispetto a quelle a cui siamo normalmente abituati. Intendiamoci, non è l’unica cantina che sta lavorando in questa ottica; ce ne sono infatti anche altre come I Fauri, Ciavolich e San Lorenzo, tanto per fare qualche nome: qui però l’impostazione è netta, rigorosa, direi quasi strategica. La vendemmia si protrae anche fino a novembre, le macerazioni sono brevi, circa una settimana, e l’affinamento è in acciaio.
Rispetto a qualche anno fa, l’apporto del legno in cantina, in particolare della barrique, nella regione si è molto alleggerito e molti vini abruzzesi si presentano oggi meno pesanti e strutturati rispetto al passato, per quello che è possibile con il vitigno montepulciano, ma a Valle Reale troviamo proprio un’altra idea di montepulciano: eleganza, freschezza e tannini levigati. Il percorso è segnato e la ricerca su questa linea è in evoluzione: abbiamo infatti assaggiato in anteprima Wine Globe, un campione prova di un Montepulciano affinato in grandi recipienti di vetro, di interessante prospettiva.
L’utilizzo di lieviti indigeni inoltre contribuisce a rendere tutta la produzione estremamente aderente al terroir, dando un senso alle numerose etichette della azienda, legate ognuna alle diverse vigne di provenienza delle uve, espressione di altrettanti ambienti pedoclimatici.
Venendo ai vini degustati, presentati al Vinitaly 2025, e prima di soffermarci sui montepulciani, meritano una sottolineatura i diversi trebbiani imbottigliati a partire dall’etichetta base in annata 2024, ancora non in commercio, dai profumi intriganti di fiori bianchi e camomilla, per arrivare alla Vigna del Convento 2020: da uve provenienti dalla zona di Capestrano, proprio sotto il Gran Sasso, è un vino dal colore affascinante, dai riflessi quasi dorati, aromi complessi e un sorso sapido, di acidità ancora vibrante e di lunga persistenza retro nasale.
Dei numerosi Montepulciano d’Abruzzo assaggiati segnaliamo il Sant’Eusanio, presentatoci in due annate: comparando la versione 2021 con la 2018, andiamo ad evidenziare come i profumi floreali della prima hanno lasciato il posto, dopo gli anni trascorsi in bottiglia, ad aromi terziari netti e persistenti. In bocca però è sempre l’acidità a condurre e, pur essendo caratterizzata la 2018 da tannini più aggraziati e una maggiore armonia, entrambi i vini rimangono tesi, agili e di grande bevibilità.
Ci troviamo di fronte ad una interpretazione diversa del Montepulciano d’Abruzzo; non un frutto rosso maturo e sovrabbondante, ma vini dinamici e in linea con la tendenza attuale del mercato. Tratti distintivi questi che anche l’evoluzione in bottiglia non scalfisce, ma aggiunge complessità ed equilibrio.
Ricordiamo che in Abruzzo ci sono oltre 155.000 appezzamenti, per un totale di 33.964 ettari vitati, con 118 varietà: di queste, il vitigno Montepulciano rappresenta oltre il 52%. Il Consorzio Docg conta 37 cantine associate e 172 ettari vitati con una produzione di 600mila bottiglie.