Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Dove mangio

Napoli e Costiera: quattro ristoranti imperdibili per un’estate di gusto e identità

01 Agosto 2025
La Corte degli Dei - Palazzo Acampora La Corte degli Dei - Palazzo Acampora

Tra il respiro profondo del Mediterraneo e la vitalità stratificata di Napoli, si sta delineando una nuova geografia gastronomica in Campania. Non è più quella dei cliché oleografici, ma una mappa viva, fatta di visioni personali, percorsi di ricerca e identità che si esprimono attraverso la materia. Un territorio che cambia e con esso il modo di raccontarlo attraverso la cucina.

Ne abbiamo scelti quattro, due nel cuore di Napoli e due sulla Costiera, che testimoniano questa trasformazione da prospettive diverse. Due immersi nella trama urbana di Napoli, densa di storia e memoria ma lontana dalla cartolina balneare; gli altri due abbracciano il Mediterraneo, uno dalla quiete di Agerola, l’altro con lo sguardo sul Golfo di Vico Equense.

Insieme, danno forma a un’idea di gastronomia che non consola ma racconta.
Marco Ambrosino è il timoniere visionario di Sustànza; Marco Caputi guida con rigore e profondità Veritas; Vincenzo Guarino firma il suo ritorno in patria a La Corte degli Dei; mentre Emanuele Scotti guarda il mare dal Maxi a Capo La Gala.

In ognuno di questi luoghi la cucina trova il suo contrappunto ideale nella sala, spazi dove l’ospitalità non è semplice servizio ma gesto culturale affidato a professionisti capaci di tradurre la filosofia dello chef in calore, ascolto e ritmo.

Sustànza – Napoli | Chef Marco Ambrosino
Nel cuore della città, al primo piano della Galleria Principe di Napoli, elegante struttura ottocentesca a pochi passi dal Museo Archeologico Nazionale e dall’Accademia di Belle Arti, Sustànza è il ristorante gastronomico firmato da Marco Ambrosino. Il locale si affaccia dall’alto sul cocktail bar e caffè letterario ScottoJonno, condividendone lo spirito culturale e progettuale, un luogo dove la memoria si fa materia e la cucina diventa pensiero. Ambrosino, cuoco visionario dalle radici procidane, costruisce un linguaggio gastronomico personale che indaga, racconta e spiazza. La tradizione non viene mai semplicemente ripetuta ma attraversata, interrogata e rovesciata. Ingredienti simbolici, spezie ancestrali, fermentazioni e affumicature danno vita a piatti che sono tappe di un viaggio mentale nel Mediterraneo, lontano da cartoline e folclore, vicino invece a culture, popoli e migrazioni. Il menu è più un diario che una lista, un percorso libero che prende forma in base alle stagioni e alla narrazione. Tra i piatti emblematici “La Chiajozza”, crudo di canocchie, cavolo cappuccio, olio di pino marittimo e gelato al riccio di mare, è un’immersione salmastra in una costa immaginaria dove il mare si mescola alla resina e ai venti. Più carnale e arcaico il racconto della pecora, uno stracotto intenso servito con more, polenta affumicata, agresto e limone nero, affiancato da un dobladillo di spinaci e pomodoro alla brace, un batbout al grasso di pecora con paté di interiora, foglia di vite e marsala e uno spiedo di radicchio all’angostura con sucuk di pecora. Un piatto-rituale complesso e stratificato che parla di terra, identità e trasformazione.

L’esperienza in sala riflette questa visione, un’accoglienza narrativa fatta di dialogo e cura. Carmelo De Mare e la squadra accompagnano con discrezione l’ospite in un percorso sensibile dove ogni gesto, dal racconto alla mise en place, diventa dispositivo culturale.

A chiudere il percorso, i dessert del pastry chef Federico Andreini, costruiti con lo stesso approccio concettuale, fondono ricerca e sorpresa. Fermentazioni, fiori, piante spontanee e prodotti delle api danno vita a dolci che non rincorrono la dolcezza ma amplificano l’esperienza. Il cioccolato di grano ottenuto dalla fermentazione del Tumminia, secondo una tecnica analoga a quella del cacao, è l’emblema di una pasticceria ancestrale, contemporanea e profondamente viva.

Veritas – Napoli | Chef Marco Caputi
Sul Corso Vittorio Emanuele, nel punto in cui Napoli si distende tra il Vomero e il centro storico, il Veritas affina da anni una traiettoria autonoma, precisa e senza concessioni. Con Marco Caputi in cucina, quella traiettoria si fa oggi più essenziale e riconoscibile. Irpino di Lapio, Caputi lavora per sottrazione, il vegetale diventa protagonista e la tecnica si fa linguaggio sottile, mai decorativo.

La sua è una cucina che osserva, seleziona e compone con rigore. I piatti non cercano il colpo di scena ma una verità silenziosa e calibrata. Il lattughino arrosto con kiwi ed erbe spontanee, i ravioli di pesce affumicato con pollo e dragoncello o l’iconico gambero con arachidi e salsa Tom Yum parlano una lingua coerente fatta di memoria, misura e precisione.

Ideato nel 2007 da Stefano Giancotti, il Veritas è un laboratorio gastronomico prima ancora che un luogo di consumo. In sala una squadra attenta e discreta accompagna l’esperienza con professionalità e garbo. Gennaro Graziano sa far sentire ogni ospite accolto con naturalezza, mentre la sommelier Cristina De Falco si distingue per la capacità di spaziare con sicurezza tra territori e vitigni proponendo abbinamenti originali che valorizzano ogni piatto.

Veritas non rincorre ma costruisce, un passo dopo l’altro, piatto dopo piatto. Un’identità che non si dichiara ma si lascia scoprire da chi ha voglia di ascoltare davvero.

La Corte degli Dei – Palazzo Acampora, Agerola | Chef Vincenzo Guarino
Nei saloni affrescati di Palazzo Acampora, La Corte degli Dei rappresenta il ritorno di Vincenzo Guarino nella sua terra con una proposta raffinata e senza nostalgie.
La cucina dello chef stellato è un racconto che attraversa i Monti Lattari, Gragnano, la Costiera e l’entroterra con mano esperta. Ingredienti scelti, spesso fuori dalle rotte commerciali, come il Provolone del Monaco, la pera Pennata, il pescato locale e le erbe dell’orto compongono piatti intensi e ben calibrati. Il Cappuccino del Monaco con spuma di provolone e patate viola, la pasta ripiena di zucchine alla Nerano e i secondi tra terra e mare completati da verdure locali sapientemente trattate sono esempi di questa ricerca.
La sala è guidata con passo preciso da Luigi Capriglione e Antonio Iovine, mentre l’orto del palazzo rifornisce con costanza la cucina chiudendo il cerchio tra natura e tavola. Il progetto, voluto da Giovanni Paone, guarda già oltre verso un’ospitalità diffusa che fonde storia, arte e gusto in un unico racconto.

Maxi – Capo La Gala, Vico Equense | Chef Emmanuel Scotti
Sospeso tra mare e roccia, il Maxi è il cuore gastronomico dell’hotel Capo La Gala. Qui Emmanuel Scotti firma una cucina sensibile e intuitiva che dialoga con il paesaggio con piatti dal tratto netto e mai gridato.

Si parte dall’aguachile di ricciola al limone di Sorrento, si passa per il Katsu Sando di coniglio all’ischitana, fino ad arrivare al risotto alla pizzaiola nera con seppie e chorizo e al piccione. Un racconto fatto di memoria e visione dove ogni elemento trova il suo posto con precisione.

La brigata in cucina cura ogni dettaglio, dall’aperitivo al dessert. Il Capri Bar, curato da Michele Savarese, accompagna l’esperienza con cocktail come l’“Americano a Sorrento” o la rivisitazione del Negroni con distillati locali, piccoli viaggi aromatici da abbinare alle chips artigianali al peperone sciuscillone di Teggiano.

In sala Giulia Tavolaro e il giovane sommelier Mariano Fiorentino accompagnano con attenzione e consapevolezza, completando un’esperienza dove piacere e riflessione convivono in armonia.

Oggi in Campania mangiare non è più solo un piacere o un esercizio nostalgico. È un gesto che porta con sé una visione, propone un’idea di futuro e racconta la complessità di un territorio in trasformazione.

Ambrosino interroga la memoria, Caputi affina l’essenza, Guarino mette in scena una sinfonia colta e sensuale, Scotti costruisce paesaggi di sapore. Quattro cucine, quattro pensieri, una Campania che non custodisce soltanto ma ricerca, ascolta e inventa. Un’estate a tavola può ancora essere un viaggio, basta sapere dove andare.