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L'intervista

Eleonora Cozzella (La Repubblica): “La ristorazione di alta fascia non morirà mai”

21 Febbraio 2023
Eleonora Cozzella Eleonora Cozzella

di Giorgio Vaiana

La cucina gourmet non morirà mai.

Parole di Eleonora Cozzella, giornalista de Il Gusto di Repubblica. Il tema, di cronaca, è quello della chiusura del ristorante tre stelle Michelin ST. Hubertus dello chef Norbert Niederkofler, che si trova all’interno dell’albergo Rosa Alpina a San Cassiano in provincia di Bolzano (ne parlavamo in questo articolo>). “La vicenda del St. Hubertus è chiara – spiega la Cozzella – La proprietà dell’hotel che ospita il ristorante è cambiata, essendo entrato nell’assetto societario il gruppo Aman ed, evidentemente, ha ritenuto di non mantenere più questa formula di ristorazione, magari immaginandone una per target diversi”. La ristorazione italiana, ma quella mondiale in generale, stanno attraversando un periodo di cambiamenti: “In tanti stanno cercando di cambiare formula – dice la Cozzella – magari rivolgendosi a pubblici diversi. Ma l’alta cucina, il fine dining, la cucina gourmet, chiamatela come volete, è destinata ad avere sempre successo. Un po’ come le produzioni di lusso. Non è che siccome ci sono più utilitarie in giro la Ferrari è in crisi; o l’alta moda accusa qualche segno negativo perché poi tutti ci vestiamo nei negozi, diciamo “normali””. L’alta cucina, per la giornalista di Repubblica, “è ambasciatrice del territorio e delle materie prime di altissima qualità”. Per questo, quello che sorprende nella vicenda della momentanea chiusura del ST. Hubertus, “è che si rinunci a un ristorante che era volano di economia su tutto il territorio – dice la Cozzella – Niederkofler era stato bravissimo a creare una rete di produttori, facendo nascere un indotto e un flusso di gente che viene da tutto il mondo per cenare nel suo ristorante, gente che poi magari dorme lì, o nei paesi vicini, racconta in giro di quell’esperienza. Norbert era abituato a una clientela internazionale. Ma lui aveva fatto una scelta precisa e per certi versi radicale: nel suo menu aveva inserito solo prodotti di montagna. E’ sempre stato un precursore delle cose. Parlava di sostenibilità oltre 20 anni fa, quando se ne parlava poco. Il suo progetto, Cook the Mountain, continua, è chiaro, ma è un peccato pensare di rinunciare a un ristorante del genere”.

I ristoranti di alta fascia, dunque, sono “anticipatori delle tendenze della cucina italiana”. Così dice la Cozzella: “E di cultura aggiungo – dice – penso a Massimo Bottura e all’Emilia Romagna, oppure a Niko Romito che ha fatto diventare l’Abruzzo una meta internazionale, o ancora Massimiliano Alajmo. Loro diventano attrattori turistico-culturali, ma poi fanno anche scuola”. Come Niederkofler, d’altronde, che farà, come ci rivela la stessa Cozzella, una festa dal 3 al 5 marzo all’AlpiNN a Plan de Corones a Marebbe in provincia di Bolzano in cui ha invitato tutti i suoi “allievi” che sono passati dalla sua cucina (quasi una trentina) che adesso sono a capo di ristoranti con una o due stelle Michelin. “L’Italia ha una forza unica – dice la Cozzella – Se leggiamo la classifica dei 50 ristoranti migliori al mondo, troviamo locali che si trovano a New York, Londra, Parigi, Lima, Città del Messico, tutte grandi capitali. Poi troviamo i ristoranti italiani e leggiamo Castel di Sangro, Rubano, Modena, Alba, Senigallia, Gardone Riviera, è esattamente il contrario. Sono ristoranti che non hanno beneficiato del fatto di trovarsi nella metropoli, ma che hanno attirato economia, turismo e cultura nei loro territori. Credo sia un unicum tutto italiano. Basta leggere, poi, la guida Michelin. Tutti i Tre stelle italiani, a parte Bartolini a Milano, si trovano in cittadine della provincia. Nelle altre nazioni, invece, si trovano solo nelle grandi capitali. E questo la dice lunga”. Chiusura sulla vicenda del Noma dello chef René Redzepi (leggi questo articolo>). “Lui è un genio, non solo in cucina, ma anche della comunicazione – dice la Cozzella – Ha annunciato una chiusura per ristrutturazione, non solo del locale, ma anche del format del ristorante, con ben due anni di anticipo, garantendosi così la sala piena fino all’ultimo giorno. Il problema è che per mantenere degli elevati standard qualitativi, devi avere tanto personale. E non è facile in termini economici, perché aumenta il costo del lavoro, così come aumenta quello delle materie prime. La ristorazione di livello costa, è vero. Ma costa in primis ai ristoratori. In ogni caso, sono convinta che la ristorazione gourmet non morirà mai. Così come l’alta moda, o il cinema d’autore. Si diversificherà, certo, cambierà magari formula, sarà più o meno internazionale, ma detterà sempre le nuove tendenze in fatto di cibo”.