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L'intervista

L’estate di…Daniele Cernilli: W i bianchi. E il vino italiano sta meglio di quello che si crede

26 Agosto 2022

di Dario La Rosa

Se gli si chiede quanti vini ha assaggiato nella sua vita il conto potrebbe non tornare.

Ma solo in apparenza, perché Daniele Cernilli, tra i più bravi degustatori di vini in Europa, oggi conosciuto come DoctorWine e un cursus honorum di tutto rispetto – passando anche per essere stato uno dei curatori della Guida ai Vini del Gambero Rosso ed ex direttore dello stesso periodico gastronomico – ha fatto passare dal suo palato tanti vini quante sono le stelle in cielo. Tanti, proprio tanti.

Ci racconti della sua estate, la immaginiamo sempre attorniato da qualche bottiglia ancora da scoprire.
“Sono stato in redazione, a lavorare. Stiamo lavorando a ritmo incessante per far uscire la Guida essenziale ai vini d’Italia, quindi sono rimasto a Roma che è in un certo senso come fare una vacanza”.

Roma caput mundi. Ci racconti della sua città e del rapporto che questa metropoli ha con il vino.
“Roma è una delle capitali italiane del consumo di vino ma anche della produzione. Basti pensare ai Castelli Romani, alla zona del Piglio, che hanno grande tradizione. Il Veliternum e i vini di Albalonga esistevano già ai tempi dei romani. Poi se andiamo a leggere i poeti o i testi delle canzoni popolari romane vediamo che il vino è sempre molto protagonista. Roma e le osterie, il vino sfuso… e poi il rapporto con la gastronomia romana. Questo legame è fondamentale. Il romano che non beve vino è come un newyorkese che non mangia hamburger. Soprattutto bianchi, chiaro, perché questo territorio è banchista, forse per il clima. Il fatto che a Roma ci sia tanto turismo e il fatto che sia una città cosmopolita ha fatto sì che si possano bere vini di tutta Italia e soprattutto del centro sud. Molte cantine hanno avuto grande successo proprio grazie al mercato romano”.

Ci parlava della guida. Tra il serio e il faceto, come sta dopo tutti questi assaggi? E il vino italiano, invece, come lo trova?
“Io sto molto bene perché la maggior parte dei vini li sputo, altrimenti non potrei raccontarli. Per questa edizione della guida ho fatto oltre 4.000 assaggi, poi ci sono quelli dei collaboratori. Sono arrivato, tra Gambero Rosso e Doctor Wine, alla trentaquattresima guida e ho imparato a gestire questo aspetto. Il vino italiano invece sta meglio di quello che ci si aspetta. L’export in realtà è in crescita e le aziende stanno vendendo bene anche per il mercato interno. Il vino viaggia, non è come la ristorazione in cui devi andarti a sedere per gustare una pietanza. Il vino viene spedito e si muove facilmente. I più importanti mercati dell’export sono Germania, Gran Bretagna, Stati Uniti e Canada. Paesi che non sono stati colpiti da grandi crisi. L’unico problema che ci può essere nel prossimo futuro riguarda soprattutto i materiali che sono legati al vino. Il vetro, ad esempio, arrivava anche dall’Ucraina, la carta costa di più, per non parlare dell’aumento del costo energetico. I prezzi del vino, però, non si possono alzare oltre determinati limiti. Al momento il mercato tiene abbastanza bene”.

Cosa beve ultimamente?
“Da buon romano sono più bianchista, poi fa anche caldo quindi amo bere i bianchi. Non troppi vini in realtà. Ho la sindrome del ginecologo. Il vino è un punto di analisi. Motivo di studio e non principalmente di piacere. Ovviamente ne ho anche passione, il 2021 devo dire che è stata un’annata importante. Molto buoni i Fiano campani, come quelli da Carricante dell’Etna. Poi ho passione per Friuli e Alto Adige. Anche qualche Verdicchio e Trebbiano d’Abruzzo, mi hanno appassionato. Poi ci sono vini che stanno venendo o rivenendo fuori come il Timorasso di Tortona. Il Gavi anche, molto apprezzato in Inghilterra da uve Cortese. Fra le zone nuove sono rimasto sorpreso dal confine tra Toscana e Liguria. Poi non mancano i grandi classici, come il Bianco di Custoza. Sui rossi che dire, bevo bottiglie non troppo corpose e imponenti da gustare a temperature un po’ più basse. Vini come il Santa Maddalena, altoatesino, o i toscani meno noti come il Morellino di Scanzano o il Cerasuolo di Vittoria per dirne uno siciliano o il Bardolino Veneto. Questi si bevono con gradevolezza. Magari a 14 gradi e non a 18, da abbinare al pesce col pomodoro e non solo ai grandi arrosti”.

Che libri tiene sul sul comodino, invece, un uomo che come lei i libri li crea?
“Sono appassionato di storia, da laureato in filosofia ex insegnante. Sto leggendo “I normanni del Sud” di John Julius Norwich, storico e diplomatico inglese, pubblicato da Sellerio. Libro interessante perché racconta la nascita di quel regno”.

Sul suo sito parla spesso di turismo del vino, pensa che si possa un giorno far turismo mettendo le mani in pasta su raccolta o potature, ad esempio?
“Il turismo del vino è sempre più fiorente, grazie all’ospitalità e alla ristorazione offerta dalle cantine. Per quanto riguarda le lavorazioni occorre fare attenzione perché sarebbero da attenzione sia aspetti sindacali che legati alla sicurezza, quindi ci vedo più dei percorsi didattici in cui potere osservare come vengono fatte le cose. Ma è un mondo che si può vivere ugualmente appieno e anche non spendendo troppo, un po’ in tutta Italia”.

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