Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
L'intervista

Missione Slow Food in Cina, la leader del convivium di Shanghai spiega scenari e obiettivi

26 Febbraio 2013
Kim Kim


Kimberly Ashton

Da Shanghai Bianca Mazzinghi

Come può un'organizzazione come Slow Food adeguarsi e crescere in un paese come la Cina?

Ne parliamo con Kimberly Ashton, leader del convivium di Shanghai, uno dei cinque presenti nel Paese. Kimberly è un'australiana arrivata in città ormai nove anni fa. Dopo essersi diplomata all'istituto di Nutrizione integrativa di New York è riuscita ad aprire un negozio bio a Shanghai (rintracciabile su www.spoutlifestyle.com), dove tiene spesso seminari e workshop per insegnare alle persone come prendersi cura di sé stesse attraverso il buon cibo. 

Partiamo dalle basi, quali sono le principali attività di Slow Food in Cina?
“Siamo per ora divisi in cinque convivia: Shanghai, Pechino, Hong Kong, Macao e l'ultimo aperto nello Yunnan. Anche se siamo nati pressappoco due anni fa, il nostro percorso è ancora all'inizio. Stiamo iniziando adesso a farci conoscere e a far conoscere la filosofia Slow Food. Ogni mese facciamo una cena in un ristorante della città che condivide col movimento il rispetto per il cibo e l'interesse verso le buone pratiche alimentari; a primavera riprenderanno poi le visite alle aziende agricole bio appena fuori Shanghai. Un altro progetto è conoscere e valorizzare il tradizionale 'baijiu', il cosiddetto vino cinese”.

Quanti membri siete? Chi sono gli iscritti? 
“All'evento di lancio nel dicembre 2010 si sono iscritte 300 persone, quasi tutti occidentali. Adesso non ho dati precisi ma molti meno. Il punto è che è difficile tenere viva un'organizzazione che si basa su volontariato, soprattutto in una città come Shanghai dove molte persone vanno e vengono. Siamo in una fase di riorganizzazione e dobbiamo lavorare per far conoscere Slow Food. All'ultimo Salone del Gusto la Cina era rappresentata da un unico stand con il thè dello Yunnan ma questo paese ha decine e decine di prodotti da proteggere e valorizzare e al prossimo salone dobbiamo riuscire a portare in Italia una grande delegazione”. 

Lo slogan di Slow Food 'buono, pulito e giusto' riesce a sopravvivere in una realtà come la Cina? 
“La sicurezza alimentare è un tema molto sentito in Cina e penso che la filosofia 'buono, pulito e giusto' sia ritenuta da tutti molto importante. La gente l'ha capito e adesso vuole sapere sempre di più al riguardo e sull'origine degli alimenti”.

L'interesse verso il cibo sano sta dunque crescendo?
“Assolutamente, in particolare tra le persone più anziane o le coppie giovani con figli o che programmano di averne. Purtroppo i giovani lavoratori 'white collar' sono troppo presi da altre questioni e non danno priorità al cibo. La gente capisce che il cibo è la base di una buona salute, come insegnano la medicina tradizionale cinese e la terapia del cibo; tuttavia questi insegnamenti dell'antica tradizione vanno pian piano perdendosi e le nuove generazioni sono meno attente”.

Quali sono le peggiori abitudini in Cina riguardo l'alimentazione?
“Se parliamo degli ingredienti, il largo uso di glutammato monosodico, utilizzato in pressappoco tutti i ristoranti anche se spesso non è facile rendersene conto. Il successo dei cibi take away è un atro grande problema, così come i metodi di cottura. Il problema principale è la scarsa educazione alimentare; a poco a poco sempre più persone capiscono l'importanza di mangiare sano ma il cibo sano viene ancora troppo spesso percepito come una privazione dal cibo buono. Cibo sano uguale assenza di gusto. È necessario far capire alle persone l'importanza di essere consapevoli di ciò che mangiano; mostrare i benefici di un'alimentazione corretta, indicare dove e cosa è meglio comprare. E soprattutto, insegnare come cucinare il cibo. È un buon segnale il moltiplicarsi di molti negozi simili al mio o delle aziende agricole in periferia ma le bune pratiche devono diventare abitudine”. 

È facile trovare cibo bio a Shanghai? Tu da chi ti rifornisci?
“I miei canali non sono molti ma non è difficile trovare cibo di qualitá a Shanghai, se si vuole. Io settimanalmente ordino verdura delle aziende bio; a volte acquisto anche in supermercati come Ole o in mercati, soprattutto frutta. Del resto, la Cina è un enorme protagonista del mercato alimentare globale e ci sono diversi prodotti interessanti propri del territorio”.

Quali prodotti cinesi pensi che potrebbero diventare presidi slow food? 
“Se penso alla zona di Shanghai non mi viene in mente niente, alla fine la cucina locale è una cucina moderna, il risultato di decine di influenze. Nello Yunnan ci sono però qualità di tè molto particolari ed erbe interessanti che crescono nelle foreste, oltre a funghi buonissimi e anche ottimi per la salute”.