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L'intervista

Sting e la moglie Trudie “toscani adottati”: “Il Palagio la mia musa. E sui vini dico che…”

16 Giugno 2021

Ormai sono a tutti gli effetti italiani adottati. O meglio “toscani adottati”.

Sting e la moglie Trudie si sono trasferiti a Figline e Incisa Valdarno in provincia di Firenze nella Tenuta Il Palagio. E hanno iniziato a produrre vini di altissima qualità. Sting ha acquistato la Tenuta, che era un rudere, nel lontano 1997. E si è innamorato subito della Toscana e di questi luoghi magici. La tenuta si estende per 350 ettari e possiede, oltre a vigneti, anche uliveti, boschi e laghi. E’ stata la moglie a spingere il marito a recuperare non solo la villa, ma anche i vigneti e gli uliveti. E adesso la coppia produce circa 150 mila bottiglie di vino all’anno – uno spumante, un bianco, un rosato e tre rossi – da vitigni autoctoni e internazionali secondo i principi del biologico. Dal 2020 si avvalgono della collaborazione del “re” degli enologi italiani: Riccardo Cotarella. Oggi marito e moglie si confessano a Decanter in un lungo articolo in cui raccontano il loro amore per l’Italia e per i suoi vini, Barolo e Brunello in particolare. Proprio Sting che adorava la birra e non beveva vino. E è stato il suo manager a conservare, tour dopo tour, le bottiglie di vino che gli venivano regalate: “E ho scoperto di avere in cantina un tesoro – dice Sting a Decanter – Grandi Bordeaux, Châteauneuf-du-Pape… e ho detto tutto. Una grande collezione. Lì ho iniziato a interessarmi”.

E nella vita di Sting e della moglie Trudie, quali sono i vini che significano qualcosa di speciale? Si comincia con il Portogallo, il Mateus Rosé, un vino iconico prodotto prevalentemente con uva autoctona Baga. “E’ nella nostra lista perché era il nostro vino degli appuntamenti”, rivelano. Segue un vino italiano, il Cervaro della Sala della famiglia Antoniri. “Il nostro primo figlio è nato nel 1990, vicino a Pisa – raccontano a Decanter – Abbiamo scelto deliberatamente di essere in Italia per il parto, e durante quell’estate ci siamo innamorati profondamente del paese e siamo diventati amici della famiglia Antinori. Due anni dopo, a casa nel Wiltshire, abbiamo servito questo vino alla nostra festa di matrimonio. Ci piacciono i bianchi di Borgogna – i vini di Domaine Leflaive, in particolare – e questo Chardonnay italiano è un bel paragone. L’amicizia con la famiglia Antinori ci ha fatto conoscere non solo un grande vino, ma anche il nostro attuale enologo, Riccardo Cotarella. È il fratello del capo enologo e amministratore delegato degli Antinori, Renzo Cotarella”.

La ricerca della casa in Toscana è durata oltre dieci anni. “Abbiamo visto così tante costruzioni, piene di marmo che sembravano più mausolei che case – dice Stig – E poi finalmente siamo arrivati ​​a Il Palagio. Era fatiscente e aveva un disperato bisogno di interventi di ristrutturazione. Ma aveva tanto fascino”. Poi arriva il momento della trattativa: “Quando sono andato a negoziare il prezzo – prosegue Sting – Il proprietario – un duca – mi ha invitato a pranzo. Mi ha servito un vino rosso in caraffa che era squisito. Ho chiesto da dove provenisse e lui ha detto che era la produzione della tenuta. A quel punto ho deciso. Il Palagio doveva essere mia. E l’ho comprata. Due anni dopo, quando la casa era stata completamente restaurata, abbiamo organizzato una festa e abbiamo portato fuori dalla cantina le bottiglie del vino della tenuta. Ma il vino era così cattivo che ho notato ospiti che rovesciavano bicchieri pieni nelle aiuole”. Il Duca, infatti, non aveva servito a Stig il vino della Tenuta: “Si è scoperto che in effetti il ​​duca mi aveva versato Château Margaux, Margaux 1CC. Ora mi vendico però – dice Sting – Gli mando bottiglie dei nostri vini, e da quei giorni sono molto migliorati”. Si prosegue con un vino californiano. “I primi mesi nella nostra nuova casa sono stati meravigliosi, ma ho sentito che mancava qualcosa – dice Trudie – Non riucivo a capire. Ma poi sì. Mancava il canto degli uccelli. Non c’erano uccelli. O api, o qualsiasi ronzio di vita; era tutto stranamente silenzioso. La nostra terra era stata coltivata in modo intensivo e convenzionale. Era arido”.

Durante un viaggio in California i due hanno visitato un osteopata e nel suo studio hanno notato la fotografia di un bellissimo vigneto. “Era pieno di vita, con frutti appesi alle viti che sembravano appetitosi. Di chi è quella vigna, ho chiesto? E ha detto che era sua. Il giorno dopo siamo andati a trovarlo nella sua fattoria e ho assaggiato il suo vino. È stato stupendo. Quando mi ha detto che stava seguendo un regime biodinamico, non ci ho visto più. Il vino era così pieno di energia, così gratificante da bere”. A quel punto i due spiegano di voler iniziare a fare vino in Toscana e vengono messi in contatto con Alan York, un esperto internazionale sull’agricoltura biodinamica. “Ho invitato Alan a vedere la nostra tenuta e abbiamo assaggiato i vini che stava producendo presso l’azienda vinicola della famiglia Benziger a Sonoma e l’abbiamo ascoltato parlare del suo approccio olistico all’agricoltura – dice Sting – Ci ha incoraggiato a stabilire colonie di api per aumentare la biodiversità e per coltivare le nostre viti con pratiche ecologicamente corrette. Abbiamo iniziato a lavorare insieme e lentamente la vita è tornata: uccelli, api, farfalle. E non c’è più silenzio al mattino. È un posto così magico. Non c’è niente di simile. Voglio che i nostri vini esprimano questo luogo unico – il suolo, il clima, l’ambiente – e l’agricoltura biologica ci permette di farlo”. Immancabile lo champagne tra i vini del cuore della coppia, in particolare Henri Giraud, y Grand Cru Fût de Chene che si trova ad Aÿ, una piccola casa di Champagne a conduzione familiare. Questo vino viene fermentato in botti di rovere e maturato sui lieviti per almeno sei anni prima della commercializzazione.

“Dopo due decenni di vita qui in Toscana, sentiamo che i nostri palati si sono in qualche modo abituati al Sangiovese – afferma Sting – Quell’acidità vivace diventa attraente, crea persino dipendenza. Questo champagne è il nostro preferito e una delle ispirazioni per il nostro Sangiovese frizzante, prodotto con il metodo tradizionale, con un invecchiamento di cinque anni prima della commercializzazione”. Infine un rosato, Château Léoube, Rosé de Léoube della Provenza. La proprietà è della famiglia Bamford che hanno una tenuta biologica di vino e olio d’oliva, la più grande tenuta privata della Provenza costiera. Il Rosé de Léoube è una miscela di Grenache, Cinsault, Syrah e Mourvèdre, creata dall’enologo Romain Ott. “La nostra amica Lady Carole Bamford, fondatrice di Daylesford Organic Farmshops, ha acquistato Château Léoube nel 1997, lo stesso anno in cui abbiamo acquistato Il Palagio – afferma Trudie – Condividiamo molte delle stesse filosofie riguardo al nostro approccio alla terra, alla produzione di vino e olio d’oliva. Entrambi abbiamo deciso di lavorare in modo organico e di rispettare ciò che è unico nel nostro sito. Il suo rosé è un punto fermo in casa nostra: ce n’è sempre una o due bottiglie in frigo”.

E poi si parla de Il Palagio e dei suoi vini. Sister Moon è il vino di punta. Un blend di Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Merlot, maturato per 12 mesi in barrique francesi. E “baci sulla Bocca”, il primo vino frutto della collaborazione con Riccardo Cotarella, il loro primo vino bianco. E’ un 100 per cento Vermentino, fresco e fruttato. “Il nome è stato ispirato dalla pandemia – dice Sting – Dopo più di un anno di restrizioni Covid, di coprirsi il viso con mascherine, volevamo che questo vino fosse un invito al ritorno del romanticismo: dell’intimità e della connessione”.

C.d.G.

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