Da piccolo Salvatore Camedda, originario di Cabras, nell’Oristanese, voleva fare il poliziotto e non il cuoco. Eppure certi bei sogni si dissolvono all’alba di un nuovo amore, anche se non istantaneo a dire il vero, ma che diventa quello per la vita. Studia in Italia, si forma nelle cucine estere e rientra nel Belpaese dove lavora con Sergio Mei al Four Season (Milano) e con Giuliano Baldessardi all’Acqua Crua (Barbarano Vicentino). Poi il ritorno alle radici di terra e acqua della sua Sardegna come patron di Somu nel minuscolo San Vero Milis, a poca distanza da dove è nato. Traghetta la sua insegna sino alla Gallura, dove la Michelin assegna la stella. Nel 2025 inizia un nuovo progetto al comando del ristorante Ulìa al Cascioni Eco Retreat di Arzachena.
Si ritrova chef Camedda anche nei panni di ambasciatore delle materie prime del Sinis e della pregiata bottarga di muggine locale. “Un ingrediente da usare in moltissimi modi e che andrebbe sdoganato”, sostiene.
Ne ha parlato con il giornalista Carlo Passera, proprio a Cabras, durante il suo show cooking alla quarta edizione del “Festival della bottarga”. Ha preparato ciccioneddus – una pasta sarda di semola di grano duro – al pesto di erbe selvatiche con cannolicchi e bottarga grattuggiata. Un risultato strepitoso al palato.
I suoi piatti, che costruisce partendo dalla cucina sarda ma arrivando più lontano, hanno il grande merito di regalare profondità di gusto restando riconoscibili. Un approccio diretto, attento al contemporaneo e senza perdere per strada memoria e autenticità. “Oggi l’innovazione è tornare alle radici”, sostiene. Rispetto agli esordi, nelle sue preparazioni assume una nuova importanza la presenza del vegetale. Come le erbe dal verde brillante della preparazione in show cooking o l’acqua di melanzane che si vorrebbe continuare a sorbire in bicchiere dopo averla consumata nella pietanza di muggine preparata nel laboratorio del gusto. A proposito: i laboratori restano un grande momento di scoperta del prodotto principe della manifestazione. Quello tenuto da Camedda è giocosamente trascorso in compagnia di Francesco Bruno Fadda che, anche in questa edizione, ha ritmato il programma degli incontri insieme alla giornalista Lara De Luna.
Lo chef si siede. Alle spalle luccica lo stagno, una delle aree umide più importanti dell’Isola per biodiversità. Dai muggini, pescati secondo pesca tradizionale dalle dieci cooperative di pescatori del Consorzio Pontis, vengono estratte le sacche ovariche da lavorare in salatura a secco. Qui la bottarga si presenta ambrata come un gioiello dagli odori salmastri. Restituisce un gusto rotondo, una sapidità che si accompagna a una dolcezza in genere mai stucchevole, seguita da toni di acidità e astringenza e un finale ammandorlato. Il morso è succoso ma asciutto, non si attacca ai denti. Che altro? Una persistenza da contemplare.
“Il Sinis per me è casa, perché qui ho vissuto, giocato e fatto il bagno anche in mezzo alle acque palustri. E gli odori delle erbe a fine maggio sono unici”, racconta a Cronache di gusto. Sottolinea tutte le potenzialità del territorio, a parte la bottarga: tra l’altro riso, carciofo, vino Vernaccia e olio.
“Qui ogni famiglia ha sempre in casa una baffa di bottarga e dell’olio extravergine dai propri ulivi – spiega -. Infatti nei miei menù non mancano mai bottarga, riso e olio extravergine d’oliva”. Se gli si domanda delle cultivar usate per le sue creazioni cita due delle autoctone coltivate al Cascioni, che vanta una bella distesa di ulivi: “A me piace molto la Pizz’e carroga e la Bosana, quindi una più piccantina e l’altra meno. Per i nostri clienti prepariamo il gelato all’olio ed è veramente apprezzato”.
La sua idea di cucina è “sostenibile, pulita e comprensibile”. Comprensibile significa, tra l’altro, non pasticciata. “Puoi inserire anche dieci ingredienti ma deve esserci equilibrio”, chiarisce citando l’uso improprio dei fiori eduli, solo per bellezza, e prosegue: “Oggi stiamo andando verso un ritorno alle radici, alla sostenibilità e al gusto. Per progettare un piatto si parte da cosa vuoi trasmettere, da un presupposto del luogo in cui sei nato ma poi devi aprirti al mondo e a qualche contaminazione. È un viaggio che può partire da Cabras e arrivare a Bangkok senza mischiare troppi gusti e mettendo dentro le tue esperienze”.
Tornando alla regina del festival, la bottarga, andrebbe usata come qualsiasi altro prodotto “La bottarga avendo gusto molto particolare ha bisogno di più lavoro sopra – ammette -. Nella selezione dei produttori cerco di capire se comprendono il progetto e dopo ci concentriamo sulla materia prima”. Quanto all’essicazione preferisce la bottarga non troppo essicata: “Faccio sì che ci sia qualche giorno in meno, non mi piace che il gusto sia troppo invasivo. Poi dipende dal lavoro che dobbiamo fare nei piatti”.
L’impegno più attuale con la brigata è concentrato sulle cotture per rispettare i gusti delle cose. Poi c’è la sala, che è sempre più importante. “Per me è il 65 per cento del ristorante”, sostiene. La ristorazione attualmente vive qualche cortocircuito e si cercano soluzioni di sostenibilità sia umana che economica. “È un momento talmente difficile che tutti danno la colpa agli imprenditori e io, che sono stato imprenditore, sono sia dalla parte dei ragazzi che dall’altra”. Fa una precisazione sul tempo che passa ai fornelli: “Sono nato con l’attitudine al lavoro, faccio tante ore ma non pretendo che chi lavora con me le faccia. Però è vero che non c’è più quell’attitudine al lavoro”.
Quando si chiede dove si vede tra dieci anni medita un momento prima di trovare le parole giuste. “Non lo so. Sto cercando una progettualità e vorrei avere un ristorante tutto mio”. Magari ci sarà di nuovo un futuro per Somu. “Stiamo valutando di riportarlo a Cabras ma bisogna fare i conti con tante variabili. Sì, è un sogno quello di riaprire la mia insegna”.