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Eventi e iniziative

Panettone Maximo, lievitati di altissimo livello all’Eur di Roma

07 Dicembre 2023
Il podio di Panettone Maximo Il podio di Panettone Maximo

Grandi lievitati sul palcoscenico di Panettone Maximo, manifestazione romana giunta alla quinta edizione e che ha visto pasticceri e pastry chef contendersi il premio per il miglior panettone tradizionale e panettone al cioccolato. Grandi lievitati non solo di dimensioni, ma anche di qualità del prodotto, che i 42 partecipanti – in casuale assonanza con l’E42, il quartiere Eur che li ha accolti nel Salone delle Fontane – hanno portato da tutta Italia. A vincere in entrambe le categorie la pasticceria Vizio con laboratorio a San Cesareo e punto vendita in via del Mascherino 32 a Roma, ma un giro tra i banchi di assaggio fa scoprire competenza e creatività. Intanto, Vizio: Simone Cavallo, proprietario con Dalila Esposito, ascrive la vittoria “alla continua ricerca delle materie prime ma soprattutto ad affinazione delle tecniche di lievitazione e mantenimento del lievito madre, elementi fondamentali per ottenere morbidezza, fragranza e umidità: senza, anche i sapori vengono meno. Ma anche ore e ore di prove, sacrifici e tanta dedizione”. Uvetta e scorza d’arancia per il panettone tradizionale, mentre triplo cioccolato (fondente, al latte, bianco) con un impasto dal colore brunito perché a base gianduia: prodotti ormai molto richiesti dal mercato a Simone e Dalila, che preferiscono mantenere classici, riservando invece maggiore sperimentazione alla colomba pasquale, da sfruttare anche come tester di nuovi ingredienti per qualche produzione natalizia. “Sui prodotti tradizionali ci si può solo affinare nella tecnica: gli ingredienti sono quelli, nonostante i trend momentanei – adesso per esempio il caramello salato – e in base alla stagione vanno bilanciati con il lievito madre, che è materia viva, sempre diverso: decide lui e noi possiamo solo assecondarlo”.

Dagli ingredienti classici a quelli più innovativi: colpisce la lievitazione della pasticceria Maciste, a Cori (LT) per fermentazione dei mosti: “Il nostro lievito madre è un impasto di mosto e farina. Con l’autolisi, i microrganismi presenti nell’aria vanno a nutrirsene e la fermentazione avviene con lo zucchero del mosto”, che non può che essere delle uve autoctone Bellone, Cesanese e Nero Buono di Marco Carpineti, tra i cui filari “riposa” il lievito madre. Tipicità protagoniste anche nel panettone, come la mela Zitella della pasticceria Gerri di Agnone – paese delle campane in provincia di Isernia da oggi ufficialmente candidato a capitale della cultura 2026 – o l’albicocca Pellecchiella tipica del Vesuvio: “La prepariamo semi-candita, e rispetto alla canditura ha un Brix un po’ più basso, rilasciando una sofficità al panettone al punto da sembrare quasi una marmellata”, spiegano a La Delizia di Michele Somma (S. Maria la Carità, NA). Una regione, quella campana, che i fratelli Bonfissuto (Canicattì, AG) omaggiano insieme alla loro terra nel panettone delle Due Sicilie con prodotti quali la melannurca Igp campana, le mandorle di Sicilia, la farina di grano antico siciliano Maiorca e il mandarino tardivo di Ciaculli (vicino Palermo), a conferire un aroma che pur nella sua delicatezza trasporta tra agrumeti e terrazze sul mare. Da provare anche il panettone con impasto a base di olio evo – trend goloso ormai affermatosi – e con scorzette di limone candito. L’invito che viene da Giulio e Vincenzo Bonfissuto è assaggiarlo anche tostato con una fetta di prosciutto crudo, per sperimentare l’opera di pasticceria ad ogni ora del giorno.

E per tentare si può iniziare da Solo da Manduca ad Aprilia, con il Manduccino: impasto al caffè espresso, cioccolato al latte e bianco, scaglie di cioccolato al caffè e latte, per arrivare ai panettoni salati, una tendenza sempre più apprezzata. Da quello con friarielli e pezzentella, salsiccia suina composta da scarti e frattaglie, piatto povero ora invece ricercato, oppure con la colatura di alici di Cetara del Panificio Mater di Nicola Guariglia, a Salerno, arricchito da capperi e pomodorini della valle del Sele, a quelli di Zest, ad Ardea, che osa addirittura con nduja, olive verdi candite, pomodori secchi e pecorino: piacciono perché vengono serviti come antipasto a centrotavola.