Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Il caso

I fagioli biologici che vengono dalla Cina

30 Gennaio 2012
Fagioli_fronte Fagioli_fronte

Riceviamo e pubblichiamo. 

Domenica pomeriggio casualmente mi ritrovo  in mano, a casa di mia cognata, un sacchetto di fagioli neri biologici (vedi foto).

Sempre attento alle etichette cerco di conoscerne le qualità e soprattutto la provenienza e lì grande sorpresa. Origine del prodotto: China! Mi chiedo: una bella confezione, una descrizione dettagliata in italiano e in inglese e poi un bel made in China?!!  (visibile nella retro etichetta in basso a destra)          

In effetti qualche dubbio mi è subito venuto appena ho letto che la confezione poteva contenere residui di gusci e sesamo. Poi, dopo aver letto le modalità di utilizzo la sorpresa di apprendere il Paese da cui erano stati importati.

Cari amici lettori non ci siamo proprio, i consumatori devono essere tutelati ed informati. Questo è il classico esempio di come un consumatore distratto si ritrovi sul piatto un prodotto che non avrebbe certamente acquistato. Non faccio un discorso di certificazione sul biologico, non conosco la legislazione cinese e non entro nel merito dei controlli che l’ente certificatore Italiano esegue su questi prodotti, dico solo che un consumatore attento deve acquistare un prodotto con la consapevolezza della sua origine.

Posso anche essere contento di provare le caratteristiche di un prodotto di provenienza estera da confrontare con il prodotto locale, ma lo devo sapere ed esserne informato in modo chiaro.

La legge và sicuramente cambiata, le etichette devono essere chiare e chi confeziona i prodotti deve evidenziarne la provenienza, specie sul biologico.

Non torno sui problemi dell’inquinamento, del chilometro zero, delle nostre eccellenze alimentari, però dobbiamo porre attenzione su quello che ci propinano e dimentichiamo che siamo fatti di ciò che mangiamo. 

Due parole anche sull’etica del produttore. Spesso in questi paesi non vengono rispettati i diritti umani, non c’è alcuna tutela dei diritti del lavoratore e viene utilizzata manodopera minorile, da lì i costi bassissimi di produzione.

Mario Indovina

Coordinatore Slow Food Palermo